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Lo strumento per navigare il mare dell’anima: intervista ad A. Gandola (Astrolabioanima)

Di vibrazioni della materia ed eterei respiri è fatta una musica che esplora, solca, lambisce e ghermisce l’anima, facendosi stella di puro suono per essere orizzonte e guida delle profondità che desiderano sentire. ASTROLABIOANIMA è il canto senza parole di due strumenti e di due anime in dialogo… e proprio tutta la ricchezza dell’apertura all’Altro è ciò che si trova in un progetto che è in realtà incontro. Ci mettiamo in ascolto di Alessandro Gandola per scoprire le sfumature create da due scintille che si intrecciano per viversi nella semplicità densa della curiosità e della creazione. Due bagliori che formano una sola luce ricca di colori ed echi, di voli e azzardi e aneliti, custode di infinite forme di bellezza e terra fertile da cui incanti si adergono.

ASTROLABIOANIMA. Dal greco, dall’antico che reclama memoria, dalle parole su cui scorrono i secoli lasciando tracce di senso, dal linguaggio che evoca e non cessa di dischiudere mondi… un nome. Le sillabe sussurrano e disegnano un’idea, con-vissuta da due artigiani-artefici-artisti del suono volti alle stelle, al reale vestito del sogno delle anime, al cielo, alle acque degli oceani, delle placente, dei corpi, degli abissi. Come nasce ciò che custodisce e dischiude questa parola-porta? Come si incontra ed intreccia la sapienza del fare di Alessandro Gandola con quella di Giovanni Sollima?
A Palermo due anni fa, sul set del documentario Camera segreta della regista Lavinia Longo ho conosciuto la fotografa Shobha. Mi disse: “tu devi incontrare mio cognato”. Due giorni dopo per sua iniziativa io e Giovanni ci siamo incontrati, in compagnia di Lavinia da allora testimone prezioso della vita di ASTROLABIOANIMA. Dopo poche parole di presentazione, le solite cose… un caffè… due convenevoli… Giovanni disse: dai, vediamo come suonano insieme i nostri strumenti. Li abbiamo presi e senza altre parole abbiamo cominciato a suonare, ci siamo fermati mezz’ora dopo. Lavinia era estasiata e continuava a rammaricarsi di non avere con sé una telecamera. Lì, così, è nato ASTROLABIOANIMA, ancora senza nome. Ancora non lo sapevamo, ma li c’era già tutto, non è nato un progetto, un’idea, c’era già tutto, con semplicità e naturalezza. Come si possono conoscere due musicisti se non suonando? Per noi è stato un dialogare attraverso i nostri rispettivi strumenti, intraprendendo un’esplorazione degli equilibri dinamici, dei timbri, degli incastri ritmici, delle linee melodiche, delle combinazioni fra le diverse sonorità, dalle più basse alle più alte, oltrepassando l’uso convenzionale: per esempio, usando i nostri strumenti, di natura melodica, come percussioni… In questo discorrere senza parole, in questa esplorazione, abbiamo scoperto un’affinità straordinaria a livello di espressione e costruzione musicale in un contesto libero da forme e concetti precostituiti. Per come lo vivo io, Giovanni è un’incredibile forza propulsiva, ha una gamma di espressione vastissima dal pianissimo al fortissimo ed è materico come il legno del suo strumento, un vascello che lui è capace di spingere sull’acqua con vogate poderose. È un partner ideale per la mia espressione che è più eterica, come lo è il mio strumento che si esprime attraverso il soffio, il vento. Quando suono cerco sempre di cantare o raccontare. L’improvvisazione per me non è mai astratta, deve sempre cantare o disegnare forme ritmiche che poi sono la mia forza propulsiva. Hai presente il film Hero? Il duello sull’acqua… quelle sequenze rappresentano quella che è per me l’improvvisazione: danzare slanciandosi nell’aria disegnando forme, per poi appoggiare di nuovo il piede e slanciarsi di nuovo… ecco, Giovanni è straordinario nell’offerta di possibili punti di salto per la mia improvvisazione. Quindi materia e vento che si incontrano sull’acqua, elemento lontano dal quale non posso vivere. Ovviamente questa è un’analisi a posteriori. Astrolabioanima non è un progetto, è un incontro fra due musicisti avvenuto nella completa sincerità dell’espressione di se stessi attraverso la materia musica.

Tante le vene che irrorano la carne di questo disco: il jazz, il rock, la musica barocca, quella popolare e minimale. Avete alle spalle un percorso di ricerca che si è mosso attraverso il tempo ed attraverso lo spazio… ne è nata “una raccolta di improvvisazioni compositive“. Improvvisazione e composizione, insieme creazione. Com’è stato farne esperienza immergendosi in un tempo condensato in tre giorni e in una casa? Tra il 18 e il 20 marzo del 2006 a Bellagio avete trovato un delicato e fecondo equilibrio dando vita a legami ed intrecci, ad una lega…
Ci eravamo già incontrati brevemente due volte a Palermo. Successivamente a Bellagio in casa mia, ci siamo ritagliati tre giorni di tempo per preparare un repertorio da concerto. Ho piazzato un microfono per ciascuno, il dat e il computer per registrare il materiale da elaborare in una seconda fase di composizione, ma questa seconda fase non è mai arrivata. È accaduto come al primo incontro, solo che questa volta l’intenzione era di preparare una serie di brani e così l’esplorazione alla ricerca di materiale “utile”, di cellule da elaborare poi. Senza che lo avessimo precedentemente deciso, questo viaggio ha seguito istintivamente un orientamento di composizione immediata. È come se, suonando nell’assoluta libertà espressiva e di ricerca, avessimo scoperto di muoverci spontaneamente all’interno di comuni geometrie compositive. Di fatto poche parole, a volte pochissime, e poi via si partiva, ogni volta da un foglio bianco. “Ora facciamo un pezzo evanescente” e abbiamo suonato il brano poi intitolato Evenescence. Dopo averlo suonato Giovanni disse “più evanescente di così!” . Sì, ci siamo anche divertiti moltissimo, quante risate dopo Vocal drum! Oppure dopo Star catchers, un brano che amo molto, lunga pausa di silenzio e Lavinia lo rompe a voce bassa dicendo “questo è un attentato!”, non ti dico l’esplosione di risate mie e di Giovanni! Quello che è accaduto la prima volta a Palermo lo abbiamo ripetuto per tre giorni, un’immersione completa nell’esplorazione delle possibili combinazioni dei nostri due strumenti. Semplicemente ogni volta si prendevano direzioni diverse. E ogni volta si riemergeva. Ed ogni volta era come ritornare da un piccolo viaggio, sorpresi da quello che avevamo trovato. Questa volta però era tutto registrato e Lavinia aveva con sé una handycam.

Lo scorso marzo, avete presentato questo progetto o anelito comune suonandolo, facendolo vibrare nel grande erg orientale tunisino. Il silenzio e la musica… un rapporto e un concerto a Timbain, le parole possono in qualche modo raccontare quest’evento? E dire quella relazione stretta, vitale?
Innanzitutto devo ringraziare l’associazione ” Il cammelo a 3 gobbe” senza la quale non sarebbe potuto succedere nulla. Bruna Panella e Franco Dragoni sono appassionati del deserto e da anni organizzano Il silenzio e la musica: viaggi e trekking nel deserto con performance musicali. E’ difficile raccontare con le parole, io l’ho vissuto in apnea. Tre giorni, dall’arrivo in Tunisia alla fine del concerto. E’ stata un’esperienza estremamente intensa, con vibrazioni altissime, ma anche molto fisica. Un po’ come le estreme escursioni termiche di quei luoghi. Per due giorni abbiamo esplorato sotto il sole, in lungo, in largo, in alto e in basso il Timbain per trovare la posizione migliore per il concerto, eravamo continuamente tesi nel percepire la risposta del luogo alla voce dei nostri strumenti. La nostra intenzione comune era quella di suonare “con” quel luogo straordinario e la nostra grande soddisfazione è quella di esserci riusciti. E’ accaduto con Timbain, la performance con la quale abbiamo concluso il concerto. In perfetto stile Astrolabioanima quel brano non esisteva prima che lo suonassimo e da allora non è mai stato ripetuto. Ma anche gli spettatori presenti stentano a credere che non lo avessimo preparato. Dovresti chiedere agli operatori delle telecamere, il panico che hanno provato quando abbiamo iniziato a camminare ognuno in direzioni diverse… niente era pianificato. E’ stato come per i brani del CD che sembrano composti prima e poi eseguiti. Ma per fortuna Lavinia, la nostra fedele testimone, ci ha seguito anche lì e questa volta con una troupe cinematografica ed ha girato un film/documentario dal titolo Astrolabioanima concerto al Timbain che tutti potranno vedere il prossimo autunno sul canale televisivo Classica tv (piattaforma Sky).

La purezza dei suoni è illuminata da una scrittura che prende forma nel bianco e nel nero, racconta dell’astrolabio o ghermitore di stelle, dello strumento più antico a cui l’uomo si è potuto rivolgere per non perdersi nel mare. Se quest’ultimo si trasforma in metafora dell’anima, la musica si fa (ri)conoscibile come lo strumento che rende navigabili le viscere dello spirito. La musica come possibilità, come luce che rischiara e riscalda, appare un’occasione di salvezza e viaggio, di cura e grazia. Il violoncello e il sassofono sembrano disvelare quest’essenza della musica…
Quello che io e Giovanni abbiamo fatto è stato dialogare, conoscersi l’un l’altro attraverso l’espressione musicale, senza barriere, a viso e cuore aperto, senza porsi né obiettivi né limiti specifici se non soddisfare una curiosità innata, sospinti dalla sorpresa e dal piacere di scoprire così facendo nuovi colori, nuovi territori, nuove combinazioni espressive. Di fatto le nostre anime si sono incontrate e conosciute navigando la musica in mare aperto. La musica è un linguaggio che comunica cose che la mente razionale non è in grado di concepire. Non essendo la mente in grado di riconoscere il messaggio musica, non è neanche in grado di distorcerlo in nessun modo e questo fa sì che la musica raggiunga direttamente l’anima. Così si spiegano le emozioni, le lacrime che salgono agli occhi, l’allegria piuttosto che la tristezza provocate dall’ascolto della musica. Se affermiamo che la musica parli il linguaggio dell’anima, possiamo di conseguenza affermare che attraverso la musica è possibile esplorare il mistero dell’anima. Da qui il nome Astrolabioanima, lo strumento per navigare il mare dell’anima.

Tu e Giovanni siete accomunati da un percorso aperto all’altro e alle altre arti, insieme avete partecipato al progetto di Shobha: Storia d’amore, una mostra, un libro, un dvd, prima ancora un workshop di fotografia per bambini con la sindrome di down. Una musica accompagna, la vostra. Cosa ha significato per voi abbracciare quest’atto d’amore e farne parte?
Senza la preveggenza di Shobha… Astrolabioanima non esisterebbe. Provo una profonda amicizia nei suoi confronti, subito dopo il felice esito del primo incontro fra me e Giovanni, lei ci chiese di realizzare la musica per Storia d’amore, ovviamente accettammo con grande piacere. Durante le riprese di Camera segreta ho assistito al workshop e fu un’esperienza veramente toccante, per questo fui molto felice e onorato di aver una piccola parte in una iniziativa meravigliosa come quella. Mi pare che a Shobha mandai tre musiche, delle tre lei ne scelse una e devo dire che quando vidi il montato immagini/musica mi venenro le lacrime agli occhi, ci sono delle foto che sono grandi poesie, d’altra parte l’iniziativa è una grande poesia d’amore.

Proprio la fotografia è quel che consideri il tuo secondo mezzo espressivo dopo la musica. Hai rac-colto i giochi della luce e le danze dei riflessi, gli incanti apparsi in un bagliore e le malie dischiuse dai raggi che attraversano e poi si rifrangono. Otto scatti hanno eternato la scintilla di un astro proiettata e distesa sulle pareti dal metallo del tuo sassofono. Una di queste poesie scritte con la luce è il volto di ASTROLABIOANIMA. Perché proprio questa pelle?
Astrolabioanima
è un incontro di due esseri che suonano e danzano e tutta l’esistenza sembra essere un gioco di riflessi, una danza di riflessi. Basta spostare un attimo il punto di vista nello spazio o nel tempo e le cose sembrano cambiare natura se non addirittura sparire. E’ un continuo fluire e quello scatto ha immortalato due rilessi, un incontro nella fluidità del movimento fra luce e materia fissato da uno scatto fotografico. Così come l’incontro mio e di Giovanni accaduto a Bellagio può essere letto come un riflesso all’interno di un fluido non solo musicale, fatto di luce e di materia, di chiaro e di scuro. Un istante immortalato su un supporto fonografico. Molte sono state le “combinazioni” che hanno portato alla venuta alla luce di Astrolabioanima, di certo non è stata una decisione a priori da parte di nessuno. È accaduto, così come è accaduto che l’argento del mio sassofono abbia incontrato il raggio di sole e lo abbia proiettato sulla parete.

Il tuo amore per la fotografia ha preso anche forma di suono. Hai composto ed eseguito le musiche che hanno arricchito Camera Segreta, una serie di documentari monografici per la regia di Lavinia Longo. Quindici diaframmi aperti sugli sguardi dei più grandi fotografi italiani contemporanei. Hai estrapolato la musicalità di queste anime e delle loro visioni. Qual è per te il rapporto tra suono ed immagine?
Dici bene, Camera segreta non è stato un lavoro sulla fotografia, ma su chi la fotografia la realizza ad altissimi livelli espressivi. Per me è stato un piacere emozionante, una fortuna ed un privilegio straordinario poter lavorare avendo come soggetto una tale bellezza e proprietà di espressione fotografica. Creando le musiche per Camera segreta, mi sono messo in relazione con l’immagine, ma non solo quella dello scatto fotografico. Ho partecipato a tutte le fasi del processo, dalle riprese al montaggio, lavorando a stretto gomito con Lavinia. E’ stato un lavoro incredibilmente interessante. Il suono e le immagini sono due universi che vivono di vita propria, ma quando entrano in relazione in una combinazione appropriata si esaltano a vicenda in uno spettro che va dalla delicatezza alla potenza. La delicatezza di una foto, introdotta con un morbido fade in e accarezzata da un piccolo grappolo di note soffiate, può far salire le lacrime agli occhi. Con le mie musiche volevo esprimere sia il lavoro artistico che la personalità del fotografo, ma le stesse dovevano far parte della narrativa del documentario. Così prima di creare le musiche parlavo a lungo con Lavinia del fotografo, delle fotografie, di quelle che erano le sue sensazioni e di quello che lei voleva raccontare. E’ stata una grande esperienza, gratificante, fortemente istruttiva, durata alcuni mesi, nella quale mi sono trovato a lavorare con persone di grande sensibilità e professionalità, cose che insieme non sono facili da trovare. Suono e immagine sono decisamente una combinazione espressiva incredibilmente potente. Trattate con esperienza e sensibilità possono raggiungere insieme dei livelli elevatissimi di comunicazione.

A proposito delle relazioni fra le varie dimensioni della bellezza, tanto tu quanto Giovanni vi confrontate sovente con altre arti, dal cinema alla danza, attraverso la musica. Il tendere a differenti forme di meraviglia, il rapportarsi a queste, ha nutrito i dieci slanci del “ghermitore di stelle”?
C’è stato uno slancio creativo, è stato un agire ma anche un assecondare qualche cosa che scaturiva dal nostro incontro. Non avevamo limiti di impostazione formale di alcun tipo e quello che scaturiva e nutriva il gesto creativo proveniva certamente da tutte le precedenti esperienze attraversate. La ricchezza in varietà deriva dal fatto che di volta in volta prendevamo direzioni diverse.

Ma non vi confrontate solo con altre arti, dialogate con l’Altro in senso ampio. Avete toccato e vi siete lasciati toccare da culture e luoghi, da echi e persone. Anche di questo sono fatti i vostri personali progetti, entrambi ne avete diversi…
Un’innata curiosità credo sia un altro elemento dell’incontro con Giovanni. Sì, ho attraversato molte esperienze con l’Altro, spinto dalla curiosità di conoscere e questo ti fa conquistare la capacità di suonare ascoltando l’altro. Forse è questa una delle chiavi che spiega la facilità di dialogo che c’è tra me e Giovanni. Così come è facile e istintivo il mio dialogo con Anupam Shobhakar, il più giovane Maestro di Sarod di tutti i tempi. Fra pochi giorni mi raggiungerà dall’India. Abbiamo in cantiere Orange sunset, un progetto nato a Mumbai, più o meno come ASTROLABIOANIMA. Ma questa volta il mio compagno di viaggio si esprime ad altissimi livelli attraverso la musica classica indiana e quello che accade è che in completa libertà riusciamo a dialogare, io europeo, lui indiano, senza snaturare però i valori antichi e straordinari della musica classica indiana.

Le radici possono dare o essere la linfa che nutre il cammino e il peregrinare, il viaggio e il volo. Penso al tuo Incanto (concept album dedicato al Lago di Como) e a Spasimo di Sollima (una musica per l’omonima chiesa di Palermo… teatro, lazzaretto, albergo dei poveri, ospedale, sifilocomio, luogo di fede ferito, nido di memoria). Si avverte sia in te che in lui un forte rapporto con la terra, con la casa, con l’origine e l’originario. Si avverte il suo diventare musica, il suo tracimare fino a farsi arte…
Ho iniziato prestissimo ad emanciparmi dai miei luoghi, da Bellagio, la piccola magnifica perla del lago di Como, angolo di paradiso. A tredici anni mi andava strettissima. Devo ringraziare i miei genitori che pur con grande fatica, hanno sostenuto la grande determinazione di quel ragazzino piccolo e timido. Unico tra i miei compagni di allora andai a studiare in città, a Milano e mi sono affacciato al mondo. Solo dopo molti anni mi sono reso conto di come proprio quei luoghi, quelle acque e quelle montagne da cui ebbi così forte e presto la necessità di allontanarmi, avevano contribuito in modo fondamentale alla formazione dell’uomo che ero diventato. In particolare diventai consapevole di come quella straordinaria bellezza naturale che mi ha circondato negli anni dell’adolescenza mi abbia dato un eccezionale imprinting che è poi ricaduto sulla mia espressione musicale. Con tutta la gratitudine di quella scoperta ho dedicato un cd al lago di Como e a mio padre ed è stato solo allora che mi sono davvero emancipato. Vivo le radici proprio come una fonte dalla quale attingo le energie per volare e viaggiare. Non sono legato e limitato al mio lago, le radici a cui attingo si trovano nell’immensa bellezza della natura, che sia in Brasile o in India o in Tunisia. Nel mio viaggio di ricerca fondamentale è stato lo studio del suono, l’essenza del linguaggio musicale, per risalire a ritroso lungo la radice dell’espressione musicale. Ma non ho seguito uno studio teorico bensì una ricerca pratica sviluppando l’immediatezza e l’istinto. Ho un grande e profondo rispetto per tutte le tradizioni musicali, sono radici profonde che più sono lontane dalla mia cultura più mi stimolano, con le quali mi piace misurarmi, sulle quali mi piace volare, cantare o raccontare con il mio strumento. L’ultimo incontro è stato con la musica classica Indiana, il precedente è stato con il Qawwali Pakistano, con il grande cantante Mahmood Sabri. Le radici per me sono fonte di stimolo ed energia creativa.

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Un solo commento

  1. Un disco meraviglioso Astrolabioanima. Avuto in dono dall’attenzione di chi si prende cura di me come nessun’altro. E poi le tue parole, Valentina, lo hanno legato al desiderio, al bello. Ora leggere questa conservazione mi ha preso le mani e mi ha condotta altrove. Ed è un altrove in cui è un vero piacere muovere passi. Ancora grazie Vale. E un immenso grazie ad Alessandro.

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