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Kumoyo Island – Kikagaku Moyo

Kikagaku Moyo - Kumoyo IslandAl quinto album lo schema geometrico della band nipponica affina le coordinate per una perfetta sintesi di stili, dalla psichedelia occidentale degli anni ’60 alle radici ancestrali dell’estremo Oriente, macinando generi e influenze in un viaggio che annulla le distanze tra mondi lontani. Lo si sente subito nel fraseggio antico del sitar di Monaka che dialoga col black funky di chitarre che ben avrebbero accompagnato le avventure del primo Lupin, mentre tutto va a rotoli in una discesa lisergica che risale alla swingin’ London e conduce al ballo dal basso ronzante e inquieto di Dancing Blue su cui ondeggia il canto androgino di Go Kurosawa, prima di finire in loop a beneficio di percussioni tribali e luminose aperture di chitarre e cori. Dai vapori biancastri di un mare tropicale emerge come un canto di sirene l’ipnotica psichedelia di Effe per raggiungere spiritualmente una vecchia jam dei Grateful Dead e navigare verso Sud a incontrare la melodia carioca di Meu Mar (scritta dal brasiliano Erasmos Carlos assieme al più famoso Roberto nel 1972), che con la sua avvolgente malinconica coralità omaggia a un tempo l’intimismo di Astrud Gilberto e la minimale grandiosità di Jobim. La stessa cui mira lo space rock di Cardboard Pile che scuote le frequenze con le sferzate elettriche di un vorticoso crescendo, per atterrare nel mezzo di una marcia di fanfare su una galassia lontana lontana, tra laser colorati e rombi di rullante. Si torna all’infanzia con la dolce filastrocca Gomugomu e il suo folk rumoristico e arioso, di loop vocali e raddoppi di chitarra, per poi continuare a sognare tra i ritmi immateriali e le tastiere nebbiose di Daydream Soda, abitate dai suoni di creature fantastiche, crepitii e incantesimi, da cui esplodono come pistilli appuntiti le chitarre pulsanti di Field of Tiger Lillies. Uno stralunato hard rock informa la poesia nipponica di Yayoi, Iyayoi che si gonfia nel riff epico della coda come nelle migliori prove dei Motorpsycho. E dalla Scandinavia si torna in Brasile per la morbida bossa nova di Nap Song, le sue voci sommesse ed ebbre al tramonto mentre un calmo corso d’acqua avanza dorato tra le fronde di una giungla pura e silenziosa. Da lì penetriamo nella cella più remota di un tempio interiore per dissolverci nei droni accecanti di Maison Silk Road, immersi in bagliori luminosi come il capitano Bowman di 2001 Odissea nello spazio che attraversa l’intero cosmo per ritrovarsi in immota contemplazione di sé. Ed è precisamente questo il senso del viaggio dei Kikagaku Moyo, il fine ultimo di una perfetta geometria.

Credits

Label: Guruguru Brain – 2022

Line-up: Go Kurosawa (vocals, drums, recorder, percussion, guitar) – Tomo Katsurada (vocals, guitar, percussion, cello) – Kotsu Guy (bass guitar, guitar) – Daoud Popal (guitar, percussion, drums) – Ryu Kurosawa (sitar, keyboards, synthesizers, piano, organ, backing vocals)

Tracklist:

  1. Monaka
  2. Dancing Blue
  3. Effe
  4. Meu Mar
  5. Cardboard Pile
  6. Gomugomu
  7. Daydream Soda
  8. Field of Tiger Lillies
  9. Yayoi, Iyayoi
  10. Nap Song
  11. Maison Silk Road


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