“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali“… è l’articolo 3 della Costituzione, una donna senza volto gli dà voce e quella voce si posa sui volti di altre donne. Scorrono le date, scorrono gli eventi, c’è la musica a scandire il loro susseguirsi e a far penetrare più a fondo non i numeri o le sillabe ma i significati, che, ancorati a quelle gocce d’inchiostro, come una pioggia lattea e corrosiva bruciano la pelle per lasciare una traccia nella memoria, anche in quella della carne. 1966: la legge italiana considera la contraccezione reato contro la stirpe. 1975: stessi diritti uguali doveri per i coniugi.
1977: è approvata la legge di parità sul lavoro. 1981: vengono abrogate le norme del Codice penale relative al delitto d’onore. 1996: la violenza sessuale viene riconosciuta come reato contro la persona e non contro la morale…
Bianco su nero. Le date, gli eventi, i rivolgimenti… nelle coordinate della Storia e delle storie sta la fine, aperta, di una visione che sa restituire poesia all’esistere o scorgerla tra le sue pieghe. Nero su bianco. Le parole che hanno trovato tra i fogli dei diari l’intimità silenziosa per fiorire, per prendere forma e divenire il segno di una vita o la finestra socchiusa sui tumulti di un’anima…in esse sta l’inizio. Tre diari. Anita, Teresa, Valentina. Tre donne. Tre storie. Tre fili di carta e linguaggio che ricamano un tessuto fatto di fotografie ed animazioni d’epoca, di riprese militanti e filmini di famiglia, di dibattiti televisivi e pubblicità, di inchieste e fotoromanzi, di rumori e musiche, di film sperimentali ed indipendenti, di visioni, a volte private come le parole confidate al candore di una pagina…private, così intime da appartenere all’intimità di ogni anima, di ogni sguardo. L’individuo e la società, l’universale e il particolare, la Storia e le storie…gli occhi di Alina Marazzi hanno liquefatto i confini e mostrato non dicotomie, ma dialoghi, la com-unione in cui stanno gli eventi e gli uomini con il loro appartenere a un divenire che non giustappone, che non scorre su una linea retta, che fluisce lungo cerchi e spirali e profondità. La rivoluzione sessuale. Il cambiamento della società. Anita, Teresa, Valentina. Appartengono allo stesso momento storico queste tre donne, ma non si sono mai incontrate, eppure le loro vite riverberano ombre e bagliori l’una nell’altra, ci sono degli echi che le fanno risuonare all’unisono, che le legano e compongono in una sorta di voce, di canto. Anita, Teresa, Valentina…una polifonia. I Ronin hanno tras-formato queste tre donne e le altre, che appaiono come frammenti o come nastri, le loro storie e le loro parole, in una musica, una musica che non appartiene al tempo raccontato e neppure all’oggi che rammenta e narra, ma ad un infinito. I ritratti fatti di suono, colore e luce si con-fondono fino a diventare una mano liquida che afferra il cuore. La fatica di una ragazza che si rapporta alla religione e al sesso si mescola con l’infelicità disarmante di una giovane donna, moglie e madre che vive il suo senso di inadeguatezza davanti ad un rapporto che talvolta è amore… cerca in sé una colpa e scrive “non ho abbastanza fantasia per trasformare il nostro letto in un prato“. Le immagini di donne che sfidano in piazza l’arroganza e la violenza dell’uomo si intrecciano alle pagine di una militante che, mentre li vive, riconosce i limiti di una politica che riduce a “massa indistinta” e quelli di un dissenso che sa esprimersi solo con “orribili urla“, osserva il suo mondo e vede che le riunioni delle ‘compagne’ a via del Governo Vecchio popolano e sono “un luogo mondano come la canasta di mia madre“. Le manifestazioni contro l’aborto stanno in fotogrammi che dialogano con la storia di un aborto chiusa tra poche pagine. Piedi nudi su lastre di ghiaccio. Una ferita aperta stilla un sangue che si fa incubo. “Mi chino per prenderlo e solo allora mi accorgo che, nella stessa culla, alla sinistra del mio, c’è un altro bimbo. Si somigliano tantissimo, questo, però, ha il visetto un po’ più piccino e la pelle un po’ grinzosa, e non ha la soavità del mio: ha l’aria come sofferente… Ma alla sua sinistra ce n’è un altro: un visetto ancora più piccolo e grinzoso, la pelle chiazzata e le labbra in una smorfia di dolore… Ma alla sua sinistra ce n’è un altro ancora: un viso che non è un viso, la pelle livida, gli occhi due fessure sofferenti e le labbra una grinza angosciante… Non posso guardarlo, mi terrorizza… Ma alla sua sinistra ce n’è un altro e non è più un viso e non è più nulla, solo un grumo di sangue rappreso, in cui, pure, distinguo due occhi che mi implorano… Che orrore! Devo prendere il mio bambino e fuggire. Scopro il lenzuolo candido e sotto…sotto c’è un corpicino dolce, un tenero corpicino indifeso che sorregge cinque teste: il bimbo è uno solo, ed è un mostro!” Un sogno, un dolore che la musica sfilaccia fino a farne un’onda che si espande tramite la carne, come le pulsazioni di un cuore, come l’eco di una frequenza diversa eppure nostra. Passi nudi, su lame di ghiaccio. La storia di un aborto. Gli slogan urlati, fuori. Dentro, una voce sottile… “vorrei convincermi che ho fatto la mia scelta e che ho scelto da donna libera e che questo è stato un passo sulla via della mia autodeterminazione. In verità io non sono sicura di aver scelto, io temo di non aver avuto scelta“. Da un lembo di carta silente si leva una coscienza che non ha bisogno di grida per farsi sentire… “Io, donna di quasi diciassette anni, ho diritto alla dignità, ho il dovere di farmi rispettare. È stato come se si aprisse uno squarcio nel cielo: per la prima volta ho visto la libertà possibile, non in un lontano futuro, ma nel mio presente. La libertà conquistata non con la menzogna, come mi hanno sempre costretta a fare, ma con il coraggio e la dignità“. Come due braccia che cercassero di divenire ventre per comprendere il ventre, la musica pervade e mai invade, avvolge, non accompagna, ma compone queste storie, vi si è immersa per sorgere ed esser fatta della loro stessa sostanza. Così la Storia e le storie di Anita, Teresa e Valentina le ascoltiamo anche attraverso La danza degli uomini o La fabbrica delle bambole, le com-prendiamo anche attraverso le sonorità e i rumori con cui Francesca Genevois e i Ronin hanno reso udibili vecchie pellicole mute. Musica e visione…piani semantici che si intrecciano, forme composte intente a dischiudere sfumature molteplici, forze di gravità che disegnano paesaggi emotivi, che ri-configurano dettagli e margini, vite e slanci. Alina Marazzi, dopo Un’ora sola ti vorrei (2002) e Per sempre (2005), ha scelto di dare ancora voce al femmineo e lo ha fatto illuminando con la memoria, la criticità e la creatività una soglia, un tempo di passaggio, un istante in cui il divenire si è fatto rivoluzione ed evoluzione. Attraverso il found footage, il suo sguardo si è immerso nella realtà, l’ha de-strutturata e ri-costruita, così indagata, interrogata, compresa…a partire dai fotogrammi e dalle scelte loro sottese ci tocca fino a penetrarci una visione che dice ai nostri occhi come il vedere sia una forma di pensiero e il sentire una modalità conoscitiva, una componente della coscienza. Allo stesso tempo e nello stesso modo ci toccano anche le voci, quelle delle gole e delle labbra e quelle delle dita e delle materie. I Ronin hanno curato la colonna sonora originale e donato alcuni brani tratti dal loro ultimo disco, Lemming (Ghost Record – 2007), insieme ai rumori e ai brani di repertorio, frutto della consulenza musicale offerta da Mauro Ermanno Giovanardi, le musiche costituiscono una sorta di respiro che sembra essere effuso dalle pellicole mangiate dal tempo, dai morsi e dai graffi che le costellano come stelle nere e bellissime…un respiro solo che pure custodisce molti respiri, di volti, gioie, ansie e tristezze diverse. Tra le visioni tratte dalle case o dalle cineteche, dall’indagine di Luigi Comencini o dalle tracce delle lotte femministe, tra quelle di Anna Lajolo e Guido Lombrardi, di Adriana Monti, di Mario Masini, dei fratelli Pagot, il montaggio, visivo e sonoro, compone e pone senso, si fa soggetto di memoria, di riflessione e disvela un filo sottile di immagini che parlano di una presenza costante, anche se quasi impercettibile, la frammentarietà può celarla, ma la musica la sussurra. Un filo di suono, Tema X, si lega a quello fatto di immagini… è lì che si percepisce l’essenza che condividiamo, l’universalità a cui apparteniamo e che determiniamo con le nostre individualità, è lì che in una donna troviamo le donne, il femmineo, noi stessi. La musica compenetra le immagini e trasforma in melodia la luce in cui riposa l’invisibile, quel non-visibile che il suono dischiude ai sensi. Uno sguardo, infine, affonda nel cuore di una rosa. In quel cuore ri-troviamo la pretesa che ci rende la nostra dignità… la pretesa del pane e delle rose. Desiderando la poesia, riconoscendola come vitale, essenziale, sfidiamo e vinciamo la miseria, la nostra stessa miseria, ci liberiamo e salviamo. Non nelle grida e neppure nella violenza cieca, non nelle ideologie piegate dalle ed alle meschinità, ma nel desiderio delle rose, nel considerarle importanti come il pane, c’è la più grande forza eversiva. “Siamo sconfitti, uomini e donne, dopo il ‘77“. Siamo sconfitti, ma tra i petali di una rosa possiamo ancora trovare il nostro riscatto. Vogliamo anche le rose… ed è preservando questo volere che ci preserviamo uomini. Dobbiamo volere anche le rose.
Credits
Documentario
Italia – 2007
Scritto e diretto da: Alina Marazzi
Montaggio: Ilaria Fraioli
Producer: Gaia Giani
Sound designing: Benni Atria
Animazione e titoli: Cristina Seresini
Musiche originali: Ronin
Supervisione ai testi: Silvia Balestra
Ricercatori: Riccardo Lacché e Annamaria Licciardello
Voci: Anita Caprioli, Teresa Saponangelo e Valentina Carneluttti
Direttore della fotografia e Post-produzione: Mario Masini
Montaggio del suono: Francesca Genevois
Consulente musicale per brani di repertorio: Mauro Ermanno Giovanardi
Rumorista: Pier Giorgio de Luca
Colonna sonora – Label: Warner Chappel Music – 2008
Line-up: Bruno Dorella (chitarra) – Chet Martino (basso) – Enzo Rotondaro (batteria, percussioni, chitarra); E con: Nicola Ratti (chitarra – Luca Galoppini (sega musicale) – Cristina Abati (viola tzigana) – Paolo Pascolo (flauto traverso) – Giordano Geroni (pianoforte) – Marco Anicio (chitarra) – Ivan Rossi (registrazioni ambientali)
Tracklist:
- La casalinga pasticciona
- Tema X
- La danza degli uomini
- Grandi pensatori
- Governo Vecchio
- Cingegiornale
- Tema di Anita
- Sogni di Teresa
- La fabbrica delle bambole
- Tema di Teresa
- Tema di Valentina
- I Pescatori Non Sono Tornati
- Lemming
- Mantra Infernale
- You Need It, Then It Comes (di Colleen Kinsella, eseguita dai Ronin)
- Here’s to you (di Ennio Moricone e Joan Beatz,dal film Sacco & Vanzetti di Giuliano Montaldo)
- Signorina da marito (di RIPP, cantata da Milly)
- Aiutami a baciarti (di Andrea Pesce, eseguita dal Collettivo Angelo Mai)
- Orrore (delle Kandeggina Gang)
Links:Sito Ufficiale Film,MySpace Ronin
Vogliamo anche le rose – Trailer