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Infinite possibilità per essere finiti – Giovanni Truppi

Giovanni TruppiGiovanni Truppi è un’anomalia. Suona il piano con impostazione classica in contesti che vanno dal pop allo sperimentalismo, passando per punk e cantautorato. Scrive testi con linguaggio parlato e costruzioni complesse, giocando con sghembi paradossi e lessico inusuale, li canta o declama con voce in billico tra la sottigliezza di Franco Battiato e la sgraziata ruvidità anarchica di Gianfranco Marziano. Questo suo quinto lavoro in studio, che arriva quattro anni dopo il precedente LP Poesia e civiltà, con la produzione di Marco Buccelli (Xenia Rubinos, Crudo Pimiento) e Niccoló Contessa (I Cani, Coez, TuttiFenomeni), è un concept esistenzialista che analizza, tra Intro e Fine, il tema della felicità, enucleando i concetti con una serie di intermezzi strumentali, vere e proprie merende musicali, intitolate non a caso Donut, pianoforti classicamente arpeggiati tra i rumori sinistri di una città in pezzi, su progressioni di accordi pre-romantiche che ondeggiano come il clavicembalo ben temperato di Bach. “Ho visto i riccioli della mia ragazza che faceva ginnastica in un altro ambiente … e sono stato felice“. La piacevole scoperta che anche una mattina qualunque in una palestra di Centocelle può essere un momento di gioia, sottolineato da un piano brioso e fiati leggeri come raggi di sole, ma un pensiero inquietante assale comunque. La schiavitù. Esiste ancora oggi? C’è libertà nella nostra società? E Chi sono i liberi? Che ruolo hanno nella vita collettiva? Quali responsabilità morali? Truppi esplora questi interrogativi, senza sfociare nel pamphlet filosofico, mantenendo al contrario una costante carica di contorta ironia, feroce satira. Quella con cui racconta in dinamico scomposto elettro punk la vita a Centocelle, contestualizzando, un’ora prima della gentrificazione, la ricerca de La felicità, che scandisce i tentativi come un reggae al rallentatore in loop esistenziale che insegue un centro di gravità permanente. Non a caso il drone visionario di Moondrone mescola il Battiato che ascende Sulle corde di Aries ai Portishead di The Rip, trovando un nuovo significato per la dichiarazione d’amore, attraverso espressioni divertenti quanto inconsuete come “gli animali che ti assomigliano sono la mucca e il cane” e un sottofondo di lugubri tastiere. Burger King è un’improvvisa e inaspettata illuminazione che porta al pop scanzonato di Alcune considerazioni, che incede con la freschezza dei Blur, col prezioso supporto alle chitarre di Giorgio Maria Condemi. Amarsi come i cani racconta l’intimità sessuale su un piano tolto da Anche per te di Battisti, con voce raddoppiata da Xenia Rubinos, sparando un ritornello beat di percussioni tonanti, per poi trovare la quiete attraverso una onirica danza dei tasti bianchi e neri. Ed ecco aprirsi un dance floor ansiogeno per l’elenco claustrofobico di Le persone e le cose, che si accumulano in un vortice consumistico che incasella drammaticamente anche l’agire più anticoformista. La chitarra distorta che introduce Amico apre la porta su un mondo psichedelico e distopico che prende le mosse da Welcome to the machine dei Pink Floyd. E da quell’angoscia sgorga uno sciame rap ossessivo di disperata povertà, aggrappata al ritmo martellante, schiarita appena da un organo slabbrato. La quasi title track Infine possibilità espande l’impostazione di Amico lanciando lampi elettronici nel buio misterioso da cui arrivano i pensieri arrovellati dell’autore in cerca di una possibile svolta politico sociale per un paese che pare vinto da ignavia e personalismo. Per questo il Temporale che segue è invece una filastrocca spensierata di amore e felicità, tre accordi spennellati sulla chitarra classica e arrangiamento beatlesiano, con apertura elettroniche. L’uomo buono muore procede in crescendo da inquietanti paludi sintetiche per approdare a una schioccante dichiarazione di benessere, urlata al limite della stonatura per conservare tutta la sua genuina spontaneità, salvo ribaltare il concetto nel secondo refrain. Camminando per via Indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno (rivisitazione autorizzata personalmente dai fratelli Brian e Roger Eno del loro strumentale Blonde) percorre un sentiero di meditazione sospinto dal violoncello di Karna Ray, che prende in prestito a In the mood for love di Wong Kar-Wai, una lenta danza domenicale e una promessa esistenziale “smetto di fumare“. E l’epilogo torna sul concetto che ha aperto l’album proiettando le inquietudini esistenziale nel futuro e nello spazio siderale descritto da tastiere kraut rock poco rassicuranti, ribaltando drasticamente il titolo del disco e il suo speranzoso anelito di felicità, ripiegando sulla laconica parola Fine.

Credits

Label: Virgin Music LAS/Universal Music Italia – 2023

Line-up: Giovanni Truppi voce, piano, field recordings) – Marco Buccelli (batteria) – Niccolò Contessa (tastiere) – Giorgio Maria Condemi (chitarre su Infinite possibilità, Centocelle, Alcune considerazioni) – Karna Ray (violoncello in Camminando per via Indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno) – Xenia Rubinos (voce addizionale su Amarsi come i cani) – Giovanni Gurgo (voce addizionale su Intro)

Tracklist:

    1. Intro
    2. Centocelle
    3. La felicità
    4. Donut I
    5. Moondrone
    6. Burger King
    7. Alcune considerazioni
    8. Amarsi come i cani
    9. Le persone e le cose
    10. Donut VI
    11. Amico
    12. Donut XVII
    13. Infinite possibilità
    14. Temporale
    15. L’uomo buono muore
    16. Donut XV
    17. Camminando per via Indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno
    18. Fine

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