Meanwhile – Klone

Vladimiro Vacca Album, Recensioni Lascia un commento

In cieli tempestosi c’è l’oscurità da cui rinascerà la luce della speranza. In questi tempi maledetti è difficile essere portavoce dell’esistenzialismo dell’intera umanità, ma all’art-rock band francese dei Klone riesce l’impresa. In questo ottavo lavoro in studio emerge una sinergia unica tra paesaggi sonori e versi, così da immergere l’ascoltatore in un’atmosfera sospesa, epica… veramente senza tempo. Sembra di planare tra le nuvole grigie dell’artwork create dalle manipolazioni artistiche di Umut Recber. La cifra stilistica dei Klone è un sound essenzialmente prog-metal che non raggiunge mai vette molto heavy ma anzi cerca costantemente il risvolto arioso e melodico in quella coltre di impetuosi bassi e stratificazioni armoniche. Siamo in quella terra di mezzo tra A perfect Circle, certi Dream Theater più immediati e fruibili e i nostrani Zu. La cifra stilistica dei Klone è l’uso sapiente dei fiati che ispessiscono il loro muro di chitarre in maniera unica ed originale come avviene in Elusive, Blink of an Eye. L’altra freccia vincente al loro arco è la voce epica di Yann Ligner che trova uncini melodici nella nube mid-tempo che domina tutto il disco. In brani come The Unknown, Night and Day e Whitin Reach c’è un sorprendente equilibrio tra atmosfere doomy e prog-metal mai perdendo di vista l’aspetto melodico, appunto ed è qui la godibilità. Nonostante una lunga discografia e una carriera di ventiquattro anni, il combo francese mette in luce ancora una grande vena creativa ed esplorativa di nuovi territori artistici nell’ambito progressive. Per chi ama planare senza aliante.