Home / Recensioni / Album / James is back – James Senese

James is back – James Senese

James Senese - Cover James is back (1)Le mani nude e giunte sulla copertina del ventunesimo disco di James Senese sono il simbolo della sua poetica basata sulla concretezza del fare e sul tema dominante dell’ultima produzione del musicista: il trascorrere del tempo, l’attesa paziente e immutabile ma non rassegnata di ciò che accadrà. A 76 anni James si presenta ancora in studio con idee ambiziose e nuovi brani, con la collaborazione di Lorenzo Campese alle tastiere e della solidissima sezione ritmica formata da Fredy Malfi alla batteria e Rino Calabritto al basso, vista all’opera sul palco del Teatro Acacia di Napoli pochi mesi prima della pandemia. Non è più ‘ngazzate, o almeno non ha bisogno di ripeterlo, mentre sente invariato il bisogno di incitare alla rivolta, al cambiamento che tarda a venire, continuando quella incessante ricerca di libertà che lo spinge a cantare Voglio partì. Senza rabbia, adagio, sul tempo jazzato delle spazzole di Malfi e la sezione fiati da grande orchestra swing, che danno dinamica alla fumosa vena blues delle strofe, il suo fraseggio dimesso di fuoco che cova sotto una brace mai spenta. Il suono pieno e riverberato del rullante introduce L’America. Non è la stessa ascoltata in Aspettanno ‘o tiempo, scritta per Senese da Edoardo Bennato: mentre quella era un miraggio effimero al quale preferire la concretezza anche brutale della propria terra, questa è invece un omaggio alle radici musicali di James che dichiara con frasi rotte sul tempo “nothing can erase, never, my love for you, America“. E col sax si lancia in un solo di chiare aperture e respiri sofferti, in pacato equilibrio tra il brio di Rollins e la misticità di Coltrane, in pieno controllo e carica passionale. La title track James is back è un’invettiva funky che strizza l’occhio a Zawinul con la quale Senese si scaglia contro l’addomesticamento sociale attuato dal potere attraverso la diffusione di un illusorio benessere “c’hanna mise ‘a ciucculata ‘mmocca“. Muovendosi a balzi sul ritmo sostenuto e incalzante, scosso da improvvisi accordi in dissonanza e frizzanti bridge hard bop, la parte del mattatore è affidata a una vocalità di confidenze sincopate, carta vetrata e strilla di strada, che affila la sua ascia di guerra con la calma di una imperturbabile saggezza: “scennimme a fà ‘a guerra e luvamme ‘a miezo sti fetiente“. Un’antica invocazione popolare, jesce sole, rinforza un legame indissolubile con la propria terra ma si proietta in avanti nei sostenuti BPM di Je sone. Un dichiarazione di determinazione autarchica della propria arte (“je sto sunann’ ancora e ancora aggia sunà“), che sfida il passare del tempo senza nasconderne i segni delicati di invecchiamento delle corde vocali evidenti in quelle consonanti scivolose e nasali (“nu schizz’ d’acqua ca s’asciutta ‘o sole“), che sono ancora capaci di vibrare commuoventi e di graffiare spietate, con immutata franchezza. Jesce fore ha una struttura ritmica martellante, insolitamente chitarristica, fatta di battiti e distorsioni e resa a tratti inquietante dai disegni rombanti sui tom, mentre l’Akai di James omaggia la cornetta dell’amatissimo Davis e le derive urbane di Doo-bop e la voce da sciamano declama le formule di un rito cruento (“tiene ‘o sanghe ma nunn’ è ‘o tuoje / tiene ‘o sanghe ma nun tiene ‘e vvene“). E la stregoneria continua in ‘O meglio amico mio in cui Fredy Malfi da solo mette in moto l’intera tribù di percussionisti di Santana in una danza voodoo per il negromante James, che guida il vortice misterico e ancestrale, dardeggiato da piatti taglienti, da cui fuoriesce un solo sofferto di sangue denso e accenti mediorientali che riprendono l’esperienza dell’album Jesceallàh (1992). Non è un caso che a seguire la tensione si sciolga nello strumentale davisiano Duendes, coi suoi motivi diradati, i raddoppi di frase, le tastiere mutevoli, il ritmo infaticabile e discreto, il sassofono suadente e brillante, che inventa colpi, carezze e continue sorprese, come nella chiusura accelerata del brano. Ancora ancora riporta addirittura alla freschezza soul degli Showmen, con accenti briosi e ritmica solare che esorcizzano la desolante constatazione che “chistu munno c’a nun cagn’ e nun crere ‘e sentimenti / ‘n se ne ‘mporta proprio ‘e niente“.  Ed è solo attraverso la musica che si ritrova la forza, “voglio cantà l’ammore, ‘o dulore, voglio scassà tutt’ ‘e paure“. Per questo l’album si chiude con la dolorosa e forte ballata al piano Tutta a vita accussì, che canta con passione bruciante l’aspettativa, la speranza, l’amore, fino all’ultimo ineluttabile , “aspettanno ‘o tiempo / ‘o tiempo ca se move“.

Credits

Label: Ala Bianca – 2021 / Distribuzione Warner Music Italia

Line-up: James Senese (Voce solista, sax tenore e soprano, Akai Ewi5000) – Lorenzo Campese (Tastiere) – Rino Calabritto (Basso) – Fredy Malfi (Batteria)

Tracklist:

    1. Voglio Partì
    2. L’America
    3. James Is Back
    4. Je Sone
    5. Jesce Fore
    6. ‘O Meglio Amico Mio
    7. Duendes
    8. Ancora Ancora
    9. Tutta A Vita Accussï


Link: Sito Ufficiale
Facebook


Ti potrebbe interessare...

MartaDelGrandi Selva

Selva – Marta Del Grandi

Affila le sue armi Marta Del Grandi, due anni dopo l’esordio Until We Fossilize, scommettendo sulla …

Leave a Reply