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“Fiducia nella possibilità di riscatto dell’uomo. Forse”: intervista a LeLe Battista

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Autore, interprete, produttore. Ha collaborato, fra gli altri, con Morgan, Alessandro Raina, i Santa Sangre. Ha vissuto pure l’esperienza di Sanremo e dei tanto discussi talent (in veste di producer). Stiamo parlando di LeLe Battista, artista poliedrico e cantautore raffinato.
Con i suoi album, Le Ombre del 2006 e Nuove Esperienze sul Vuoto del 2010, ci ha incantati. Il 4 novembre del 2016 ha pubblicato Mi Do, Mi Medio, Mi Mento, un album che conferma le spiccate doti cantautorali dell’artista milanese. Il disco è uscito in collaborazione con la neonata Parola Cantata Dischi, etichetta che ha preso vita da un’idea di Mauro Ermanno Giovanardi (ex La Crus). Abbiamo fatto una chiacchierata con LeLe, facendoci raccontare un po’ il suo nuovo disco e non solo.

Mi Do, Mi Medio, Mi Mento arriva a sei anni di distanza dal tuo album precedente. Ci puoi raccontare cosa hai fatto in questi anni passati “dietro le quinte”?
Ho avuto la fortuna di lavorare ad altri progetti musicali e per la maggior parte di questi mi sono sentito coinvolto come se lavorassi a un mio disco. Per il resto ho fatto esperienze di vario genere, dalla televisione alla radio… insomma un sacco di cose che fortunatamente vanno contro la mia indole solitaria.

Sappiamo che collabori con Mauro Ermanno Giovanardi da diversi anni. Che cosa ti ha spinto a seguirlo in quest’avventura discografica con la Parola Cantata Dischi, tanto da affidare al tuo album il compito di inaugurare questa nuova etichetta?
L’idea è nata da Joe nel tentativo di creare uno spazio adeguato per Martinelli all’interno del mercato discografico. Partecipare al progetto Parola Cantata Dischi è stata una conseguenza naturale del rapporto che negli anni è cresciuto con Joe, il quale mi ha praticamente obbligato a portare a termine il mio progetto.

Parliamo della produzione dell’album. Abbiamo letto che questo disco è stato realizzato con lunghe jam session dove i musicisti potevano ascoltare i provini dei brani una sola volta, registrare e arrangiare in totale creatività. Questa sorta di libertà creativa pensi che abbia rappresentato un valore aggiunto per l’album?
Sì, sicuramente. Avevo voglia di sperimentare sulla mia pelle un modo diverso di fare produzione. Ho scelto di farlo introducendo il “caos” come elemento fondante, liberando, in un certo senso, i musicisti dalla canzone e l’esperimento, per quanto mi riguarda, è riuscito.

Ascoltando il brano Un Casino Pazzesco, primo singolo estratto da Mi Do, Mi medio, Mi Mento emerge la voglia di reagire, di non farsi barbarizzare dalla società. Sbaglio se lo vedo come una sorta di chiave di lettura per l’intero album?
Non sbagli. In effetti per tutto l’album scorre l’elemento dell’alienazione dell’essere dalla sua vera natura, qualsiasi essa sia. Permane, però, la fiducia nei confronti della possibilità di riscatto dell’uomo. Forse.

Mi do, Mi Medio, Mi Mento è un album ricco di collaborazioni. Ce ne vuoi parlare?
È un lavoro corale, nel quale sono entrate vecchie e nuove conoscenze, a partire da Giorgio Mastrocola, mio storico amico e collaboratore, per finire con Leziero Rescigno, magistrale produttore artistico, e a tutti gli autori e i musicisti e i tecnici che vi hanno partecipato.

Ti conosciamo come autore, interprete e anche come produttore. In quale veste ti trovi più a tuo agio?
Mi piace alternare le cose. Chiaramente il mio progetto rappresenta per me uno sforzo e uno sfogo che mi provocano ogni volta uno “Sturm und Drang” pazzesco dal quale mi riprendo più o meno ogni sei anni.

A proposito della tua attività di produttore, cosa deve avere un artista per colpirti tanto da convincerti ad investire nel suo progetto?
Unicamente il mio gusto e l’idea di trovare una direzione precisa quando vedo del potenziale artistico in un talento.

Negli ultimi anni si sta assistendo ad una sorta di sdoganamento della musica cosiddetta “alternativa”. Sempre più artisti considerati indipendenti decidono di partecipare al festival di Sanremo (Giovarnardi, Bluvertigo, Afterhours, Malene Kuntz, per nominarne alcuni) o prestano le loro conoscenze ai talent show (l’esperienza di Morgan ad X-Factor e Amici, seguito di recente da Manuel Agnelli nel talent di Sky). Stando alla tua esperienza, prima al Festival con i La Sintesi poi a X-Factor in veste di producer, pensi che questi siano davvero mezzi validi per diffondere un certo tipo di cultura musicale?
La mia esperienza mi ha solo fatto capire che esiste una differenza molto netta tra ciò che avviene in televisione e ciò che invece è accaduto, accade e continuerà ad accadere nella scena musicale.

Concludiamo chiedendoti se avremo modo di godere di Mi Do, Mi Medio, Mi Mento anche dal vivo?
Stiamo lavorando a un’idea di tournée alternativa per portare questo sound da club nei teatri.

Mi do, Mi medio, Mi mento – streaming

 

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