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Ciak, azione! Ogni ricordo ha una canzone

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La cucina era abbastanza stretta anche per i canoni di allora. Ci stavano giusto un tavolo, quattro sedie intorno e una serie di stretti mobiletti bianchi da parete che lasciavano poco spazio a chi sedeva, poi c’era un vecchio frigorifero Radiomarelli sulla destra e, schiacciata in un angolo accanto al balcone all’inglese, una sedia a donodolo in vimini che aveva visto giorni migliori. Io ricordo le mattine passate ad attaccare i trasferelli su quel tavolo color crema mentre nonna, ai fornelli nell’altro locale, rimestava il suo ragù e sua madre, perché io ho avuto una bisnonna, Nonna Vecchietta, lavorava all’uncinetto seduta su quella sedia di vimini.
Erano anni strani gli anni ‘80.
Mamma e papà non andavano d’accordo, io andavo a scuola dalle suore e molte cose che indossavo erano state indossate da alcuni cugini più grandi e sarebbero andate poi ai miei cugini più piccoli.
Avevo due amiche: la penna e la musica. Con la prima disegnavo o scrivevo storie assurde di fantasmi e di alieni che invadevano Napoli mentre la seconda la prendevo da, beh, erano gli anni ‘80…gli anni di Superclassifica Show e di Maurizio Seimandi.
Da allora, da quando andavo a scuola in grembiule blu e coccarda a quando ho imparato a rollare una canna come si deve, se la penna ha avuto periodi in cui è stata assente per un po’, la musica non mi ha lasciato un attimo.
Non ho ricordi che non hanno una canzone appicciata sopra.
Ricordo i pomeriggi in cucina di nonna ad ascoltare Take On Me degli A-Ha che passava in televisione con quel suo video fatto a cartoni animati/fumetto.
Ricordo quelle scene di quei primi video musicali così naïf, così primitivi.
Sembra ieri e se chiudo gli occhi posso rivivere momenti importanti e momenti di vita quotidiana, ognuno con la sua canzone di riferimento come fossero dei flash forward di un film confuso.

Ciak, azione!
Zio torna da lavoro, si siede a tavola e guarda mia nonna: “Oggi in tabaccheria mi hanno fatto una rapina, dice, hanno preso tutto. Sta fatica m’ha rutto ‘o cazzo”. In sottofondo i Duran Duran cantano The Wild Boys. Da lì a poco avrebbe venduto la licenza e cambiato lavoro. Adesso ha due negozi di cianfrusaglie e le cose gli vanno bene.

Ciak, azione!
Nonna sta togliendo le cose dalle buste della spesa ed ecco che mi allunga una confezione di costruzioni Lego Spazio. Ancora la ricordo e penso che quello sia stato il regalo più bello di sempre. Nemmeno Carolina, la mia prima chitarra, è stata dolce come il regalo che mi fece nonna. In sottofondo Baltimora canta Tazan Boy.

Ciak azione!
Mia zia fa sedere mio padre sul divano, siamo appena tornati dalle vacanze estive ed i miei si stanno riavvicinando. Lui aveva lasciato la madre in una casa per anziani per stare con noi ad agosto. Zia lo guarda negli occhi e gli dice: “Cicciariè mamm’t ‘o spitale nun’è stata bona”. Papà sorride e le risponde che andrà a prenderla appena ci avrà salutati perché “a vicchiarella mia fa semp’storie quando non ci sono”. Zia gli prende la mano e gli dice: “Cicciariè ma che hai capito? Mammeta è morta”. Lui resta così un tempo che a me è sembrato un secondo ma forse era un’eternità, poi si aggrappa alla prima persona che aveva vicino e piange come un bambino. Il mio papà che piange. Ero io quella persona. Avevo dodici anni e lui era aggrappato a me a chiedere aiuto. Ricapiterà un’altra sola volta che mi guardasse come a chiedere aiuto, poche ore prima di morire. In televisione passano People From Ibiza di Sandy Marton.

Ciak, azione.
È una tarda serata estiva e “K”, un amica di mia sorella, è venuta a stare una settimana da noi perché ha casini a casa. Siamo tutti e tre nel letto e sul comodino c’è una piccola lampada che emette una flebilissima luce giallognola. Dalla finestra entra solo il calore estivo della notte napoletana perché la stanza dà su un giardino interno lasciato negli anni ad insevaltichire.
Mia sorella dorme come un ghiro a bordo letto, Katia è al centro ed io all’altro bordo. Abbiamo parlato tanto, io e lei, di tante cose strane, dalle sigarette fumate di nascosto alla gelosia asfissiante del suo fidanzatino. All’improvviso manca la luce, un attimo di sorpresa poi sento che mi si avvicina, mi bacia sulle labbra e poi fa scivolare la lingua dentro a cercare la mia mentre struscia il ventre contro il mio. Un attimo di sorpresa poi la bacio anch’io, infilo le mani nel suo pigiama e le stringo le natiche. Le sento lisce come seta mentre la attraggo contro di me. Dalla radio a pile sul pavimento Eros Ramazzotti canta Musica È.

Ciak!, azione!
Paola dall’altro lato del corridoio corre verso di me. Salta, la prendo da sotto le braccia e provo a sollevarla. Cadiamo come un grattacielo che capisce chi comanda fra lui e la forza di gravità. Mentre mia sorella si dimena, io giro il viso e sbatto di faccia. L’incisivo superiore destro urta le piastrelle fredde con un crack che ancora ricordo. Svengo. L’ultima cosa che sento è Rick Astley che dice Nevergonnaghì…! Poi il buio.

Ogni attimo rimasto per una ragione o per un’altra nella mia testa o sul mio corpo ha una sua canzone. Tutti i tatuaggi sul mio corpo hanno una canzone di riferimento.
Ogni dettaglio, dal più insignificante, ha una musica ed una voce.
La polvere sui miei libri ha una sua canzone e la mia vicina di casa, Marianna che mi rubò il cuore, ha una sua canzone; l’ape che si poggia su fiore nel vaso accanto al jukebox di Marina di Camerota ha una sua canzone ed ha una canzone anche la mia prima macchina, che non teneva il minimo, quella scassatissima Y10 per cui piansi il giorno in cui la rottamai.
E la voce di mio padre che canta De Andrè; le pulizie sabato mattina, quando andai a vivere da solo, nella mansarda che fu il mio antro, mentre spazzo a terra nudo come un verme e cerco di combattere i sintomi del doposbornia mentre il sole si stampa sul tappeto che mi hanno regalato i Lemon Leaf, i ragazzi della Band in cui cantavo e dallo stereo esce la voce di Jeff Buckley che canta Lover Should You Come Over; e poi Gabriella che allunga le mani verso il microfono ed io la guardo di nascosto.
E la cucina di nonna.
Già, la cucina di nonna.
Ogni fottuto attimo una cazzo di canzone.
Se mai dovessi morire adesso, vorrei morire con una canzone nelle orecchie.
Hai visto mai che dovessi ricordarla quando rinasco.
Ah! E Ricordo le canzoni di Dirty Dancing!
Tutte.
Da These Arms On Mine fino a Time Of My Life e questo fa curriculum… e se non lo fa vaffanculo!

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