Lost Highways http://www.losthighways.it Seek your mood, Find your lost highways! Sat, 16 Mar 2024 14:12:26 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.2.37 Vanishing Twin @ Out Here Festival – Avellino, 1 marzo 2024 http://www.losthighways.it/2024/03/16/vanishing-twin-out-here-festival-avellino-1-marzo-2024/ http://www.losthighways.it/2024/03/16/vanishing-twin-out-here-festival-avellino-1-marzo-2024/#comments Sat, 16 Mar 2024 14:12:26 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49707 Vanishing Twins @ Avellino - Foto Alessio Cuccaro 15

 

Forti dell’uscita del quarto album Afternoon X, lo scorso autunno, i Vanishing Twin giungono in Italia per due date, la seconda nell’ex Cinema Eliseo ad Avellino, per l’Out Here Festival (Oh!) organizzato dall’associazione culturale Fitz, che vedrà nei prossimi mesi altre importanti partecipazioni, tra cui Marta Del Grandi e Francesca Bono. La formazione, ridotta ufficialmente in trio, si presenta sul palco con l’aiuto del vecchio compagno di strada Arthur Sajas, che prende il posto di Phil MFU, e con la sua tuta bianca stile Arancia Meccanica sembra membro di diritto di una band dal gusto retrò e fantascientifico a un tempo. Con la Gibson “Diavoletto” accompagna con delicatezza le trame ipnotiche, aggiungendo un tocco di minimale groove funky al wah-wah, solo dove serve, mentre contribuisce significativamente al sound sognante dei Vanishing Twin con interventi piumati al flauto traverso, degni del Peter Gabriel dei tempi d’oro. All’altro capo del palco la figura compassata di Susumu Mukai, che regge con flemma pulsante e sinuosa corposità linee di basso ostinate e ariose, organismi di ombre dense, lanciandosi talvolta in esplorazioni del rumore, come i suoi sodali del resto, giocherellando concentrato con le manopole di un pedale scollegato dallo strumento. Al centro della scena Cathy Lucas conduce il gioco, accompagnandosi con un piccolo sintetizzatore Korg e un multi-effetto Roland dal quale trae una bizzarra serie di suoni e trovate, a partire dalla rituale Melty abbinata in apertura del concerto al ritmo dinamico di Afternoon X, come nel nuovo album. La sua figura esile quasi svanirebbe dietro lo strumento, come uno spettro tra le luci basse della sala, se non fosse per il basco rosso fuoco che calamita lo sguardo anche quando non è concentrata a cantare, con quella voce eterea e baritonale, profonda come Nico, ipnotica come Laetitia Sadier, sofisticata come Cate Le Bon, ardita e astratta, dolce e leggera, che staresti ad ascoltarla per ore. Con sicurezza consumata e gentilezza amabile segnala un problema con la tastiera dopo i primi pezzi e scherza col pubblico per la quota rialzata del palco dell’ex cinema, it’s so strange you are so far away, affacciandosi prudente verso la buca d’orchestra, qualche metro più in basso. Poi, ritraendosi prudente e calma, pensa alla leggera melodia di The conservation of energy, dall’esordio del 2016, e danza lentamente sulle trame orientali del rito misterico di Lotus Eater, esplorando in Marbles le possibilità della voce sulla scia di Demetrio Stratos. Nelle retrovie, ma non meno importante, Valentina Magaletti è il motore della band, e forse la principale artefice del sound, che modula a proprio piacimento, anche nei momenti di stralunata sperimentazione come The Organism, portando il tempo con battiti frequenti, dilatati da echi e riverberi tonanti, pestando rude le pelli della sua Ludwig, frullando con foga e trasporto piatti e tamburi, anche smontando pezzi del charleston per ottenere particolari effetti, disegnando mitragliate urticanti sui tom. Schiaccia l’acceleratore a tavoletta negli stacchi percussivi di Floating Heart, che prende una deriva acidula con la più improbabile delle trombette in cui soffia a più non posso Cathy, prima della demolizione catastrofica che va in scena nel finale. Valentina costruisce pattern debordanti contro gli organi ansiogeni di The down below; si alza in piedi per domare uno xilofono con maestria da jazzista, fluttuando con le bacchette sulle barrette tracciando segni visionari. I tempi regolamentari del concerto si chiudono con l’arpeggio al rallentatore di Subito e la sua dolente declamatoria sacerdotale che scava profonda come un mantra “what are we waiting / what are we waiting for?“. E infatti non c’è da aspettare altro quando nei bis arriva la fresca leggerezza di Magician’s success col suo solare appeal radiofonico a diffondere buonumore in tutta la sala col potere della fantasia, imagine that… Poi Cathy imbraccia la chitarra e prende accordi con Susumu per la liturgia finale di You are not an island, che scorre lenta tra vocalizzi purissimi, flauti lucidi come lacrime e gocce di ghiaccio che riverberano a scandire l’ultima preghiera, l’ultimo messaggio d’amore, we are side by, side by side. Grandissima band, grandissima, saremo sempre fianco a fianco.

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Spoken Unsaid – Herself http://www.losthighways.it/2024/03/16/spoken-unsaid-herself/ http://www.losthighways.it/2024/03/16/spoken-unsaid-herself/#comments Sat, 16 Mar 2024 14:11:47 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49722 COVER_Spoken-scaledAtmosfere senza tempo. Trascinati nella corrente del fiume dei ricordi. Ritorna il songwriter Gioele Valenti aka Herself con un sesto lavoro in studio che è il punto di approdo di una maturazione compositiva unica ed originale. Il mood più oscuro e più folktronico di album come God is major  lascia il passo a strade più lo-fi con sobbalzi dall’impeto dark-pop. My Pills è la ballad folk ipnotica che solo Herself sa confezionare. San Francisco bay e Soul brillano di luce pop dove Sparklehorse incontra i Cure. In We Were Friends si sente l’acidità rock influenzata dai Mercury Rev che hanno collaborato nel penultimo disco di Herself. Con l’intensa Disaster Love si continua nella scia di un folk cosmico quasi apocalittico, rivoluzionando certe soluzioni di Gravenhurst ed Elliot Smith. Sand è un carillon che sprigiona emozioni in bianco e nero indimenticabili. Si chiude con l’energia della psichedelica TV delica. LostHighways segue Herself dall’esordio perché è l’esempio del vero artista indipendente italiano che crede nella forma canzone americana e in tutte le sue molteplici declinazioni, dal folk alla neo-psichedelia. Spoken Unsaid è un disco di canzoni sincere scritte da un artigiano dell’anima che può competere con stile e personalità con dischi della scena alternativa internazionale.

Credits

Label: Urtovox – 2024

Line-up: Scritto, suonato, registrato e mixato da Gioele Valenti.

Tracklist:

1) Nostos Algos
2) My Pills
3) San Francisco Bay
4) Soul
5) We Were Friends
6) Disaster Love
7) Sand
8) TV delica
Link: FB.

My Pills – Video

Album – streaming

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KAMASI WASHINGTON annuncia il nuovo album “Fearless Movement” http://www.losthighways.it/2024/03/09/kamasi-washington-annuncia-il-nuovo-album-fearless-movement/ http://www.losthighways.it/2024/03/09/kamasi-washington-annuncia-il-nuovo-album-fearless-movement/#comments Sat, 09 Mar 2024 20:46:38 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49743 KAMASI WASHINGTON
ANNUNCIA IL NUOVO ALBUM
FEARLESS MOVEMENT
IN USCITA IL 3 MAGGIO SU YOUNG

ASCOLTA ORA  PROLOGUE +
GUARDA IL VIDEO

kamasi_washington_2024

Kamasi Washington conferma che il suo nuovo album, Fearless Movement, è pronto per essere pubblicato il 3 maggio, su Young. Una nuova canzone, “Prologue“, debutta oggi insieme a un video diretto dal collaboratore di lunga data AG Rojas.

Guarda e ascolta “Prologue”

Washington ha presentato anche il vasto tour nordamericano che prenderà il via il 4 maggio al Beacon Theatre di New York e culminerà il 16 giugno con l’Hollywood Bowl Jazz Festival, che co-curerà con Herbie Hancock per il secondo anno consecutivo. Per l’itinerario completo del tour visita il sito ufficiale.
Washington definisce Fearless Movement il suo album dance. “Non è letterale“, dice Washington. “Il ballo è movimento ed espressione, ed in un certo senso è la stessa cosa della musica: permette di esprimere lo spirito attraverso il corpo. Ecco lo scopo di questo album.”

La danza come forma di espressione incorporata segna un cambiamento di focus per Washington. Mentre gli album precedenti affrontavano idee cosmiche e concetti esistenziali, Fearless Movement si concentra sul quotidiano, sull’esplorazione della vita sulla Terra. Questo cambio di prospettiva è dovuto in gran parte alla nascita del primo figlio di Washington alcuni anni fa.

“Essere padre significa che all’improvviso l’orizzonte della tua vita ti appare”, dice Washington. “La mia mortalità mi è diventata più evidente, ma anche la mia immortalità: realizzando che mia figlia vivrà e vedrà cose che io non vedrò mai. Ho dovuto accettarlo, e questo ha influenzato la musica che stavo facendo.”

Nell’album troviamo anche la figlia di Washington, che ha scritto la melodia di “Asha The First” durante alcune delle sue prime sperimentazioni al pianoforte, oltre a una serie di collaboratori nuove e di vecchia data. André 3000 appare al flauto, George Clinton presta la sua voce, così come BJ The Chicago Kid, il rapper di Inglewood D-Smoke e Taj e Ras Austin di Coast Contra, i figli gemelli della leggenda della West Coast Ras Kass. Washington ha inoltre reclutato amici e collaboratori storici come Thundercat, Terrace Martin, Patrice Quinn, Brandon Coleman, DJ Battlecat e altri ancora.

L’album include anche “The Garden Path“, una canzone che Washington ha eseguito per la prima volta al “The Tonight Show Starring Jimmy Fallon”, facendo il suo debutto televisivo notturno.

Kamasi Washington è un polistrumentista, compositore e bandleader, nato e cresciuto a Los Angeles. I suoi tre lavori fino ad oggi—The Epic; Harmony of Difference, un EP originariamente commissionato per la Biennale Whitney del 2017; e Heaven and Earth—sono tra i più acclamati di questo secolo. As Told To G/D Thyself, il suo cortometraggio uscito assieme a Heaven and Earth, ha debuttato al Sundance Film Festival 2019 con ampio consenso. Nel 2020, Washington ha curato la colonna sonora del documentario su Michelle Obama Becoming, guadagnando una nomination agli Emmy e ai Grammy per il suo lavoro. Sempre nel 2020, Washington ha co-fondato il supergruppo Dinner Party con amici e collaboratori di lunga data come Terrace Martin, Robert Glasper e 9th Wonder—il loro EP Dinner Party (Dessert) è stato successivamente nominato per un Grammy come Miglior Album Progressive R&B. Nel 2021, ha contribuito con una cover di “My Friend of Misery” dei Metallica al progetto di cover Metallica Blacklist della band. Washington ha fatto il giro del mondo, collaborato e condiviso il palco con Kendrick Lamar, Florence + the Machine, Herbie Hancock e molti altri.

Tracklist: 
1. Lesanu
2. Asha The First featuring Thundercat, Taj Austin, Ras Austin
3. Computer Love featuring Patrice Quinn, DJ Battlecat, Brandon Coleman
4. The Visionary featuring Terrace Martin
5. Get Lit featuring George Clinton
6. Dream State featuring André 3000
7. Together featuring BJ the Chicago Kid
8. The Garden Path
9. Interstellar Peace (The Last Stance)
10. Road to Self (KO)
11. Lines in the Sand
12. Prologue

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Broken man, St. Vincent in fiamme per il nuovo album http://www.losthighways.it/2024/03/09/broken-man-st-vincent-in-fiamme-per-il-nuovo-album/ http://www.losthighways.it/2024/03/09/broken-man-st-vincent-in-fiamme-per-il-nuovo-album/#comments Sat, 09 Mar 2024 20:46:01 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49741 St. Vincent - news
St. Vincent annuncia un nuovo album, All born screaming, in uscita il 26 aprile.
Appena il primo febbraio postava una immagine del suo nome d’arte col commento “nothing is coming“, un indizio ironico che bastava già a pungolare la curiosità dei fan, ed ecco che Anne Clark prende letteralmente fuoco nel video del primo singolo Broken man, diretto da Alex Da Corte, che la vede sola in campo nero in una lotta selvaggia contro fiamme che la divorano costringendola a urla disperate:

You built my tower to tear it down.
And how could you see me now?
If I stopped cracking up myself

Non è un caso che un paio di giorni prima dell’uscita del video St. Vincent abbia rispolverato sui social il video della cover di Kerosene dei Big Black di Steve Albini eseguita nel 2011 alla Bowery Ballroom di New York, dichiarando implicitamente un ritorno a quella furiosa energia punk di distorsioni ipersature, ottenute, come ha spiegato lei stessa, in Broken man sovrapponendo i riff di due chitarre e con un gran lavoro di produzione, curata per la prima volta dalla sola Clark anche per il resto dell’album in arrivo.

A proposito del precedente Daddy’s Home, St. Vincent ha dichiarato di aver bisogno di diventare la musica amata dal padre nella speranza di guarire, oggi invece la prospettiva è molto diversa e dice senza mezzi termini: “I want to fuck people up“. Una scossa violenta, ma non è una deriva nichilista, perché “se nasci urlando è un ottimo segno”, dice Clark, “significa che stai respirando. Sei vivo. Mio Dio. È gioioso. E poi è anche una protesta. Siamo tutti nati per protesta in un certo modo. È terrificante essere vivi, è estatico essere vivi. È tutto.

Siamo vivi e pronti a bruciare!

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I PERTURBAZIONE pubblicano il nuovo album “La Buona Novella (dal vivo con Nada e Alessandro Raina)” http://www.losthighways.it/2024/03/09/i-perturbazione-pubblicano-il-nuovo-album-la-buona-novella-dal-vivo-con-nada-e-alessandro-raina/ http://www.losthighways.it/2024/03/09/i-perturbazione-pubblicano-il-nuovo-album-la-buona-novella-dal-vivo-con-nada-e-alessandro-raina/#comments Sat, 09 Mar 2024 20:44:58 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49714 A distanza di 4 anni dall’uscita del loro ultimo album di inediti

PERTURBAZIONE

IL 22 MARZO ESCE IN DIGITALE, CD E VINILE

LA BUONA NOVELLA (DAL VIVO CON NADA E ALESSANDRO RAINA)

Una rilettura live e integrale dell’omonimo album di Fabrizio De André

in occasione dei 25 anni dalla scomparsa

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https://bio.to/LaBuonaNovella

Grande ritorno per i PERTURBAZIONE che, a distanza di 4 anni dal loro ultimo album di inediti, in occasione dei 25 anni dalla scomparsa di Fabrizio De André, il 22 marzo pubblicano “LA BUONA NOVELLA (DAL VIVO CON NADA E ALESSANDRO RAINA)” (Iceberg/Warner Music Italia), una rilettura integrale live, originale e inedita dell’omonimo album di Faber uscito nel 1970. A questo link è disponibile il preorder: https://bio.to/LaBuonaNovella

La scelta dei PERTURBAZIONE, storica band del panorama pop-rock italiano, di reinterpretare questo album di De André rappresenta un omaggio all’eredità musicale di uno dei più importanti artisti italiani di tutti i tempiLa decisione del gruppo di improntare le canzoni al loro stile unico e inconfondibile aggiunge una dimensione nuova al lavoro originale, senza però sacrificare il messaggio e la profondità delle composizioni di De André che possono essere apprezzate sia dagli estimatori del cantautore genovese che dai fan dei PERTURBAZIONE.

 La buona novella“, quarto album di De André del 1970 ispirato ai Vangeli apocrifi, è considerato il suo concept album più riuscito, caratterizzato da un grande impatto e spessore musicale grazie alle influenze folk e alle orchestrazioni di Gian Piero Reverberi. È un’opera rivoluzionaria, che incarna la visione anarchica, laica e terrena di De André sul mondo, e l’artista stesso l’ha definito il suo lavoro migliore, paragonando Gesù, il protagonista dell’album, al più grande rivoluzionario della storia.

 L’album nasce da un evento live unico commissionato alla band in occasione dei 40 anni dall’uscita de “La buona novella” di Fabrizio De André, dove i Perturbazione insieme a NadaAlessandro Raina del gruppo Amor Fou, il fisarmonicista Dario Mimmo, l’attrice Paola Roman e Don Carlo Maria Scaciga si sono esibiti dal vivo.

 Registrato dal vivo al Teatro Civico di Varallo Sesia (VC) il 23 ottobre 2010 da Lorenzo ‘Loz’ Ori e Cristiano Lo Mele, mixato da Cristiano Lo Mele, mastering di Paolo Iafelice, l’album LA BUONA NOVELLA (DAL VIVO CON NADA E ALESSANDRO RAINA)”, è stato realizzato da Tommaso Cerasuolo (voce), Cristiano Lo Mele (chitarre, synth, elettronica), Gigi Giancursi (chitarre e cori), Elena Diana (violoncello e cori), Alex Baracco (basso e cori), Rossano Antonio Lo Mele (batteria). Con la partecipazione di Nada voce in “Ave Maria”, “Maria nella bottega di un falegname” e “Il testamento di Tito”, Alessandro Raina voce in “Il ritorno di Giuseppe”“Via della Croce” e “Il testamento di Tito” Dario Mimmo fisarmonica, bouzouki, tastiere e cori. Testi di Fabrizio De André, musica di Fabrizio De AndréGian Piero Reverberi e per “Il Testamento di Tito” di Corrado Castellari.

 Questa la tracklist de “La Buona Novella (dal vivo con Nada e Alessandro Raina)”: 

  1. Laudate Dominum
  2. L’Infanzia di Maria
  3. Il Ritorno di Giuseppe (feat. Alessandro Raina)
  4. Il Sogno di Maria
  5. Ave Maria (feat. Nada)
  6. Maria nella Bottega di un Falegname (feat. Nada)
  7. Via della Croce (feat. Alessandro Raina)
  8. Tre Madri
  9. Il Testamento di Tito (feat. Nada e Alessandro Raina)
  10. Laudate hominem

 I Perturbazione presenteranno “La Buona Novella (dal vivo con Nada e Alessandro Raina)” in una serie di incontri aperti al pubblico in cui condivideranno storie e aneddoti dietro il nuovo album e regaleranno qualche canzone live. I primi due appuntamenti sono in programma venerdì 22 marzo a Torino alle ore 21.00 presso Edit Torino (Piazza Teresa Noce 15/A) e martedì 26 marzo a Milano alle ore 18.30 presso la Feltrinelli di Piazza Piemonte, dove incontreranno i fan e firmeranno le copie del disco.

 I Perturbazione sono uno dei più importanti gruppi pop-rock della musica italiana. Nati sui banchi di un liceo scientifico alle porte di Torino, fra i pionieri dell’indie nazionale, dopo una lunga gavetta pubblicano nel 2002 l’album della svolta, In circolo, votato tra i 100 migliori dischi italiani di sempre da Rolling Stone Italia, e trainato dal singolo Agosto. Quella dei Perturbazione è una storia fatta di circa 800 concerti in tutta Italia ed Europa, un Festival di Sanremo nel 2014 – durante il quale il nome della band si afferma presso il grande pubblico grazie alla canzone L’Unica – e una decina di dischi, fra cui album di culto come Canzoni allo specchio (2005), Del nostro tempo rubato (2010), Musica X (2013) e (Dis)amore (2020). Da sempre la band descrive il proprio suono come “rock anemico”, riferendosi all’impatto emotivo che nasce dall’incrocio tra la propria musica e i testi, nella costante ricerca di un elemento mancante. Oltre a pubblicare i propri dischi e all’attività dal vivo, la band ha creato una serie di progetti a cavallo tra musica, immagini, letteratura e teatro, come nel Concerto per disegnatore e orchestra, la sonorizzazione dei film muti Maciste (1915) e The General (1926) di Buster Keaton, lo spettacolo Le città viste dal basso e le canzoni scritte per Qualcuno che tace, trilogia dedicata al teatro di Natalia Ginzburg allestita nel 2016 dal Teatro Stabile di Torino, rimessa in scena nell’estate 2020 e Dracula – Rock Shadow Opera, spettacolo prodotto dalla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino. Nell’aprile 2021 Bao Publishing pubblica la loro prima graphic novel Chi conosci davvero, disegnata da Davide Aurilia.

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Tangk – Idles http://www.losthighways.it/2024/02/29/tangk-idles/ http://www.losthighways.it/2024/02/29/tangk-idles/#comments Thu, 29 Feb 2024 11:45:37 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49675 idles-tangk-album-coverDalla rabbia con amore. Dal rumore del rancore alla pace del cuore. Dall’hard-core punk all’alt-rock più innovativo dell’ultimo decennio. Da Ultra Mono a Tangk passando per il transitorio Crawler! gli Idles completano la metamorfosi del loro suono. Il tornado è ingabbiato, il fuoco è domato ma non spento. L’impeto propulsivo di Mark Bowen trova equilibrio tra le magie elettroniche radioheadiane di Nigel Godrich e le intuizioni hip-hop di Kenny Beats. Questa catarsi sonica è stata sincrona anche alla svolta delle tematiche testuali: si passa dalla mascolinità tossica, dal razzismo, dalla follia della Brexit ad una ritrovata pace interiore aggrappata all’unica salvezza terrena che è l’Amore. Sì! Attraverso il suono onomatopeico (“Tangk“) dei suoi groove taglienti, la band di Bristol ha scolpito la pietra grezza dell’oscurità umana portando alla luce degli affreschi di resistenza sentimentale. Con IDEA 01 si comincia subito nel flusso di coscienza di Talbot, un immagine lucida di disperazione passata, raccontata attraverso un affiorante arpeggio di piano, ipnotico alla Satie, intrecciato ad una grancassa cardiaca… gli spettri che ritornano sempre a ricordarci la radice della nostra rabbia. Gift horse è il risveglio sudato dalla scena di subconscio precedente, riconosciamo le frustate sulle sei corde di Bowen mentre Talbot con un cantato quasi hip-hop manda al diavolo il Re in nome dell’Amore. Questo mantra dell’Amore ritorna nelle stesse atmosfere rappate di POP POP POP. In Roy si attua la trasformazione: i grooves di noise diventano bridge di chitarre cristalline e la voce di Talbot si muta melodicamente seventy ed ipnotizza in un crescendo di rara bellezza. Gospel è la ballata che scorre dritta fino alle ossa. Tra accenti di piano melanconici e corde di violino pizzicato, scopriamo che la voce di Talbot non è nata solo per cantare usando l’urlo. Spasmi della vita passata sono sempre dietro l’angolo ed ecco che in Dancer risorge l’impeto e l’assalto degli Idles, dove su una sola nota del basso di Bowen Talbot compie l’incesto del punk con l’hip-hop. Grace è la canzone d’Amore del 2024, il mantra “Love is the Thing” resterà. Come resterà quel suo incipiente senso di esplosione soffocata che regala un’alba sonora intorno ad  un sinuoso basso senza tempo. E Chris Martin l’ha capito bene,  cedendo i diritti del video di Yellow che è proprio, rispetto a Grace, quel polo opposto della canzone d’amore. Il disco approda ad un quartetto di brani che ci indica la strada dei nuovi Idles, dove emerge la versatilità vocale di Talbot, che lascia il registro dell’urlo e si muove in strutture più melodiche, meno rumorose e più ritmate, ricche di sfumature come accade principalmente in Jungle e Gratitude. Uno struggente e memorabile sassofono chiude Monolith, l’ultimo brano del quinto lavoro in studio degli Idles e ti viene voglia di riascoltarlo di nuovo. A volte l’ambizione di commistionare generi conduce a miscele esplosive. Tangk è il frutto di un percorso verso l’originalità creativa muovendosi tra passato e presente guardando a nuovi orizzonti rock. Abbiamo bisogno di band rock che osano come gli Idles.  Tangk è un album che resta impresso nell’anima, ha un altro linguaggio per parlare dell’unica cosa che ci è rimasta: l’Amore.

Credits

Label: Partisan – 2024

Line-up: Joe Talbot (lead vocals) – Adam Devonshire (bass guitar, backing vocals) – Mark Bowen (lead guitar, production) – Jon Beavis (drums) – Lee Kiernan (rhythm guitar).

Tracklist:

01. IDEA 01
02. Gift Horse
03. POP POP POP
04. Roy
05. A Gospel
06. Dancer
07. Grace
08. Hall & Oates
09. Jungle
10. Gratitude
11. Monolith
Link: Sito Uffciale.

Grace – Video

Album – streaming

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Habitat – C’mon Tigre http://www.losthighways.it/2024/02/29/habitat-cmon-tigre/ http://www.losthighways.it/2024/02/29/habitat-cmon-tigre/#comments Thu, 29 Feb 2024 11:37:32 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49589 C'mon Tigre - Habitat - coverÈ un Habitat tropicale quello dei C’mon Tigre, esploratori sonori del ritmo tribale e dei meandri naïf di una foresta pluviale immaginaria, come quella disegnata in copertina da Enea Luisi. Pur avendo il campo base a Bologna la band si lancia in missioni di scoperta lungo tutto il globo, stavolta anche col sostegno della Regione Emilia-Romagna, giungendo a festeggiare il primo decennio di attività con collaborazioni internazionali e questo quarto album, che conferma la qualità della formazione. L’iniziale  Goodbye reality scava nella memoria di un tempo perduto con un grave fraseggio di fiati ondosi, che si diffondono come vapori sulfurei di un antico calidarium, scivolando sulla seta della grandeur di un cinema stiloso di grandi eroi e avventure esotiche, narrate al ritmo brioso del samba da voci aggrappate al microfono come un crooner troppo brillo per cantare a piena voce. Poi però la coda sintetica ci ricorda che siamo nel 2000 inoltrato e l’Africa di the Botanist non è quella di Fela ma di Seun Kuti (che oltre a cofirmare il brano presta voce e sax alto) e le istanze afro beat si aggiornano di temi ambientali dal tono declamatorio e inquietante, taglienti chitarre elettriche, torrenti di fiati. E anche la voce grezza e primordiale di Seun non guadagna la ribalta con la solita esuberanza, si confondendo con gli altri strumenti in quello che potrebbe sembrare un limite ma è invece una precisa scelta estetica del collettivo senza primedonne dei C’mon Tigre, in cui tutti i suoni sono alla pari, così come nei Verdena, seppur con esiti sonori differenti, la voce di Alberto Ferrari si mescola al muro sonoro prodotto dal trio. Lo stesso avviene con la partecipazione della cantante brasiliana Xenia Franca nella successiva Teen Age, che rallenta il riff ruvido da drum’n’bass scomponendone la trama per l’inserimento luminoso di un coro femminile quasi terzomondista eppure etereo, divagando poi su ritmi percussivi e pulsazioni incalzanti, xilofoni martellanti, vocalizzi e parole dense di vecchi grammofoni a tromba. Forza l’andatura 64 Seasons, che gioca su un ostinato di chitarra funky tra James Brown e Funkadelic e una voce suadente tra Beck e il Bono meno ruffiano, pompata da ottoni ascendenti e break di elettronica naturale grazie al soffio nelle ance e ai colpi leggeri di xilofono, sostenuti dal drumming retrò di Danny Ray Barragan, del collettivo californiano Drumetrics, che regge le escursioni strumentali con colpi fuori misura dal suono sporco. Un suono che avvolge il ritmo ovattato anche in Nomad At Home, squarciata dal grido straziante che si alza dal labirinto di una medina prigione invalicabile, in loop di alienazione distante e disperato, che conduce a un epilogo etnico di ritmi anomali e corde rassegnate e sconfitte, in cui vibra il dramma di un Medioriente che non trova pace. Odiame è la prima cover incisa dal combo, che rielabora l’originale dell’ecuadoriano Julio Jaramillo, destrutturando il bolero caraibico in tre quarti con un drumming impazzito tra colpi secchi e rullate improvvise, suoni sintetici e vacui come le desolate tastiere di Arancia Meccanica, una voce di colla liquida che riveste gli accenti ispanici. Dalla foresta profonda emergono i racconti onirici di Sento Un Morso Dolce, seduta psicanalitica per Giovanni Truppi che scandaglia a ritmo serrato i moti surreali di un sogno torrenziale in cui niente è mai certo, dove le percussioni e i cori di una tribù che non ha mai incontrato l’uomo bianco si fondono alle angosce urbane di bassi inquietanti, elettroniche asfittiche, vociare indistinto, con le paure che convergono nella visione di una tigre mortale, pronta a colpire. Ma non siamo morti e nella grande sala da ballo va in scena l’orchestra di Na Dança das Flores col suo coro variopinto da carnevale di Rio, i suoi flauti vitali e il sillabare lento di un crooner che si perde nei battiti fitti di un ritmo avvolto dai tasti di plastica di una techno ariosa, finendo in una felice coda strumentale. Arto Lindsay pare il candidato naturale a raccogliere il microfono al termine di quel balletto, e trova una perfetta comunità d’intenti con la band cofirmando Keep Watching Me, che innalza lirici pinnacoli sulla trama sottile di chitarra pulita, aspra e fragile, di matrice soul, che scivola su un arpeggio di armonici, tappeto di divagazioni sognanti e concrete, di ritmi scomposti, fiati urlanti, sibili sofferti e vagoni che deragliano. Un mondo in dissolvenza, di malinconico rimpianto, ma gli offriamo volentieri la giugulare, perché il morso è dolce.

Credits

Label: Intersuoni – 2023

Line-up: Danny Ray Barragan DRB (batteria) – Mirko Cisilino (tromba, trombone, corno francese) – Xênia França (voce in Teenage Kingdom) – Marco Frattini (batteria) – Seun Kuti (voce e assolo di sax alto in The Botanist)  – Arto Lindsay (voce in Keep Watching me) – Eloisa Manera (violino) – Pasquale Mirra (xilofono, xilofono elaborato) – Daniela Savoldi (violoncello, viola) – Beppe Scardino (sax baritono, sax tenore, sax contralto, flauto, clarinetto basso, clarinetto basso elaborato) – Valeria Sturba (cori in The Botanist, Teen Age Kingdom, Na Dança Des Flores) – Giovanni Truppi (voce in Sento Un Morso Dolce)

Tracklist:

    1. Goodbye Reality
    2. The Botanist (feat. Seun Kuti)
    3. Teen Age Kingdom (feat. Xenia França)
    4. Sixty Four Seasons
    5. Nomad At Home
    6. Odiame
    7. Sento Un Morso Dolce (feat. Giovanni Truppi)
    8. Na Dan ça Das Flores
    9. Keep Watching Me (feat. Arto Lindsay)

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Wall of eyes – The Smile http://www.losthighways.it/2024/02/18/wall-of-eyes-the-smile/ http://www.losthighways.it/2024/02/18/wall-of-eyes-the-smile/#comments Sun, 18 Feb 2024 18:23:06 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49599 The Smile wall of eyesLo avevamo detto e questa ne è la conferma: The Smile non era una parentesi, un divertissement per riprendere la mano, è una realtà in grado di soppiantare per sempre i sopiti Radiohead a dispetto degli annunci circolati negli ultimi mesi. Passata la smania dell’album di esordio, confluita in acide improvvisazioni live in studio, il trio si concede ora maggiore riflessione e struttura con nuove intonazioni e ritrovate melodie, senza cedere un briciolo di dinamica e istinto creativo. A partire dalla titletrack di questo secondo lavoro, Wall of eyes, che plasma il tenue andamento da moderna bossa nova al lento battito cardiaco che riecheggia come i tuoni  frementi di una tempesta interiore, tra sibili sinistri, chitarre liquefatte e mantra di voci combuste che si dissolvono come cenere calda. Teleharmonic si distende su un tappeto di synth rarefatti e cremosi srotolando una linea melodica di maestoso minimalismo, dagli accenti esotici e corali, retta da in lavorio incessante e discreto di Skinner. Read the room attiva il gene frippiano di Greenwood che destruttura un arpeggio come uscito dalle sessions di Starless and bible Black, supportato dal corposo basso con cui si reinventa il genio di Yorke, capace di ritagliare middle eight di dolcissimo miele come non accadeva dai tempi di No surprises. Il tutto spazzato via da un vento di rivincita indie a suon di intrecci di chitarre e moti ondosi. E nella nevrosi paranoica di Fripp annega senza speranza anche la chitarra sincopata di Under our pillow, frustando il ritmo con cambi in salita che lavano via i riflessi sixties del tema liquoroso, addentrandosi in una jam dai risvolti imprevedibili, che dalle note dei Greatful Dead parte per la tangenze verso i ronzii cosmici di un krautrock aggiornato alle più estreme derive elettroniche contemporanee. Introdotta da un walking bass che discende da Paul McCartney, Friend of a friend era con titolo provvisorio a sottolineare l’abbraccio dei due fratelli Peaky Blinders riconciliati nella sesta stagione della serie, ed è infatti gemella della finta morte di Tommy Shelby. Procede sull’ariosa trama di piano che si rischiara con la melodia pop dell’ultimo Father John Misty e il contributo della London Contemporary Orchestra, finendo per gettare un ponte verso la psichedelia in caduta vertiginosa di A day in the life dei Beatles, con quel crescendo pauroso di glissati che si chiude qui con tremula, misurata passione. E non sorprende che parte di quest’album, per più di un verso beatlesiano, sia stato registrato agli Abbey Road Studios, stavolta con la produzione di Sam Petts-Davies al posto di Nigel Godrich. Introdotta da un gioco di frequenze di rimbalzo tra le corde di Greenwood e i tom ovattati di Skinner, I quit naviga su un sinuoso riff di basso, ormai lo strumento di Yorke, esplorando mari solitari per voci sussurrate, al ritmo di leggere risacche e minacciose correnti distanti, tra nubi di piombo trafitte da improvvisi fasci di luce accecante, in cui archi orchestrali scorrono tra vapori elettronici. L’iponitco arpeggio di Bending hectic coi suoi due accordi, uno aperto e illuminante l’altro che tira dolcemente una corda facendola sanguinare piano, racconta al ralenty l’attimo che precede un salto nel vuoto alla guida di un auto accesa dal sole alto di un paesaggio alpino, come nel finale cult di Thelma & Louise, in una scelta disperata di libertà, No one’s gonna bring me down, no / No way and no how / I’m letting go of the wheel, ribaltando l’epilogo in un epico sforzo, Despite these arrows / I’ll force myself to Turn, che precipita ancora sui glissati di A day in the life e finisce in un muro di accordi saturi e drumming stoner, assoli distorti, la grandiosità del rock. Ne viene fuori You know me!, ballata per piano colto che ripercorre la tradizione del folklore d’albione assorbendo l’eco remota dei sitar indiani che accompagnavano il misticismo di George Harrison e del Ray Davies di Fancy, dissolvendosi nel corpo strale di una visione abbagliante, tra tensioni palpitanti e fraseggi di commiato. Una conferma, si diceva, e una speranza che la scintilla dell’arte continui a brillare, illuminando le menti dei bambini, i musicisti di domani, il muro d’occhi innocenti che assiste divertito e distratto alla performance del trio nel video di Wall of Eyes diretto dal solito Paul Thomas Anderson. Lasciamo che quella scintilla illumini anche l’oggi.

Credits

Label: XL Recordings – 2024

Line-up: Jonny Greenwood (guitars, bass, piano, synthesisers, orchestral arrangements, cello, Max MSP) – Tom Skinner (drums, synthesisers, percussion) – Thom Yorke (voice, guitars, bass, piano, synthesisers, lyrics) – London Contemporary Orchestra (strings)

Tracklist:

  1. Wall of Eyes
  2. Teleharmonic
  3. Read the Room
  4. Under our Pillows
  5. Friend of a Friend
  6. I Quit
  7. Bending Hectic
  8. You Know Me!

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Connection – Ceramic Dog http://www.losthighways.it/2024/02/18/connection-ceramic-dog/ http://www.losthighways.it/2024/02/18/connection-ceramic-dog/#comments Sun, 18 Feb 2024 18:15:34 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49176 Ceramic DogAscoltando Battiato cantare di free jazz punk inglese ho sempre pensato che fosse un ossimoro, un accostamento surreale partorito dal genio di Franco. La musica di Mark Ribot, invece, mi fa decisamente ricredere sull’argomento, presentandosi col suo virtuoso eclettismo come una perfetta sintesi della ruvidezza e visceralità del punk e delle capacità tecniche e della visione aperta tipica di un jazzista, e passi che il nostro sia uno statunitense del New Jersey. Attivo da solista sin dal 1990, dopo anni trascorsi come session man al fianco di musicisti del calibro di Tom Waits, Elvis Costello e Laurie Anderson, arriva con Connection al quinto lavoro della sua band alter-ego Ceramic Dog. La title-track, in linea con l’approccio diretto del garage rock, procede su un riff ondeggiante che discende dai Velvet Underground, come a ripercorrere i capitoli più nobili della musica dell’East Coast americana. E allora entra in scena Hendrix, accompagnato dai Black Sabbath, per le saturazioni e i fischi oscuri di Subsidiary, un rito misterico che pian piano chiama a raccolta gli adepti, pronti a urlare con rabbia a ogni chiusura di battuta, sfociando in grezza violenza stoner, come a consumare un necessario, catartico e catastrofico sacrificio. Forse per trovare la forza e il coraggio necessaria ai Soldiers in the army of love, galoppante scorribanda che interrompe il riff fluido alla Yo la tengo con rapide incursioni armoniche che intonano il titolo in pieno stile sixties, con la benedizione di Brian Wilson. Ecstacy chiama in causa il mondo psichedelico di Country Joe McDonald, il suo parlare acido, qui con la voce di Syd Straw, i riff incalzanti guarniti di latin rock alla Santana, chiudendo in orgia allucinogena di timpani roventi e tastiere stralunate. Swan si invola in una lunga improvvisazione free jazz che ritrova, col contributo al sax di Brandon Lewis, le vorticose escursioni cosmiche di John Coltrane, mentre le pelli sono pestate a dovere sotto i colpi delle poliritmie vulcaniche di Ches Smith e Marc Ribot passa dall’urticante distorsione di accordi di magma alle calde vischiose preghiere di una chitarra piangente. No name si muove in punta di piedi su un ostinato di basso tolto dalla wave dei primi Cure, crescendo lentamente tra note di blues urbano e malato fino a trovare un ritmico tastierone volutamente fuori tono, che crea un contrasto allucinato col resto della band, come a descrivere l’improvviso atterraggio di un ufo dai colori abbaglianti. Un lampo di luce dal quale si scivola nella nevrosi paranoica di Heart Attack, che trasfigura Drive my car dei Beatles, per poi assestarsi su un crossover degno dei Primus più arditi, intervallato da inserti di classico swing da grande orchestra e brani di assurdo turpiloquio sciorinato in italiano dal curioso accento anglofono, chiudendo infine con lo sconsolato adagio: la madre dei cretini è sempre incinta. Del resto That’s entertainment, non c’è da meravigliarsi, un mondo che centrifuga le menti in un frullatore acido come l’organo Farfisa di Anthony Coleman, in una distopica allucinazione punk che sovverte completamente la smielata versione hollywoodiana scritta nel 1953 da Arthur Schwartz per il film The Band Wagon (in Italia Spettacolo di varietà) per le coreografie spensierate di Fred Astaire. Order of protection ritrova le viscere in fiamme di Hendrix in uno slow blues dinamico e tagliente come le corde strizzate dal figlio del voodoo, un torrente che ribolle per dieci minuti di jam magmatica, tra hammond ipnotici, drumming rombante, corde pulite e sanguigne che sgorgano in bending estremi di lampi, saette e raffiche metalliche. Una prova estenuante per i suoi artefici che decidono quindi di rilassarsi con la festa sudamericana di Crumbia che gioca ironicamente sul ritmo della danza colombiana grazie al clarinetto enfatico di Oscar Noriega, che accenna influenze klezmer su un tappeto frenetico di percussioni, spiazzando ancora una volta l’ascoltatore. Ed è proprio questa imprevedibilità quella di cui si sente maggiormente la mancanza oggi, quindi grazie Marc, alla prossima sorpresa.

Credits

Label: Knockwurst Records – 2023

Line-up: CERAMIC DOG:
Marc Ribot (guitars, tres, dobro, bass, vocals) – Shahzad Ismaily (bass, electronics, vocals) – Ches Smith (drums, percussion, electronics, vocals)
SPECIAL GUESTS: Syd Straw (vocals) – Anthony Coleman (Farfisa) – James Brandon Lewis (sax) – Greg Lewis (Hammond B3 organ) – Oscar Noriega (clarinet) – Peter Sachon (cello)

Tracklist:

  1. Connection
  2. Subsidiary
  3. Soldiers in the Army of Love
  4. Ecstacy
  5. Swan
  6. No Name
  7. Heart Attack
  8. That’s Entertainment
  9. Order of Protection
  10. Crumbia

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Realtà Aumentata – Subsonica http://www.losthighways.it/2024/02/11/realta-aumentata-subsonica/ http://www.losthighways.it/2024/02/11/realta-aumentata-subsonica/#comments Sun, 11 Feb 2024 21:45:59 +0000 http://www.losthighways.it/?p=49617 subsonica_realtà_aumentata_coverQuando ti domandi se ha più senso continuare un progetto come i Subsonica? La risposta la trovi nella tua cifra stilistica, quella che ti ha contraddistinto da quando hai iniziato. Parliamo di quel modo particolare di narrare la realtà che ci circonda attraverso un linguaggio sonoro unico. Nasce Realtà Aumentata, il decimo lavoro in studio dei Subsonica. Un titolo suggestivo e molto ironico verso la realtà “diminuita” che racconta. Una realtà umana contemporanea, che esce dagli anni della pandemia, piena di miseria e disperazione. In mezzo a guerre e cataclismi climatici si rintana in un negazionismo estremo, in una completa dispercezione, fatta di fughe virtuali e isolamento individualista da bolle social. Dal punto di vista del sound  c’è un ritorno a quella sperimentazione elettronica equilibrata che fu di Microchip Emozionale, Terrestre e L’Eclissi. In Realtà aumentata sicuramente emergono i benefici importati dalle esperienze soliste di alcuni membri della band torinese. Le soluzioni elettroniche a base di synth e campionamenti, che avrebbero un senso anche solo strumentali, certamente provengono dai recenti Urban Groovescapes di Max Casacci e dalla serie di Ep Post piano session di Boosta. La vena pop che traspare nel mood liquido di Missili e Droni o nelle atmosfere acustiche di Vitilligine deriva dal Samuel solista. Le perle di questo album sono: il basso ed il piano house di Mattino di luce; le orchestrazioni di Davide Rossi che amplificano le alchimie subsoniche di Universo; i memorabili groove dub di Pugno di Sabbia e Grandine; il testo di Nessuna colpa. Parliamo di undici canzoni con la C maiuscola, esempio di cantautorato moderno perfetto, incernierato su strutture elettro-pop innovative di matrice internazionale. Un prodotto con appeal radiofonico senza la necessità di sminuire la qualità artistica per giungere a tutti. Un grande ritorno di musica “suonata” ed impegnata che ovviamente è stata scartata al recente Sanremo, inseguitore degli ultimi tristi mainstream trend delle discografiche italiane.

Credits

Label: Epic – 2024

Line-up:

Tracklist:

1. Cani Umani
2. Mattino di Luce
3. Pugno di Sabbia
4. Universo
5. Nessuna Colpa
6. Missili e Droni
7. Scoppia la Bolla feat. Willie Peyote, Ensi
8. Africa su Marte
9. Grandine
10. Vitiligine
11. Adagio
Links:Sito Ufficiale.

Album – streaming

Mattino di Luce – Video

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