La voce e come usarla nel migliore dei modi. Questo sembra volerci mostrare Guido Maria Grillo con questo nuovo lavoro uscito il 10 gennaio per la Visage Music, etichetta specializzata in World music ed Etno-Folk, dal titolo Senza fine. Artista campano, poliedrico di evidente derivazione cantautorale e che nel tempo ha aggiunto al suo percorso tasselli da autore teatrale, attore, scrittore oltre a collaborazioni di assoluto pregio, qui giunge al suo quarto lavoro discografico in cui riesce a fondere cifre stilistiche diverse, senza mai apparire fuori tempo. Come uno stakeholder di sentimenti che non ha alcun timore di mostrare le debolezze ed i fianchi scoperti offerti alle armi altrui, anzi mantenendo fermo il coraggio di guardare le ferite fiottanti senza urlare, ma esplorandone le sensazioni dall’interno, per indagarne la genesi. Consapevole che chi cammina, chi si muove talvolta cade e che solo chi sta seduto non cade mai, come disse un Presidente partigiano di cui in tempi come questi si sente ancora più la mancanza.
Tu sei casa mia apre il disco puntando l’obiettivo su una cronaca addolorata degli ultimi colpi di coda di un amore, con un montaggio parallelo in cui si uniscono due sequenze con personaggi, luoghi e situazioni temporali quasi divergenti, senza un un ricongiungimento fra le due storie. Storie che, sfuocate dallo strazio di ogni separazione, restano divise, seppur con un incontrollabile riverbero di ricordi a fare da incancellabile territorio comune. In Senza fine, canzone che dà il titolo all’intero disco, viene raccontato un altro addio, quello a cui non si è mai pronti. Con un figlio al capezzale di una madre, costretto ad accettare la morte come regola finale ed inevitabile della vita, con i debiti di parole nascosti nelle braccia rimaste larghe, ad urlare che non è più tempo di perdere tempo. Ed allora che il pianto fluisca, liberatorio, per essere limo curativo come la memoria. Il magistrale falsetto di Voce ‘e notte fa da promenade ad accompagnare un grande e struggente classico di Nicolardi e ad aprire squarci su un tempo luminoso come solo l’irripetibile sa essere. Con un nostalgismo furente capace di spingere fin sotto la finestra dell’amata oramai tra le braccia altrui, in un atto stoico come i capelli che ripartono sopra una cicatrice ancora fresca. In Non arrenderti vengono svelate e rivelate le tenere confidenze di un padre ad un figlio, in una lectio magistralis ad insegnare ad andare senza mani sulla bicicletta della vita, non temendo le curve ed evitando i percorsi quadrati e senza fantasia, quasi tracciati con il righello. Senza fretta, anche se le cose tardano ad arrivare ed a ricomporsi nella giusta maniera, a scolpire nella pietra i comandamenti per camminare in equilibrio, superando il bilico a cui la vita ci espone talvolta a testa in giù. ‘Stu lietto diventa un quadrato dalle sedici corde, un ring dove fanno fischiare l’aria i colpi sanguinari dei mutamenti. Le vesti nuove indossate dai sentimenti, con le nudità che prendono il posto prima occupato dai drappi di un blu indescrivibile come quello della Madonna del Rosario di Luca Giordano, lasciando tutto più visibile e definito, cruento come una guerra che esplode dove prima era il paradiso.
Cristiano Godano brinda con Guido Maria Grillo sorseggiando Veleno, tra gli spettri di madri andate via con la mente prima ancora che con il corpo. Tra le case vuote o meglio svuotate e le implorazioni ai ritorni. Con il mare usato come uno specchio capace di riflettere le valutazioni, i ricordi, gli errori. Che sta zitto ma che dice tutto quello che bisogna sentirsi dire, con i giusti congiuntivi ed i giusti tempi. La voce di Elena Pongolini abbraccia a sorreggere quella di Guido Maria in Un giorno disse addio, a rendere conforto nel raccontare la dipartita di una persona amata e che diviene una lettera delicata che scosta con mani tremule il sipario per vedere cosa c’è dopo, senza avere più paura della definitività delle cose, nella pace di tornare alla natura. La Catarì di Salvatore Di Giacomo è un secondo omaggio alla tradizione culturale partenopea, la stessa da cui l’artista vede spuntare le proprie solide e nodose radici. Un classico che accosta l’imprevedibilità della donna amata a quella del mese di marzo, mentre l’uomo innamorato attende sfiduciato il ritorno del sole, come un uccello freddoloso sottoposto ad un incolpevole contrappasso. In Da quando sei lontano si avvertono echi che sembrano venire da lontano e che prendono le sembianze di un canto qawwali, con Grillo che sembra fare i compiti su Nusrat Fateh Ali Khan con ottimo profitto, usando la voce come uno strumento accordato a meraviglia, senza ostentare virtuosismi e con la naturalezza di chi sa di essere al punto e nel posto migliore in cui potrebbe essere. Il disco si chiude con una struggente preghiera di un padre, in Lettera ad un figlio. Un padre che attende il ritorno impossibile di un figlio che ha scelto di lasciarsi andare, e che sprofonda a piè pari nelle sabbie mobili del rimorso per non essere stato in grado di fermare chi non voleva voleva essere salvato.
Ad una prima lettura, perché i dischi quando sono fatti bene bisogna che si leggano anche, Senza fine annoda con sofferta pazienza il filo rosso dell’addio. Tematica ricorrente, scandagliata ed indagata da angolazioni differenti, in canzoni come Tu sei casa mia/ Senza fine/ Un giorno disse addio e Lettera ad un figlio. In alcuni frangenti affiorano venature nobili di angeli nati ad Orange County e rapiti dalle acque del Wolf River troppo presto (ecco un addio a cui io non mi abituerò mai nonostante i quasi 30 anni passati). A ricordare che gli addii, specie quelli immediati, inattesi ed inevitabili sanno essere crocifissione per gli animi sensibili a tutte le latitudini ed in tutte le epoche. Un disco convincente, che grazie ad una vocalità innegabilmente evoluta solleva ed accarezza e dopo averti cinto le spalle, ti accompagna tra atmosfere al profumo di vino buono francese, poi tra il velluto delle poltrone di un teatro dell’opera o ancora a piedi scalzi in direzione della Pietra Nera durante lo Hajj. Con la componente lirica che esalta una vena cantautorale in ulteriore progressione e con incursioni in un dialetto che sa essere descrittivo come un quadro iperrealista e puro come neve appena posata in terra. Senza fine vedrà la sua rappresentazione live a partire da inizio febbraio in giro per l’Italia e se ci è concesso un consiglio di amici, allora prendete posto e mettetevi pure comodi.
Credits
Label: Visage Music – 2025
Line-up: Guido Maria Grillo (voce) – Gabriele Albanese (ciaramella in “Lettera ad un figlio”) – Corrado Ciervo ( violini in “Tu sei casa mia”, “Senza fine”, “Stu lietto”, “Veleno” e “Da quando sei lontano”) – Cristiano Godano ( voce in “Veleno”) – Elena Pongolini (voce in “Un giorno disse addio”) – Raoul Moretti ( arpa elettrica in “Lettera ad un figlio”)
Tracklist:
- Tu sei casa mia
- Senza fine
- Voce ‘e notte
- Non arrenderti
- ’Stu lietto
- Veleno (feat. cristiano godano)
- Un giorno disse addio
- Catari’ (marzo)
- Da quando sei lontano
- Lettera ad un figlio
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