Si chiama Dreams on Toast, ma è molto più di un sogno servito su un piatto. È il ritorno dei Darkness, e lo fanno con l’ironia di sempre, ma anche con una rinnovata voglia di lasciare il segno. A quattro anni da Motorheart, la band di Justin Hawkins riprende il filo del discorso interrotto, quello fatto di glam, riff incendiari, falsetti al limite dell’umano e una teatralità che sfiora il grottesco, ma senza mai diventare caricatura.
Il bello è che Dreams on Toast non finge di essere qualcosa che non è. Non vuole reinventare il rock, non ha bisogno di farlo. Ma riesce a suonare fresco, vivo, quasi impaziente di mostrarsi. È un disco che si diverte e diverte, dove ogni brano sembra una vignetta ipercolorata, un’esplosione di energia che però, ogni tanto, si concede il lusso della malinconia. Si parte subito forte, con Rock and Roll Party Cowboy, un manifesto d’intenti dove le chitarre si incendiano e l’esuberanza diventa regola. È il classico inno da Darkness vecchia scuola, che però non suona mai nostalgico. Poco dopo arriva I Hate Myself, che è una gemma punk-pop mascherata da filastrocca: la melodia ti resta in testa, ma sotto c’è un’ironia cupa e un’autocritica che spiazza. E funziona proprio per questo contrasto. C’è spazio per tutto: per la celebrazione sfrenata del rock’n’roll, per il sarcasmo punk, per incursioni nel country e nel goth. In Hot on My Tail, ad esempio, si rallenta, e la band si prende il rischio di spogliarsi dell’irriverenza per qualche minuto, regalando una ballad intima e polverosa che sorprende per misura e sincerità. È un momento di tregua, e ce n’era bisogno. Ma poi arriva Mortal Dread, a riportare il caos creativo: cambi di stile, atmosfere cupe, un’energia instabile che tiene col fiato sospeso. Forse il pezzo più audace del disco, sicuramente quello che più racconta quanto i Darkness amino ancora mettersi in discussione. The Battle for Gadget Land è puro divertissement ad alto voltaggio, figlio diretto di Permission to Land, ma senza il peso della nostalgia. È un concentrato di adrenalina che dimostra come, quando vogliono, i Darkness possano ancora far tremare le casse. E anche quando si divertono a giocare con il glam da arena, come in Walking Through Fire, non lo fanno mai in maniera banale: tra i falsetti acrobatici e le citazioni anni ’80 c’è un’ironia tenera, quasi affettuosa, che rende tutto più leggero. E poi c’è il finale: Weekend in Rome, una ballata orchestrale che sorprende per delicatezza e ambizione. Tra mandolini, flauti e violini, i Darkness si concedono un’ultima virata emotiva, quasi cinematografica. È un pezzo che fa sorridere e commuovere, come una cartolina spedita da un sogno. Non tutto è perfetto, e non vuole esserlo. Ma è proprio questa imperfezione scanzonata a rendere il disco umano, genuino, persino affettuoso. La produzione, curata da Dan Hawkins, tiene tutto insieme con precisione chirurgica ma senza sterilizzare la follia creativa del gruppo. Ogni suono è lì dove dovrebbe essere, ma ha ancora abbastanza spazio per uscire dai binari al momento giusto. Dreams on Toast è una festa che sa anche essere malinconica. Un disco che fa il verso agli eccessi ma li celebra con affetto. I Darkness, nel 2025, sono ancora quelli che conosciamo, ma forse un po’ più liberi, un po’ più maturi. E soprattutto, ancora tremendamente divertenti.
Credits
Label: Cooking Vinyl – 2025
Line-up: Justin Hawkins (voce, chitarra, pianoforte), Dan Hawkins (chitarra), Frankie Poullain (basso), Rufus Tiger Taylor (batteria)
Tracklist:
- Rock And Roll Party Cowboy
- I Hate Myself
- Hot On My Tail
- Mortal Dread
- Don’t Need Sunshine
- The Longest Kiss
- The Battle For Gadget Land
- Cold Hearted Woman
- Walking Through Fire
- Weekend In Rome
Link: Sito Ufficiale
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