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Voglio solo arrivare a chi “vuole la mia musica”: Intervista a Zibba

Senza smettere di far rumore è uno delle più belle e apprezzate uscite della musica indipendente italiana del 2007. Un album dai mille colori: dal folk al jazz, passando per melodie pop, basate sulle intense liriche di Zibba, un cantautore genovese che muove i suoi primi passi seguendo le orme di mostri sacri come De Gregori e Paolo Conte. LostHighways ha voluto approfondire questo artista attraverso l’intervista che segue.

Dal folk di tinte gitane passando per ballate qua reggaeggianti e là jazz, fino a giungere ad un pop-rock di sostanza. Cos’è la musica per Zibba?
Un intenso rapporto con me stesso. La musica è il motivo principale per cui gioisco e mi incazzo durante le mie giornate. La musica fa parte di me come fa parte di tutto quello che tutti facciamo.

Bisogna lasciarle spazio per farla respirare e per farci regalare tutto ciò che vuole regalarci. La musica è quella cosa che mi ha salvato e tenuto distante da cose che potevano catturarmi. La musica mi dà la possibilità di fotografare un momento e ricordarlo come voglio per sempre. è la vita.

Senza smettere di far rumore colpisce soprattutto per gli arrangiamenti curati, dove spiccano gli intarsi di violini e basso che esaltano le belle melodie alla base di tutte le ballate. Descrivici la scelta di dare questi colori ai brani.
In realtà una scelta vera e propria non c’è stata. Abbiamo arrangiato quasi tutti i brani strada facendo, suonandoli da vivo per diverso tempo e giocandoci sopra. La cultura musicale mista della band ci ha permesso di muoverci su onde diverse, intrecciando le sonorità più varie. La band ha una forte capacità ricettiva, ed è fatta di musicisti attenti e umili quanto curiosi e disfattisti. Loro mi danno la vera forza per suonare come voglio le mie canzoni e con loro arrangiare è un gioco infinito che ci porta sempre un sorriso in più. Lavorare insieme è fondamentale quando si prepara un disco o un live. Confrontarsi. Mettere in discussione anche le idee che sembrano a prima vista geniali. Senza porsi limiti o ristrettezze cerchiamo di essere noi stessi con le nostre sfumature e i brani in qualche modo crescono da soli.

Un disco registrato in Teatro, perché questa scelta particolare?
Il motivo principale è stato la voglia di stare insieme in un luogo che non fosse uno studio, magari freddo e poco stimolante. La scelta poi di un teatro (invece per esempio di… un grande magazzino) arriva dal calore che questo posto sprigiona. I colori, le tende, le luci, i damaschi, le centinaia di sedie rosse. C’era un’atmosfera grandiosa che ci ha permesso anche di sperimentare suoni e incastri. Era febbraio e c’era la neve, ma il calore del luogo e il nostro entusiasmo ci ha riscaldati per tutti quei giorni passati insieme. Solo noi e il nostro fonico di fiducia. Intimo. Grandioso.

Tra tutte le liriche di Senza smettere di far rumore si può dire che quella di Neve d’Estate fotografa al meglio l’uomo-cantautore Zibba?
Sento più vicini altri brani in realtà. Ma sicuramente Neve d’estate è il mio lato più blando, è una canzone che ha qualche anno. Una volta era un rock’n’roll. Poi una sera a casa mia con un bicchiere di rhum, un violino e una chitarra l’abbiamo riarrangiata e ne è venuta fuori una bella canzone. E’ uno dei brani che piace di più effettivamente a molte persone.

Senza smettere di far rumore è un disco suonato da artisti prima di tutto eccellenti strumentisti ma con una grande anima che si percepisce al primo ascolto. Secondo te, a mesi di distanza dall’uscita del disco, questo è stato compreso dal pubblico?
Secondo me, sì. Il nostro pubblico è molto attento. Questo perchè il tipo di pubblico a cui ci riferiamo esula dalla massa disattenta. Le persone che si innamorano delle nostre canzoni sono molto simili a noi. Sono attente e hanno voglia si sognare. E spesso percepiscono ogni piccola sfumatura del nostro lavoro. Cosa che ci riempie di gioia e ci dà la voglia di non “smettere di far rumore”.

La musica “suonata” trova vita facile nel mercato discografico odierno o tutto è basato sull’immagine, sull’attitudine di un artista?
La verità? Non mi interessa. Voglio solo arrivare a chi “vuole la mia musica”. Poi della discografia non mi interessa se non è fatta di gente che la pensa come me, e come tutte le persone che vivono la musica in modo viscerale.. Penso che morirà presto questo sistema di cose. Questo modo così disattento di fare musica, di lavorare con la musica. Di lavorare nella musica. Chi ha voglia del bello se lo va a cercare. Teatri, locali, cinema… ci sono cose interessanti che funzionano. Non ci sono solo le cazzate. C’è molto di più e anche se non sembra c’è un pubblico molto intelligente che cerca le cose che gli piacciono senza prendere per buone quelle che il mondo ignorante cerca di farti passare per tali.

Internet può aiutare artisti emergenti come te? O solo le radio e la TV sono la vera promozione per un artista?
Internet è una cosa grandiosa. Non bisogna farne abuso. Se calcolassimo che la maggior parte della gente nel mondo lo usa per masturbarsi, ci sarebbe da preoccuparsi. Ma per la musica è un grande veicolo. La televisione non so a cosa serva. Non lo so proprio. La radio è un altro veicolo importante, sopratutto quando si parla di radio indipendenti che fanno musica buona e che danno spazio all’arte per piccola e indipendente che sia. Vedi, io farei Sanremo se fossi in gara con gente come Paolo Conte o De Gregori. Ma finchè le gare sono tra rincoglioniti, non serve andarci. Non è il tuo ambiente. E questo vale per tutto. Anche per le grandi radio che passano le cose più stupide prodotte. Far parte di un ambiente vuol dire rispettarlo come forma di comunicazione. Se non riesci a sentirlo tuo, per ovvi motivi, l’idea di farne parte non ti eccita. La musica è una grande forma di comunicazione. La più grande. Ha in sè i valori più grandi dell’uomo. Quando tutto questo non esiste, non è musica. Poi tutto è relativo… anche io e te che ne parliamo, potevamo berci una birra e parlare di figa, invece parliamo di un mondo che ormai non esiste più perchè nascosto da un cumulo di non-cultura, ma che vorremmo fosse diverso e più vicino a noi. Le cose cambieranno. Grazie anche a gente come te, caro amico, che ti prendi la briga di intervistare uno come me. Grazie. Davvero.

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