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Sono testardo e vado avanti: Ciro Tuzzi – Michele De Finis w/Paolo Benvegnù @ Mutiny 28/03/08

Per qualche mese ho aspettato l’arrivo del 28 marzo. È sempre un piacere accogliere qui a Napoli Paolo Benvegnù. È sempre un piacere ascoltare la sua musica, la sua poesia, le sue parole. In più, per me, questa serata è l’occasione di incrociare la strada di una compagna di viaggio, di dare un volto al suo nome, alle sue parole e un abbraccio.
La serata è interessante. Ad aprire Paolo Benvegnù, infatti, ci sono Ciro Tuzzi, voce e chitarra degli Epo e Michele De Finis, voce e chitarra de Il Vortice e di Rosso Smeraldo. Due voci e due chitarristi napoletani bravi ad aprire la serata nonostante un’acustica del locale sicuramente non buona. Il locale è pieno, dopo un po’ muoversi diventa un’impresa.

Ciro e Michele cedono il palco a Paolo Benvegnù e alla band. C’è un particolare che subito si nota: sul palco non c’è la batteria. Non si può, non si può chiamare un gruppo, farlo venire fino a Napoli e comunicargli che deve suonare solo con voce e chitarra, senza batteria. Non si può. Mi riferisco ad un gruppo che è in giro per l’Italia con il suo tour. Bisogna dare spazio alla musica, bisogna rispettare la musica e i musicisti. Non si può privare un musicista del proprio strumento, sarebbe come privare un essere umano dell’aria. Benvegnù è testardo e anche il gruppo lo è. Sono lì, tutti insieme a deliziarci con i brani tratti dall’ultimo lavoro Le Labbra. Scorrono Amore Santo e Blasfemo, La Schiena, La Distanza, La Peste, Il Nemico e altri brani tratti da Piccoli Fragilissimi FilmCerchi nell’acqua, Il mare verticale, Catherine.
Intanto, anche se con fatica, giro un po’ per il locale per realizzare il reportage fotografico, ma è dura. È dura muoversi, è difficile ascoltare i brani. Il locale, come ho già detto, è pieno ma purtroppo ci sono persone che invece di ascoltare parlano tra loro. Già l’acustica rende difficile l’ascolto, se poi ci si mettono anche le persone a parlare allora diventa un danno non indifferente… non si capisce niente. Anche Benvegnù chiede silenzio nel momento in cui si avvicina al pubblico ed inizia a cantare senza microfono, accompagnato solo dalla sua chitarra e ad un certo punto grida: “Zitti…Cazzo!”. Una delle sue caratteristiche è proprio quella di mescolarsi tra il pubblico e cantare solo con la chitarra, come se ci trovassimo tutti intorno ad un fuocherello. Benvegnù affascina, incanta, travolge, ci trascina nel suo mondo, tra le sue parole e solo chi l’ascolta lo sa. È incredibile, ma ad un certo punto non riesco a sentire più niente. Dietro di me c’è un gruppo di ragazzi che parlano dei social network… incredibile, riesco a sentire bene quello che dicono ma non sento Benvegnù. Chiedo loro di fare silenzio senza alcun risultato. Me ne frego della loro indifferenza e mi avvicino per spiegargli che sono lì per ascoltare il concerto di Benvegnù e sicuramente non per ascoltare le loro chiacchiere. Non riuscivo a crederci… ai limiti dell’immaginazione, non riuscivo nemmeno a sentire più i brani ed è stato in quei momenti che ho pensato al D-Day, la rassegna musicale che si tiene a Milano e all’intervista che Fabio Bonfante ha concesso a Roberta per LostHighways e, in particolare, ho ricordato un passo dell’intervista: “Per noi è una questione di Cultura. Di Educazione, Rispetto e Cultura. Di rispetto verso gli altri, fondamentalmente, e verso se stessi. Di Educazione all’ascolto. Di rispetto verso un lavoro che troppo spesso viene visto come hobby. Ho assistito a concerti dove la gente, spalle al palco, chiacchiera e poi si gira ad applaudire a fine brano, ma non ha ascoltato nemmeno una nota. Io e gli altri che, bene o male, andiamo a vedere parecchi concerti, o comunque siamo dei mezzi addetti ai lavori, questa cosa non la sopportiamo più”.
Parole che rispecchiavano quella situazione. Parole che fanno riflettere e che portano a chiedersi dove sia andato a finire il rispetto per la musica e per i musicisti. E l’educazione all’ascolto?… qui non c’è, purtroppo. La musica non può essere un compromesso. Fortuna che l’intero gruppo è affiatato e, nonostante la tensione, sa divertirsi e far divertire gli affezionati. Le Parole di Paolo, che si preoccupava soprattutto per i giovani che cercano di emergere, le custodisco dentro di me come un tesoro. Chi era lì per loro è tornato a casa con qualcosa in più, chi era lì per conoscere gente e basta non sa cosa si sia perso e auguro loro di potersi pentire presto perché hanno sprecato la possibilità di ascoltare il miglior gruppo della scena indipendente italiana.
Una persona doveva esserci, invece le coincidenze l’hanno trattenuta. Tra corse e difficoltà ha potuto scegliere di incontrare (ancora) la musica di Benvegnù alla Fnac, nel pomeriggio. Dalle parole che mi ha regalato in privato ho capito che l’ha vissuto forte, come un ascolto intimo permette: lei sapeva che non si sarebbe risparmiato. Dalle parole di Paolo ho capito che alla Fnac è stato magico, eppure lì c’è solo una piccola saletta… ma evidentemente c’erano persone presenti con tutta l’anima.
Un arrivederci a Paolo e alla band, sperando di rincontrarci in una situazione migliore. (Lost Gallery)

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Un solo commento

  1. sono d’accordo..è triste dirlo,ma è così!
    se la gente non ha più voglia di ascoltare la buona musica che non venga a rompere gli altri che invece ne hanno voglia.
    speriamo che benvegnù non molli davvero!

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