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Non ci aspetta nessuno (se non miliardi di foto) – Riccardo Ruggeri

WebCon Io non sono figlio di Maria, al ritmo trascinante di un pop elettronico che ricorda gli Amari di Le gite fuori porta, si apre l’album di esordio di Riccardo Ruggeri (già attivo con Lomè, Syndone, Lavatrici Rosse e Gibilterra), che intona col suo timbro chiaro e sottile le prime strofe mettendo in campo un campionario di variazioni sul tema, che lascia solo intravedere le possibilità della sua preparazione versatile, in un contorno di coloriture vocali che si confondono con gli strumenti, suonati o programmati che siano dallo stesso autore, che solo in alcuni brani si avvale di significative collaborazioni. La seguente Le formiche è costruita su un loop vocale dal quale si diparte una serie di interventi strumentali di commento al testo, declamato con la cadenza di una filastrocca per bambini, che cresce come un coro polifonico stratificato, con continui cambi di prospettiva e collisioni tra i generi musicali, impensabili come l’incontro tra Kiss me Licia e Saddam Hussein. Un POPulista si agita sul battito incalzante di un set di fiati circensi, arrangiati da Ruggeri assieme a Charles Ferris dei Fanfara Station, che sfocia in un ritornello che al grido di “capra, capra, capra” elenca le parole d’ordine della comunicazione politica grottesca e falsa di questi tempi miseri. Un pattern da pop indiano accoppiato a una chitarra spagnola racconta le strofe di Dalì, che si apre in un refrain di melodia urlata in cerca di sfogo, senza smarrire la sua vibrazione caliente. Zero e la dittatura degli algoritmi si muove pericolosamente ai margini della trap dove trova un riff dai bassi robotici e danzerecci, col contributo di Luca Bertinara, che frantuma la melodia in rivoli di flussi sintetici, che si condensano in una pulsazione funky inarrestabile. Banditi discende invece dalle vette andine degli Inti-Illimani per incrociare le strade polverose pestate dagli stivali di Butch Cassidy, ritrovandosi poi nelle dinamiche adolescenziali delle nostre metropoli, il cui suono oscuro si gonfia nel rombo del sottosuolo che offusca il più classico dei fischi alla Morricone. E dal cinema western si passa infatti alla periferia urbana di Pharmakon che sguazza nel groove black dei Casinò Royale, ma anche di certo Pino Daniele con lo sguardo rivolto agli Earth, Wind and Fire. Aggiunge sensualità a questa miscela già ricca la partecipazione di Emma Elle col suo dolce timbro soul, energico e delicato. Si fugge tuttavia, eppure Giovinezza denuncia coi suoi scampoli di canto scat la formazione jazzistica di Ruggeri (vale la pena di ricordare a riguardo le sue collaborazioni con  Louis Sclavis e Patrizio Fariselli, tra gli altri), che si affida per le parole a tremori colloquiali e gonfiori elettronici nati dagli esperimenti del duo Le Lavatrici Rosse. Quelli, sintetici e destrutturati, sui quali è costruito Giro giro tondo, monologo declamato a voce bassa, sulle orme di Big Bang di Tommaso Primo, che si interroga sul futuro dell’umanità e si chiude con l’inquietante citazione di HAL 9000 “morente” dopo che il capitano Bowman gli ha rimosso la memoria. Usciamo di nuovo dal cinema e accendiamo la TV per ascoltare Come dice Celentano, che ondeggia su un riffone hard rock che fa il verso agli AC/DC e ai grandi maestri del genere, perdendosi in un vortice di suoni magmatici in cui le parti parlate, ma anche certe scelte dei suoni, ricordano il Morgan dei Bluvertigo, mostrando quale potenziale ci fosse in quell’esperienza (che rimpianto!). Parte poi in sordina Bestemmiare, con dei coretti discutibili, ma trova man mano la carica in un crescendo gridato, montato su un arpeggio di marimba cui risponde una chitarra liquida in controtempo, col supporto di percussioni tribali da cui si lanciano gli accordi pieni dei synth. Ed è sintetico pure l’affastellarsi di voci in Notte insonne in Korea, che riesce nell’ardua impresa di far digerire l’odioso vocoder, in una costruzione armonica che avvolge una tenue melodia nascosta in un caos apparente in cui invece nulla è lasciato al caso, tanto che l’obiettivo raggiunto da Ruggeri pare sia proprio quello di “suonare la voce”.

Credits

Label: Vina Records / ADA Music Italy – 2022

Line-up: Riccardo Ruggeri (voce, chitarre, synth, produzione, beat) – Martino Pini (chitarre in “Banditi” e “Dalì”) – Charles Ferris (brass in “Un POPulista”) – Matteo Gallus (archi in “Pharmakon”) – Stefano Risicato (tastiere in “Un Populista”) – Emma Elle (voce in “Pharmakon”) – Carmelo Isgrò (basso in “Pharmakon”) – Max Tempia (tastiere in “Pharmakon”) – Giovanni Panato (chitarra in “Pharmakon”) –  Alessio Fiorese (batteria in “Pharmakon”) – Federico Marchesano (basso in “Come dice Celentano”) – Martino Pini (chitarra in “Come dice Celentano”) – Matteo Lorenzi (batteria in “Come dice Celentano”) – Andrea Pieragostini (synth in “Zero”) – Andrea Beccaro (batteria in “Le Formiche” e “La Giovinezza”)

Tracklist:

  1. Io non sono figlio di Maria
  2. Le formiche
  3. Un POPulista
  4. Dalì
  5. Zero e la dittatura degli algoritmi
  6. Banditi
  7. Pharmakon
  8. Giovinezza
  9. Giro giro tondo
  10. Big Bang
  11. Come dice Celentano
  12. Bestemmiare
  13. Notte insonne in Korea

Link: Sito Ufficiale

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