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A metà strada tra l’ansia e il sogno: intervista agli Abulico

abulico_inter01Esistono due modi di guardare la realtà. L’immaginazione, la speranza, il sogno appunto. Oppure una certa attitudine ansiogena, in cui tutto sembra sempre essere compromettente. Gli Abulico, con il loro disco d’esordio, Behind, mostrano come queste due modalità possano non solo convivere, ma anche frammistarsi fino a confluire in un’unica desinenza: la fuga. Anche questa con una doppia natura. Una ancora più immaginifica rispetto ad un’altra più tormentata. LostHighways si ferma con questa intervista tra le verità di un’emergente realtà napoletana, con duplice curiosità. E quando un’anima si mostra polimorfa non possono che essere le sue diverse sfaccettature a diffondere le giuste risposte.

Abulico. Un nome decisamente particolare e ossimorico rispetto al vostro sound. Come nasce? Quanto è legato o quanto influisce sulle vostre produzioni?
Alessandro: Il nome Abulico nasce forse ancora prima del progetto stesso. In principio mi riferivo ad abulico come stato d’animo; poi andando avanti è diventato sempre di più un termine che riusciva a spiegare in maniera insostituibile il nostro suono, i nostri percorsi tematici e la nostra attitudine sia malinconica che a volta direi ansiotica e rumorosa.

Behind è il titolo del vostro primo disco. Fin dal primo ascolto, ho potuto scorgere due anime distinte al suo interno: il folk da un lato, il rock dall’altro. Quale delle due pensate sia più rappresentativa degli Abulico?
Alessandro: Questa doppia attitudine di cui parli nasce dal fatto che tutti noi abbiamo ascolti che provengono da radici differenti e convergono nella nostra identità musicale. Io ad esempio sono cresciuto con i Beatles e con il brit pop, passando poi agli ascolti più intimisti del folk inglese e americano fino ad arrivare all’indie rock attuale. Per quanto mi riguarda ti direi che l’anima folk del progetto Abulico è insostituibile, perché è da essa che nascono i brani: canzoni folk pronte a mettersi in discussione, pronte a farsi stravolgere completamente.
Baba: Generalmente le idee che nascono unicamente dalla chitarra acustica e dalla linea vocale vengono portate in sala e riviste. L’attitudine rock è fortissima specialmente negli arrangiamenti, complici le influenze americane di artisti come Foo Fighters o Interpol.
Jonathan: allo stesso modo io sono cresciuto tra il punk di mio fratello maggiore, i dischi degli anni 70 di mia madre non solo rock, ma anche folk e pop e mia cugina oltre a regalarmi Nevermind dei Nirvana, mi propinava cassette di Battiato che divoravo voracemente… e per di più vengo da un gruppo metal! Credo, perciò, che non sia definibile un’anima rappresentativa del gruppo, piuttosto ritengo che si alterni di volta in volta il predominare di una sulle altre.

Questa diade trova traduzione negli stessi testi. Il dubbio, la paura che tutto frena si alterna ad uno sguardo più ottimista, una speranza capace di rinnovarsi. Me ne parlate?
Alessandro: sono tre le tematiche essenziali di questo disco: il dubbio, l’ansia di non riuscire a vivere come si vorrebbe in un contesto che non ti rappresenta, e le due vie di fuga a questo stato d’animo, ovvero l’amore come strumento che ti dà forza e coraggio e il sogno, via di fuga per eccellenza.

abulico_inter03L’inglese come lingua per raccontarsi. Le influenze nettamente british. Mi raccontate la vostra storia e come siete approdati a queste scelte? Vi siete mossi sempre in questa direzione?
Baba: È inevitabile scrivere in inglese quando tutta la musica che ascolti, tutta quella che ti piace è prodotta oltremanica od oltreoceano. Il primo embrione degli Abulico era composto da me ed Alessandro come duo acoustic-folk, e si rifaceva molto ad artisti come i Turin Brakes, Elliot Smith, Nick Drake, che sono sempre stati gli artisti che maggiormente influenzano Alessandro nella fase di songwriting. Con Francesco alla chitarra, attualmente, le sonorità si sono arricchite di riverberi e riff tipicamente indie e radioheadiani, mentre Jonathan proviene da una scuola ben diversa e decisamente più loud, ma comunque da musica anglofona. Personalmente subisco molto il fascino della musica italiana, ma non penso saremmo capaci di cantare nella nostra lingua madre.

Per quanto riguarda invece la musica italiana, cosa vi piace? In cosa vi riconoscete e da cosa, al contrario, vi sentite distanti?
Alessandro: Metto Battisti tra i miei autori preferiti in assoluto, degli attuali sicuramente Bersani e Fabi, tra le band come non citare Il Teatro degli Orrori e Perturbazione?
Jonathan: E ancora Daniele Silvestri, Tre Allegri Ragazzi Morti, e anche Caparezza personalmente, per parlare della situazione odierna. Ma c’è anche tantissimo, quasi la maggioranza delle scelte musicali odierne, da cui ci sentiamo distanti, da Vasco tanto osannato, a tutte le nuove uscite di tipo “musica per le  ragazzine”… con tutto il rispetto per le ragazzine… con un cervello.

Molto bella la copertina del vostro disco d’esordio. Una città stilizzata in basso sulla quale aleggia un albero con le sue radici. A sovrastarla un uomo in caduta libera. Quale significato gli avete dato?
Baba: Risponde il nostro graphic designer, nonché amico e collaboratore della band: Andy. Lui ha curato ogni aspetto della grafica e ci aiuta nei live suonando Synth e chitarre aggiuntive.
Andy: Tutti gli elementi presenti della composizione mirano a ricreare uno scenario che comunichi i temi sui quali si fonda il disco. Ad esempio l’uomo che cade (anche citazione di un’opera fotografica di Dan Winters) può essere interpretato sia come uno stato d’ansia, sia come la raffigurazione di un sogno.

Gli Abulico e Napoli, vostra città di appartenenza. Com’è la scena indie-rock napoletana? C’è la reale possibilità di suonare, di allargare i propri orizzonti e magari emergere?
Alessandro: Ci sono un bel po’ di band interessanti, in alcuni casi anche delle belle amicizie. Noto però a volte una sorta di tentativo di imporsi nel proprio microcontesto, quando invece reputerei molto più proficuo per tutti riuscire a creare una sorta di SCENA trascinante.

abulico_inter02Un’ultima domanda. Cosa ascoltano gli Abulico? E cosa leggono? Traete mai spunto dalle vostre esperienze personali con le altre forme d’arte?
Alessandro: Devo ammettere che lavorando non ho molto tempo per leggere. In ogni caso posso dirti che Nick Hornby ha influenzato molto il mio modo di guardare intorno. Poi, e senza fare pubblicità occulta, posso dirti che mi occupo di portare avanti un’associazione a Napoli che tenta proprio di sviluppare il miraggio tra i vari colori dell’arte. In questo periodo in macchina e nell’Ipod mi capitano molto spesso The Dears, Interpol e Le luci della Centrale Elettrica
Baba: Io leggo molto ed ascolto molti dischi. Non credo però che le letture influenzino direttamente il tuo modo di far musica, se non per le emozioni che suggeriscono. I miei autori preferiti sono Neil Gaiman, Chuck Palahniuk, Charles Bukowski. Da un lato il sogno, dall’altro la ferocia del mondo reale. Un po’ come dovrebbe essere la buona musica.

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