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Un artista d’altri tempi: intervista a Leo Pari

Romano, classe 1978, Leo Pari è un giovane musicista che ama fare il suo mestiere. Gli piace anche sperimentare. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa in più di sé e di Rèsina, un album che ci ha sorpreso e che ha segnato un ritorno alle origini folk-cantautorali, dopo progetti musicali molto diversi tra di loro. Nelle sue parole e nelle sue idee ritroviamo la stessa immediatezza che trasmette la sua musica. (Dopo di te è in streaming autorizzato)

Innanzitutto grazie per avere accettato di fare due chiacchiere con Losthighways. Rèsina è un disco che mi è piaciuto molto per la freschezza e sincerità. Mi ha riportato ad atmosfere molto anni ’70, al cantautorato italiano. Mi è venuto in mente subito Battisti, le sue canzoni semplici in cui potevi identificarti. È stata una scelta mirata o un influenza interiorizzata, quasi inconscia?
Grazie a voi. Avevo voglia di fare un album semplice, che somigliasse al mio stato d’animo di quel periodo, perché stavo provando emozioni molto forti ed intense, ma allo stesso tempo estremamente naturali e primordiali. La ricerca di un sound più vintage rispetto ai miei dischi da solista è stata invece una scelta ben precisa: volevo prendere le distanze da quel pop sintetico che aveva caratterizzato LP e Lettera al Futuro, e tornare alle mie radici folk, agli strumenti di legno che trasudano appunto “resina”… Il paragone con Battisti non può che lusingarmi, sicuramente ha influenzato molto la mia crescita musicale. Credo che la semplicità delle sue canzoni però sia anche merito dei testi di Mogol, che sapeva commentare le melodie con immagini sempre fresche e dirette.

Rèsina si presenta subito come un disco unitario, con un filo conduttore ben preciso: l’amore e i sentimenti. So che sarà il primo di una trilogia. La sua unitarietà è legata a questa scelta? Hai già in mente quali saranno i temi dei successivi capitoli?
Rèsina può essere considerato un concept album, una sorta di diario di bordo di questa storia d’amore. Le 13 canzoni sono 13 momenti di una vita insieme, con i suoi picchi di alti e di bassi. I prossimi 2 atti di questa trilogia potrebbero parlare di lavoro e di società, ma non è detto che saranno le prossime cose che pubblicherò.

Come mai la scelta di una trilogia?
Prima di iniziare a registrare Rèsina avevo una quantità di materiale sufficiente ad un album triplo. Alla fine ho pensato che fosse più semplice suddividere le canzoni per tematiche e sound e raggrupparle in 3 dischi diversi. E’ un progetto ambizioso, anche perché nel frattempo sono nate nuove idee e nuove canzoni

Dai tuoi lavori precedenti, dai progetti che segui, emerge chiaramente che ti piace sperimentare musicalmente e non solo. Dal rock del disco con i San La Muerte al folk intimistico di Rèsina. Dai piccoli locali al palco del V Day di Grillo. Qual è però la tua dimensione ideale?
Non credo ce ne sia una in particolare, se non quella della sperimentazione e della ricerca appunto. Io sono un autore di canzoni e mi trovo sempre a mio agio quando è il momento di suonarle davanti a un pubblico.

Com’è nata la collaborazione con Grillo?
In maniera assolutamente casuale: nel 2004 scrissi il brano Un Grillo per la testa e lo feci girare un po’ per il web, finché un giorno sono stato contattato da Grillo in persona che mi chiedeva se poteva utilizzare quel brano per il suo spettacolo. Ma erano altri tempi, facevo una musica diversa ed ero ancora un ragazzo pieno di speranze ed aspettative.

Siamo in una situazione socialmente piuttosto complicata. Secondo te quanto un artista può e deve esporsi in questi momenti. Quanto la musica può dare voce alle difficoltà o quanto invece deve essere evasione?
Secondo me la musica non “deve” niente. Un artista, in questo caso un cantautore, è un uomo in primis, che vive in un contesto socio-politico dal quale non può prescindere, ed allo stesso tempo vive realtà interiori molteplici e spesso contrastanti. Il suo destino è quello di ascoltare il proprio cuore, e cercare di tradurre in musica le storie che di volta in volta esso gli racconta. Quando le sue storie arrivano a toccare il cuore degli altri, allora ha fatto un buon lavoro.

Il disco è sostanzialmente autoprodotto, nel senso che è pubblicato dalla tua stessa casa discografica. Come mai hai deciso di fondare una tua casa discografica? E quali progetti stai seguendo oltre ai tuoi?
La Gas Vintage Records è nata per dare spazio a delle realtà artistiche che trovo interessanti e stimolanti. L’ultimo lavoro che ho pubblicato è Discoverland, il nuovo progetto di Pier Cortese e Roberto Angelini.

Qual è il tuo rapporto con la tecnologia, con i social network? Cosa ne pensi come mezzi di promozione e di diffusione della musica?
Il mio rapporto con la tecnologia in generale è abbastanza tribolato, e questo è un altro motivo per cui ho scelto di tornare al folk acustico. Sicuramente i vari social danno una possibilità di farsi conoscere a tutti, e se questo da un lato è positivo, dall’altro crea una jungla di gruppi nuovi e artisti emergenti dentro la quale spesso è difficile orientarsi. Continuo a credere nei concerti, che regalano emozioni che non si possono downloadare.

Dopo di te – Preview

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