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Stillness, stop: you have a right to remember – Any Other

Any Other StillnessAdele Altro, in arte Any Other, non ha fretta e già questo la pone fuori dal flusso della rete, cosa che immediatamente ci piace, si prende il tempo che vuole, non per pigrizia, giacché di progetti ne porta a termine diversi e diversi tra loro, tra cui un album strumentale col suo nome di battesimo e un tour con Colapesce e Dimartino, dichiarando “se potessi non lavorare mai più non lo farei, suonerei soltanto per diletto“. Giunge così al terzo album ben nove anni dopo l’esordio, Silently. Quietly. Going Away (2015), mettendo a segno un centro di spontanea maturità, intesa come capacità di osare per illustrare la propria visione, a costo di mangiare pane e cipolle, come detto in una recente intervista. Stillness, Stop ha un’aria newyorkese che risale a Edie Brickell & New Bohemians, il riferimento più prossimo ad Adele, con quel piano che martella freschezza, i fiati che spezzano il ritmo con frasi solenni, il basso che compare a tratti trotterellando quasi come il Mingus di Fleurette Africaine, trasformando quell’afosa malinconia in briosa leggerezza. E anche se rimane percepibile un fondo di sommessa malinconia, Zoe’s Seeds potrebbe essere una Suzanne Vega che ritrova Luka, per innamorarsi con un piano delicato e una tenerezza orchestrale che riempie l’ossatura lo-fi del brano aggiornando il cantautorato di autrici come Carol King riuscendo in un pop sofisticato e tenue che ai riflettori abbaglianti preferisce le lampade di un lungomare di sera. E come quei rifessi sull’acqua scura ondeggiano i tasti morbidi di Awful Thread, col suo piacevole dolore, la voce vibrata sul punto d’implodere con lacrime di metallo fuso e violini taglienti che si spengono lentamente nella notte. Ma Adele non si arrende e If I Don’t Care gioca con una trama di chitarra che risale addirittura ad Anna (go to him) dei Beatles, trasposta nell’atmosfera rilassata di un piccolo pub, dove suonare piano trattenendo e dosando una carica rock che a un certo punto deve per forza esplodere, tenendo salda la rotta con voce misurata e tastiere venate di soul alla Billie Preston. Poi, Second Thought entra in punta di piedi sull’arpeggio elettronico, minimale come i Kraftwerk, crescendo con stratificazione vocale e riff ascendenti di chitarra satura, approdando a una ricchezza corale tra Bon Iver e Dirty Projectors. Con un piano elettrico di sapore jazz, Need of Affirmation intona i suoi versi come una Alanis Morrisette sospesa su un vortice di strumenti sommersi dalla nebbia e poi liberati da una limpida chitarra acustica e archi maestosi che squarciano il velo delle foschie come raggi di sole al crepuscolo, rossi come il solo di chitarra che irrompe sulla scena sanguinando dolcemente. E dopo la sbornia ecco il candido fingerpicking di Extra Episode che non dispiacerebbe a Devendra Banhart e Bill “Smog” Callahan col suo timbro basso da ballata retrò, da intonare davanti al camino di una baita che odora di legno. E allora si inizia a sognare al suono del ragtime Indistinct Chatter guardando le stelle fuori la finestra, col cinguettio di uccellini e i titoli di coda che scorrono via. Non vorremmo aspettare altri nove anni per una perla così, ma non abbiamo fretta.

Credits

Label: 42 Records – 2024

Line-up: Adele Altro (voce, chitarra, produzione) – Marco Giudici (produzione) – Colapesce (cori)

Tracklist:

  1. Stillness, Stop
  2. Zoe’s Seeds
  3. Awful Thread
  4. If I Don’t Care
  5. Second Thought
  6. Need of Affirmation
  7. Extra Episode
  8. Indistinct Chatter


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