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Domande che dovrei evitare

achille_lauro

È da un po’ di tempo che mi chiedo cosa differenzia l’Arte dalla Comuncazine.
La domanda sembra stupida ma, in realtà, sono stati versati fiumi di inchiostro in merito e trattarne qui, su una rivista di musica, sembra un po’ supponente. Ma per parare dove voglio andare a parare ho bisogno di lanciarvi quest’amo ed ho bisogno che voi abbocchiate.
Cosa è Arte e cosa Comunicazione?
È vero come il sole che un’opera d’arte comunica qualcosa, un sentimento o uno stato d’animo, ed è altresì vero che un manifesto pubblicitario ha come fine ultimo la vendita di un prodotto eppure, un manifesto pubblicitario è spesso un’espressione artistica.
Il suo essere al servizio del mercato lo squalifica come forma di arte?
Forse sì, mi dirà chi pensa di essere duro e puro. Però, da che io sappia, le foto di Oliviero Toscani per la campagna pubblicitaria Benetton agli albori degli anni ‘90 sono considerate opere d’arte e, al contempo, capolavori della Comunicazione.
Allora cosa, dentro di noi, ci fa distinguere l’una dall’altra?
Abbiamo ancora una coscienza in grado di capire l’Arte?
Che poi “ Cosa è davvero Arte? “ è una domanda da testo di ontologia, da facoltà di filosofia.
Un’artigiana come la mia amica Sabrina, china sul suo banco, gli occhi socchiusi a mettere a fuoco un particolare, dipinge meravigliosi piatti in ceramica nella sua bottega sulla costiera amalfitana, e quei piatti saranno poi venduti ai turisti a zonzo nelle loro camicie a fiori.
Sabrina fa Arte o fa Merce? O entrambe le cose? Ma allora un artista è anche un mercante?
Oppure, che so, un uomo dallo sguardo spiritato, sporco di colori ad olio, con una benda a coprire l’orecchio reciso, che aggredisce la tela come un leone la preda, e che poi ne parlerà a Theo come se fosse, quel suo scrivere al fratello, la parte finale dell’atto del dipingere, una sorta di Xanax antelitteram, ebbene l’arte di quell’uomo è Arte oppure è stata valutata arte solo a posteriori ed era solo la sua personale terapia contro i suoi propri demoni interiori? Dicono che quell’uomo abbia dipinto più di 800 quadri e che ne abbia venduto solo tre.
È un artista? Un mercante fallito? Un matto autolesionista frocio e sociopatico?
In questi giorni a Milano è stato censurato il manifesto del nuovo disco di Achille Lauro, che lo raffigurava come una bambola Barbie crocefissa ad una croce di chewing-gum.
A prescindere da ciò che si pensa di Achille Lauro, e ammettendo che forse questo atto di censura gli ha anche fatto più pubblicità del manifesto stesso, tenendo presente la vostra risposta alla domanda su cosa differenzia l’arte dalla semplice comunicazione, la vera domanda che mi pongo è:

Perché è stato censurato? Che bisogno c’era?

Forse la raffigurazione di un uomo/bambola crocefisso come Cristo può offendere la sensibilità di qualcuno.
Bene, ci sta.
Allora perché, a suo tempo, non censurare anche le foto del cadavere di Ailan, il  piccolo bambino siriano il cui corpo fu gettato dal mare su una spiaggia turca? È stato solo pixellato, come se dei quadratini potessero proteggere la sensibilità di qualcuno. E di chi? Bastano dei pixel a salvare la nostra sensibilità?
No, a mio avviso, è stato pixellato perché ne stemperassero il senso di sconfitta.
Perché di quello si tratta, di sconfitta.
Della Vita, dei Sogni, della Speranza, fate voi, tanto uno vale l’altro e tutto vale il tempo di un like ormai, ma sappiate una cosa, era anche la nostra, la nostra sconfitta.
Quella che ci coglie quando ci rendiamo conto che abbiamo la possibilità di mangiare delle cazzo di fragole fuori stagione raccolte dagli Ailan sopravvissuti.
Perché allora non censurare, a suo tempo, anche la foto di Berlusconi che accarezza il viso della Mondaini ai funerali di Vianello e sorride in favore di camera per la foto?
Non offende la sensibilità del decoro che si deve a chi porta un lutto? Non è osceno tutto ciò? Non c’è oscenità in queste sconfitte?
L’oscenità, già.
La Censura che censura l’Arte è qualcosa di osceno, oh, lo è davvero, perché censurare l’arte è censurare uno stato d’animo, un’emozione, ma, forse, è più osceno ancora non saper dare una definizione reale di Oscenità.
Era osceno il manifesto di Lauro?
Di questi tempi in cui annegano e affondano bambini come macigni a due passi dalle spiagge dove i nostri bambini giocano a palla, in questi tempi in cui si chiede al citofono se sei uno spacciatore, in questi tempi in cui si tolgono 600€ ai bisognosi per darli poi in beneficenza e spacciarsi come benefattori, la beneficenza coi soldi degli altri, rubare ai poveri per dare ai poveri, ebbene, in tempi del genere, era il manifesto di un cantante dal volto tatuato, crocifisso su una croce di gomme da masticare, ad essere Osceno?
Tra l’altro, ho avuto modo di ascoltare le canzoni di Achille Lauro e le trovo anche simpatiche, dei begli oggettini smaccatamente pop, che fanno ciò che devono fare le canzonette.
Sinceramente io non capisco cosa spaventi di questi nuovi ragazzi della scena trap, se così si chiama quest’ultima gabbia.
Ho letto articoli di giornalisti ed ascoltato speacker dichiaratamente progressisti, che si scagliavano contro le canzoni di Sfera Ebbasta subito dopo la tragedia in discoteca come se fossero le sue canzoni, e non la presenza di un gruppo di delinquenti, la causa della tragedia stessa.
Quelle stesse persone che osannano le opere di Dè Andrè come le opere del più grande poeta della controcultura e del disagio sono i primi a non vedere, nei tatuaggi sul viso di questi due artisti, lo stesso disagio che c’era nella Canzone Del Maggio o ne Il Testamento Di Tito.
Ormai ci si è imborghesiti.
Qualcuno ha messo la cravatta, ha il leasing della macchina da pagare, il capufficio da imbonire, la strepitosa carriera da gestire, il sabato fa la spesa e scopa una volta a settimana, se va bene, va ai concerti dei Verdena per ricordarsi di avere ancora sangue che bolle e a quelli di Brunori per dimostrare di avere una coscienza di classe ma poi, quando qualcuno censura qualcosa, ci facciamo caso per il tempo di condividere la notizia su Instagram e poi via verso altre condivisioni.
Qui si è perso qualcosa, amici miei.
Cosa non lo so, ma qualcosa si è perso.
E se qualcosa si è perso, come possiamo noi dare una definizione di Osceno che non concerna anche ciò che siamo diventati?
Lasciamo perdere.
Teniamoci le nostre censure quando arrivano.
Forse conviene più a noi che ad Achille Lauro.

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