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Verdena – Verdena

Verdena - VerdenaVerdena, la magia di un debutto che ha cambiato il gioco. Alcuni album non si limitano a segnare un’epoca, ma riescono a radicarsi dentro di noi, diventando colonne sonore personali di momenti che ci hanno trasformati. Verdena per me è stato questo: un disco che non ho solo ascoltato, ma che ho assorbito, interiorizzato, lasciato decantare fino a diventare parte del mio DNA musicale. Era il 1999, avevo giusto l’età per farmi travolgere da quel misto di rabbia, inquietudine e libertà che esplodeva in ogni traccia, un’eredità del grunge che sembrava dissolversi nel nulla, mentre in Italia prendeva forma in tre ragazzi delle valli bergamasche. Ero pronto a lasciarmi trasportare. E ci sono ricascato ogni volta che ho rimesso su questo disco. Venticinque anni dopo, la sua energia è ancora lì, intatta, pronta a scuotermi. Cosa avevano di speciale i Verdena? Qualcuno li etichettò subito come i “Nirvana italiani”, qualcun altro li accusò di essere l’ennesima trovata del mercato discografico. Loro, come risposta, suonavano. E suonavano forte. L’album d’esordio era un pugno nello stomaco e una carezza nello stesso istante, con un suono sporco ma incredibilmente denso, grazie anche alla produzione di Giorgio Canali, che riuscì a incanalare l’urgenza della band senza intaccarne l’anima grezza. Ovunque apre le danze con il suo incedere notturno e paranoico, una spirale discendente di chitarre, basso e batteria che si rincorrono senza tregua. E poi arriva Valvonauta, la prima vera pietra miliare della loro discografia, un’esplosione di elettricità e malinconia che ti inchioda subito nel suo vortice. La voce di Alberto Ferrari è lacerante e scomposta, quasi un’arma a doppio taglio che taglia tra testi evocativi e immagini al limite del nonsense, perfettamente coerenti con l’urgenza adolescenziale che il disco racconta. L’infinita gioia di Henry Bahus e Vera sono viaggi emotivi tra la dolcezza e la disperazione, mentre Dentro Sharon esplode con tutta la sua carica iconica, diventando in poco tempo il loro pezzo manifesto. Viba viaggia a mille all’ora, un uragano di energia che ancora oggi fa tremare le casse. Bambina in nero e Eyeliner chiudono il sipario con un’atmosfera sospesa tra il sognante e il disturbante, lasciandoti con un senso di vuoto, come dopo un giro sulle montagne russe. È un album che pulsa di vita, di quell’energia giovanile che non si lascia addomesticare.
Uscito il 24 settembre 1999, Verdena ha da poco compiuto 25 anni, ma è un disco che non ha mai perso la sua carica. Ancora oggi suona feroce e viscerale, incapace di invecchiare anche dopo tutti questi anni. E forse il segreto è proprio questo: è un album che parla a chiunque sia stato giovane e incasinato almeno una volta nella vita. Cioè, in fondo, a tutti noi. I Verdena, nel frattempo, hanno continuato il loro percorso artistico, pubblicando altri lavori di grande spessore e mantenendo una credibilità rara nel panorama musicale italiano. Un esordio di rara potenza, capace di lasciare il segno con un’intensità che ancora oggi pochi riescono a eguagliare. Riascoltarlo è come riaprire un vecchio diario: le emozioni riaffiorano, le ferite si riaprono, ma soprattutto si riscopre quell’energia primitiva, viscerale, che ha reso i Verdena un punto di riferimento per più di una generazione.

Credits

Label: Black Out / Universal – 1999

Line-up: Alberto Ferrari (voce, chitarra, pianoforte, tastiere), Luca Ferrari (batteria), Roberta Sammarelli (basso, tastiere, cori)

Tracklist:

  1. Ovunque
  2. Valvonauta
  3. Pixel
  4. L’infinita gioia di Henry Bahus
  5. Vera
  6. Dentro Sharon
  7. Caramel pop
  8. Viba
  9. Ultranoia
  10. Zoe
  11. Bambina in nero
  12. Eyeliner


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