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Q.b. – Humpty Dumpty

Una bianca veste di carta ornata e scandita da figure di donna, un volto monocromo disturbato da macchie, linee femminee, richiama la pelle delle parole di Desmond Morris e in silenzio dichiara la gemma che impreziosisce i dodici canti che ammanta, li adorna un cristallo denso, di echi coagulati, di rimandi che con un luccichio portano altrove. Con indosso solo questo pendente, la musica annuncia uno dei suoi caratteri, il suo desiderio di provocare giocando, la lascivia con cui cede alle tentazioni delle suggestioni… da queste si lascia giocare, ma solo perché poi se ne possa servire per soggiogare. L’inchiostro rappreso in versi è fatto di risonanze e riflessi da ri-conoscere, stringe a sé il suono e, insieme, si fanno caverna per custodire l’eco delle onde nuove, un’eco che nasce dalla new wave mescolata alla nouvelle vague, dal bacio tra l’elettricità distorta e le visioni di amori estranei al dialogo. Quest’antro, le cui pareti sono parole e sonorità taglienti e seducenti, è un non-luogo di pensieri e missive, di sensazioni, di fili, di incontri senza carne, è un velo teso e sospeso tra Messina e Torino, tra il sentire di Alessandro Calzavara e Renato Q., è una lusinga da cui lasciarsi corrompere, una trappola in cui cadere, è un dono. Q.b., l’antro è anche questo nome, racconta l’essenza nuova di Humpty Dumpty, la scelta di incarnare la musica in una materia tangibile continuando a lasciarla essere libera, una libertà da offrire, una bellezza senza catene o lacci da donare e con-vivere con generosità. Q.b. racconta ancora di mantidi che hanno cominciato a divorare se stesse, di pericoli dalle fattezze di fiore, di uomini e donne, monadi condannate all’incomunicabilità, di fotografie che colgono una normalità grottesca, ignara dell’assurdo che la rende incantevole e spaventosa… racconta, manifesta, disvela, spietato per volontà. Nessun gesto che desideri asciugare lacrime, consolare o blandire con menzogne illusorie. Nessun pietismo. Nessuna commiserazione. Impera una crudeltà che sa quanto una ferita sappia essere cura… e questa crudeltà è musica: elettrica, acida, ipnotica, comunque capace di inebriare e inchiodare, di conquistare; è linguaggio: abrasivo, affilato, ruvido, comunque capace di fascinare ed irretire, di attrarre. L’ottica della misoginia viene scelta per riflettere l’anima femminile, il suo corpo, e in questi indagare l’uomo, è uno specchio forse deformante, volutamente deformante, in cui emergono le miserie, le sclerotizzazioni, lo squallore, facendosi evidenti, non più ignorabili, è una superficie che si rivela taglio che sa aprire, essere apertura. Il pessimismo viene eletto come principe sovrano e i suoi dettami sanno essere estremi, talmente estremi da infastidire e invogliare al contempo, provocazioni o forse stimoli, in ogni caso sfide che avvincono ed avviluppano, che seducono e ghermiscono.
Schopenhauer fra vecchie pagine ingiallite fa notare che è possibile ottenere i colori “strofinando un poco di spirito su di un qualunque vetro levigato” oppure farli apparire sulle bolle frutto di un’acqua mescolata al sapone, mezzo torbido perché impuro e non limpido. Tra i Gerani e la Fòrmica ci si ricorda d’improvviso che i colori nascono da una levigatezza violata da uno sfregamento, da un liquido caustico, dai cieli plumbei e dall’alcool mordace, dalla mancanza di limpidezza e purezza, dalle tempeste. In ascolto del grido dell’antro, si accetta la ferita, si accoglie la lama, coscienti del suo portare colori e cura… ci si lascia somministrare scudisciate scorgendo colare bellezza e poesia dalla mano che le impartisce.
Senti l’umidità? / Ho la profondità / Di una pozzanghera / Ho un segreto per te / Ho un disegno per te / Non sta in profondità / Non sta sul fondo, sta / Sulla pelle / Liscia e mutevole / Come in un rettile / Sulla pelle / Di una lucertola / A sangue freddo per te / Tutto è più semplice / Sulle mie cellule / Un tatuaggio una follia / Una macchia una poesia / Durerà un istante, poi / Si brucerà”. Di questo fuoco restano i versi di Philip Larkin trasformati in musica, la sua Sia questo il verso riversata in canto. Restano una fame di ricerca e le tracce delle sue evoluzioni. Restano il desiderio di una musica libera, gratuita, e le soluzioni per sottrarla ad un mercato che non la contiene più e tanto meno sa divulgarla. Restano gli incontri di uomini che in loro custodiscono il demone della creatività. Restano la voce di Rex (ex cantante dei Sonica), le mani e le anime di Chantalle, Silver Julio e Giuse Rossetti… e resta il loro essere accolte. Resta una musica buona che ha qualcosa da dire e la forza e l’eleganza per farlo. Restano ceneri indelebili e fertili, vive, memoria palpabile delle fiamme, segno di una vampa implacabile.

Credits

Label: None Records – 2008

Line-up: Rex (voce) – Silver Julio (basso, chitarra ritmica) – Chantalle (tastiera Casio, chitarra elettrica, cori) – Giuse Rossetti (basso, tastiere)

Tracklist:

  1. Valentina
  2. Caterina
  3. Sai Violetta
  4. Bobby Holiday
  5. Fòrmica
  6. Sia questo il verso
  7. Gerani
  8. Per noi
  9. Un weekend necrofilo
  10. Sulla pelle
  11. Barbablù
  12. Mr. Makake

Links:Net label for free download album;Sito Ufficiale,MySpace

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