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Alla ricerca di una piccola tregua: intervista a Paolo Cattaneo

cattaneo-ilaria-magliocchetti-09Seguiamo da anni questo cantautore bresciano, perchè crediamo nel suo modo di vedere la vita ed il mondo. Un modo poetico e raffinato di scrivere canzoni che affonda le radici nella nostra tradizione ma che riesce sempre a vestirsi e colorarsi di sfumature dal sapore internazionale più particolare. In occasione del suo quarto album abbiamo voluto approfondirne i temi portanti e le collaborazioni che lo hanno caratterizzato. Paolo Cattaneo ci racconta la poesia di Una piccola tregua che tutti dovremmo ricercare quotidianamente. (Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi)

Mi è piaciuto tantissimo il concetto della piccola tregua. Possiamo approfondirlo? Forse potremmo parlare di un concept album…
Anche se questo disco non è nato come un concept, tutti i brani perseguono l’idea di cercare, anche nella quotidianità, un’oasi di pace. Senza mai stancarsi di trovarla ovunque sia possibile.
Un altro leitmotiv all’interno dell’album è rappresentato dai ricordi, che non diventano mai rimpianti. Un passato senza nostalgia che rappresenta chi siamo oggi per vivere meglio qualsiasi percorso che ancora dobbiamo intraprendere.

Oggi il tuo sound sembra essere più denso di profondità elettronica. Quale ruolo ha giocato Matteo Cantaluppi nella produzione artistica?
Per questo album io e Matteo abbiamo deciso di partire dalle canzoni con solo voce e pianoforte (o chitarra a seconda del brano) così da potermi concentrare meglio sulle melodie, sui testi e sulla forma delle canzoni e lasciare a lui massima libertà di produzione e arrangiamento. Sono intervenuto aggiungendo strumenti acustici e orchestrali, ma solo una volta che i brani erano stati prodotti da Matteo con questo sound elettronico che stilisticamente sento molto rappresentativo. La sua produzione è come sempre fondamentale e l’esperienza insieme è stata anche molto coinvolgente. Rispetto a Thegiornalisti lo avrò reso sicuramente meno popolare… ma sono sicuro che si è divertito anche con me.

Mi ha colpito Due età in tempo, in particolare l’immagine di addormentarsi sulla sabbia calda, stare senza genitori, i costumi ad asciugare, un fuoco sulla spiaggia e le luci delle barche in lontananza… tutti l’hanno vissuto questo momento di piena libertà… come è nata questa canzone?
Tutti hanno vissuto momenti di libertà e di passioni, il brano è un’esortazione a riprendersi questi attimi anche da adulto, senza vivere i ricordi con malinconia ma rivedere i colori come allora perché, in fondo, nessuno ce lo impedisce… solo la nostra paura di essere grandi.

Come è nata invece Se io fossi un uomo che vede la partecipazione di Lele Battista?
Uno dei brani che amo di più proprio perché racconta con leggerezza l’abbandono della propria personalità di fronte al vero innamoramento. Solo i sentimenti profondi e veri sono capaci di purificarci e mostrare chi siamo veramente.

L’amicizia e l’amore possono essere i cortocircuiti del sistema vita. Il modo da parte dell’essere umano di fregare il tempo che passa?
Il tempo che passa non lo puoi fregare, ma può diventare tuo alleato.

Giuliano Dottori, Stefano Diana, Giovanni Peli ed Ettore Giuradei, ti va di approfondire i contributi di queste collaborazioni nel tuo disco?
Ho sempre cercato di collaborare con personalità diverse dalla mia, per contaminarmi, equilibrarmi e per maturare. Mi piace ascoltare le idee degli altri ed amo mischiarle alle mie. In loro ho trovato la genialità, l’estro, l’intelletto e la follia. Giuliano è un musicista incredibile e versatile, di grande gusto; ha suonato in uno dei brani più complessi dell’album, Due Età Un tempo, che ha subito molte modifiche in corso d’opera… ma la sua parte di chitarra è rimasta lì, elegante e speciale. Ogni volta che incontro Stefano e Giovanni mi regalano con il loro intelletto il QI che mi è sempre mancato. Ettore oltre ad essere un cantautore di razza mi ha insegnato ad essere più istintivo.

La tua musica in alcuni tratti è molto cinematica, si presta ad essere colonna sonora di un film. Tra l’altro nel 2014 hai scritto insieme al M° Mauro Montalbetti la colonna sonora del cortometraggio “Gallery A” del regista Ruggero Loria. Come è stata quest’esperienza? Quale film del passato potrebbe essere musicato da Una piccola tregua?
Scrivere la colonna sonora di un cortometraggio è un’esperienza molto potente, hai la possibilità con la tua musica di cambiare lo stato d’animo e le emozioni che ti possono trasmettere le immagini. Ho seguito tempo fa un corso di composizione per film a Roma con il M° Marco Werba ed uno degli esercizi era proprio quello di cambiare la percezione di una scena esclusivamente con la musica. Grazie al cortometraggio “Gallery A” ho avuto l’onore di poter lavorare insieme al regista Ruggero Loria e al M° Montalbetti con il quale condivido anche un’amicizia artistica che mi ispira e stimola a mischiare la musica con le arti performative. Nell’album ci sono due brani che sono stati influenzati sicuramente da film: Drive di Nicolas Winding Refn e Inception di Christopher Nolan. Sono sicuro che se li riguardi oggi dopo aver ascoltato il mio disco, ti accorgi subito di quali brani si tratta.

In questo periodo è uscito anche il disco di Lele Battista. Tre parole per recensirlo.
Coraggioso, intenso e raffinato.

Cinque canzoni che hanno maggiormente ispirato il tuo modo di scrivere canzoni.
– Jennifer dei Goblin
– Heat Miser dei Massive Attack
– Untitled #3 dei Sigur Ros
– Take me Somewhere Nice dei Mogwai
– Black Water di Apparat

Album – streaming

Trasparente – Video

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