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La musica è in crisi da vent’anni – Intervista a Claudio Gnut

Gnut. live, Pio Monte Misericordia, Napoli - Foto @ Alessio Cuccaro

Dopo l’ascolto della versione corale di Vola colomba, pubblicata a sostegno della ricerca per una cura contro il coronavirus, abbiamo raggiunto Claudio Gnut per una lunga intervista in videochiamata sull’attuale drammatica situazione, con gli annessi riflessi sul mondo della musica, ma anche sui suoi numerosi progetti in cantiere.

Mi hai chiesto prima di iniziare di non farti domande difficili e allora dimmi, come vivi questa separazione forzata da Alessio Sollo?
[risate] … ci sentiamo comunque tutti i giorni. Mi manca condividere il palco, suonare con lui, stare insieme, però diciamo che ci sentiamo e ora ci sono pensieri più importanti. La quarantena è arrivata proprio all’inizio della fase di missaggio del Live del concerto al Pio Monte della Misericordia; abbiamo preparato anche un reportage video, ma purtroppo siamo rimasti bloccati a casa. Il progetto prevede una selezione dei brani, da pubblicare anche in vinile intorno a settembre, in ogni caso prima del mio nuovo album da solista che “era” previsto per il prossimo autunno.
Ora è veramente difficile fare previsioni.

Ah, è così che annunci ben due nuovi lavori, un live e un album di inediti?
Sì, sarà il mio quarto album come Gnut, il primo sette anni dopo Prenditi quello che meriti, e dopo l’EP Domestico, fatto in casa. Lo produce Piers Faccini con la sua etichetta e lo sto registrando in Francia. Sono le prime canzoni che ho scritto con Alessio: credo siano le migliori canzoni che ho scritto negli ultimi sei o sette anni. Canzoni che non sono finite ne L’orso ‘nnammurato e in Domestico: due lavori in cui sono rientrati i brani scartati da questo progetto.

Scartati?
Scartati per la quantità eccessiva di pezzi inviati a Piers, erano circa quaranta; dovendo sceglierne una decina abbiamo selezionato con lui quelli che ci piacciono di più. Ma naturalmente ero molto legato anche alle altre canzoni, per questo abbiamo trovato come escamotage la pubblicazione prima dell’EP e poi del libro disco insieme a Sollo. Abbiamo ancora molto da lavorare, siamo arrivati circa a metà della fase di registrazione, inciso le linee guida della mia chitarre, completato le batterie, suonate da Simone Prattico, stiamo continuando a lavorare anche un po’ a distanza, Piers sta inserendo le sue parti di chitarra e coloriture nel suo stile, ma chiaramente sono cose non semplicissime. Avremo in definitiva una formazione ridotta, con Michele Signore, come al solito al violino, mandolino e mandoloncello, Ilaria Graziano ai cori, e Alessio Sollo che sarà presente con alcuni testi. È un album a cui tengo molto, è completamente inedito, non ho mai eseguito nulla neppure dal vivo, lo custodisco gelosamente da sei anni in cassaforte.

Vola Colomba, parlaci del progetto, com’è nato, come hai messo insieme la squadra e che riscontro avete avuto anche in relazione al sostegno alla campagna di raccolta fondi in favore della ricerca, promossa dall’Ospedale Cotugno di Napoli.
Si tratta di un progetto a cui ho lavorato appena iniziata la quarantena e che mi ha tenuto impegnato per le prime due settimane a tempo pieno. Ho fatto una ricerca per trovare un brano classico italiano che avesse determinate caratteristiche, un testo spendibile per raccontare la separazione, la lontananza, e che fosse una melodia nota anche ai nostri nonni, visto che gli anziani sono i più colpiti dall’epidemia. Mi ha invece stupito il fatto che nessuno abbia sollevato obiezioni quando gli ho proposto di suonare questa canzone, mi ero anche preparato un discorso per giustificare questa scelta ma non è stato necessario, tutti hanno subito detto sì. Per mettere insieme il gruppo sono andato letteralmente a scorrere la mia rubrica, invitando un po’ tutti quelli con cui avevo suonato e collaborato in varie forme nel corso della mia carriera. Ne è venuta fuori una versione corale che ha avuto un ottimo riscontro. L’idea di sostenere la campagna del Cotugno, invece, è venuta solo in un secondo momento, ne avrei fatto una cosa mia, ma poi ci hanno invitato a partecipare per incentivare le donazioni e ci è sembrato giusto aderire, quindi non saprei dire quanto la canzone possa aver inciso sulla raccolta fondi.

Torniamo all’interprete della versione originale, Nilla Pizzi: non è proprio il primo nome che verrebbe in mente … già che ci siamo parlaci della musica che ascolti, ci sono altri insospettabili?
Beh, chiarisco che non ascolto abitualmente Nilla Pizzi! Ho fatto una ricerca mirata, mi sono imbattuto anche in Si può dare di più, ma non avrei saputo renderla in maniera elegante. Tra i miei ascolti attualmente sto approfondendo la versione di Era de maggio resa da Roberto Murolo, dato che mi hanno chiesto di suonarla per la colonna sonora di un documentario per la regia di Iacopo Patierno, prodotto da Jacopo Fo.
E poi è stato molto importante il viaggio fatto quest’estate negli Stati Uniti, dove sono stato per 40 giorni visitando 16 stati, storici studi di registrazione, la casa di bluesman famosi con Muddy Waters o Robert Johnson, ascoltando molto blues acustico del delta del Mississippi, ma anche posti come New York li ho trovati musicalmente esaltanti. Sono tornato carico di musica che ho cominciato a riscoprire anche qui, ad esempio i primi album di Bob Dylan di cui sto traducendo alcuni testi. E poi in generale ascolto quello che mi capita, avendo sempre attenzione al blues, alla tradizione napoletana, al folk e alla musica africana.

Quali sono i riflessi del lockdown sulla musica?
Questa è chiaramente una situazione che nessuno si aspettava e che ci ha colti impreparati, creando problemi in molti settori, anche più gravi di quelli che vive ora il mondo della musica. Un mondo che purtroppo è in crisi da almeno vent’anni, da quando si è iniziato a mettere la musica gratis in rete, con dinamiche nelle quali i musicisti sono spesso coinvolti senza pensare alle conseguenze. Ce ne rendiamo conto ora che i live, che sono per molti la principale fonte di sostentamento, sono fermi e non si sa quando e come potranno riprendere. Anche se ci divertiamo a suonare, a stare sul palco, non bisogna dimenticare che questo è il nostro lavoro e che la musica ci permette di vivere. Mi auguro che alla fine di questo periodo si trovi una soluzione per garantire alla nostra categoria maggiori diritti.

Parliamo allora dei tuoi live: ti abbiamo seguito da solo, con Sollo e in full band al Pio Monte, c’è una dimensione live che preferisci e quali sono le difficoltà di suonare in full band?
Il problema di suonare in full band è legato fondamentalmente alla mancanza di spazi adeguati, per capienza e dotazione tecnica, ad ospitare gruppi composti da molti elementi, ma c’è anche una questione di caché, che naturalmente crescono, dovendo garantire il giusto compenso a tutti i musicisti. Per questo è più facile che io suoni in formazioni ridotte, se non da solo. Col tempo mi sono un po’ abituato ad esibirmi da solo e spesso in posti inadeguati, con un pubblico che non è veramente interessato all’ascolto e che certo non mi aiuta a trovare il giusto feeling. Noto però con soddisfazione che progressivamente il mio pubblico si è fatto più attento e riesce a seguire meglio che in passato il mio modo di fare musica. Questa cosa mi fa sentire veramente fortunato.

Il tuo modo di fare musica ci porta a parlare del processo creativo. Qualche giorno fa Sollo ha scritto un post a proposito della canzone ‘Na jurnata ‘e sole? :”La musica di questa canzone ce la donò l’amico geniale e internazionale Piers Faccini. Ricordo che ci inviò una versione cantata da lui dove proponeva suoni che imitavano la lingua napoletana.” Ci avete lavorato come Battisti e Mogol, com’è andata quella volta e come funziona di solito?
Beh, quella volta è andata proprio così, ed è stato divertente iniziare a lavorare su una melodia già pronta, cercando in maniera onomatopeica e scherzosa un’assonanza col napoletano, senza sapere sin dall’inizio di cosa avremmo parlato. Un procedimento ben diverso da quello messo in campo con Alessio Sollo, che mi fornisce testi per i quali imbastisco musiche e melodie. Però è necessario e stimolante provare nuove soluzioni, perché non c’è e non può esistere un metodo sempre valido per esprimere la creatività.

Questo ci porta al progetto “Controvento Music Lab”, una vera e propria scuola con un programma molto interessante e articolato, vuoi raccontarcelo?
Sì, è un progetto complesso, diciamo che negli ultimi anni mi è stato proposto più volte di organizzare corsi di scrittura, soprattutto da Gianluca Capurro che insegna da anni chitarra alla Musicisti Associati, a Napoli. Poi, “approfittando” del particolare momento, ho pensato di partire con delle formule online, per gruppi ristretti di partecipanti. La cosa ha avuto una risposta entusiastica e quindi, anche grazie al suggerimento di Marco Caligiuri, abbiamo pensato di ampliare l’idea iniziale creando una sorta di scuola, che abbiamo chiamato appunto Controvento Music Lab. Avremo un’offerta diversificata, che coinvolge persone fidate con le quali collaboro, ci saranno Michele Signore con il quale stiamo valutando dei corsi sulla musica popolare, sull’armonia e sull’orchestrazione, Alessio Sollo con dei laboratori di scrittura creativa, ma anche Giuseppe Innaro, un tecnico del suono che farà un’introduzione all’home recording. Più che una lezione frontale da impartire, immagino un laboratorio con un modulo di circa un’ora e mezza, in cui la prima parte sarà più discorsiva e affronterò temi come la nascita e la storia della canzone, metodi di composizione come quello della coppia Battisti Mogol, di cui dicevamo prima e nella seconda parte dedicare attenzione e ascolti alle canzoni dei giovani partecipanti troppo spesso ignorati da discografici e dai media.

E per concludere, parliamo di un altro progetto: I Balsamo.
Quello dei Balsamo è un side-project che risale a circa 8 anni fa quando fui invitato all’Angelo Mai a Roma, in occasione di una rassegna in cui era richiesta la riproposizione dal vivo di un intero album (ci sono poi tornato l’anno scorso presentando Terra mia di Pino Daniele), allora pensai di presentare Nevermind dei Nirvana, suonando il basso e accompagnandomi con Gino Fastidio per voce e chitarra e Johnathan Maurano alla batteria. Poi Gino, che conosco da una vita ed è un personaggio imprevedibile e meravigliosamente ingestibile, cominciò a cambiare i testi cantando in napoletano, per cui ricordando la storica band degli Shampoo, che rifacevano il repertorio dei Beatles in napoletano, ho pensato che i Nirvana napoletani avrebbero potuto chiamarsi Balsamo. Da allora ci esibiamo occasionalmente, perché non riusciamo mai a liberarci dagli altri impegni che portiamo avanti assiduamente, così anche un disco che avevamo pensato di pubblicare resta per ora incompiuto. Ogni tanto uno di noi prova a occuparsene, ma sempre quando gli altri due sono invece immersi in altre attività, chissà forse un giorno ci riusciremo. Comunque ci ritroviamo sempre perché ci divertiamo tantissimo nei live, sebbene non sia facile stare sul palco con Gino, non sai mai cosa farà, a volte è capace di urlare per l’intera durata del set e dobbiamo difenderci coi tappi nelle orecchie.

In bocca al lupo, allora, speriamo di sentire presto questo e gli altri progetti che hai in cantiere.
Grazie è un piacere parlare con voi di LostHighways, vi seguo sempre e siete i migliori.

Un’intrusa si prende la libertà di chiosare in maniera informale quest’intervista speciale, del resto la quarantena ci insegna a non risparmiare più l’affetto e la stima. Bando alle ciance: Claudio, la redazione tutta ti vuole bene, per l’animo grande che hai e per la Musica meravigliosa di cui fai DONO. Sei un Talento, unico e prezioso. – Amalia Dell’Osso

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