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Dal fondo: intervista ai Petrol

petrol.jpgI Petrol hanno sorpreso tutti con il loro album d’esordio Dal Fondo. Il loro rock di atmosfere oscuro – riflessive ha segnato una nuova svolta, proponendosi come un universo valido e complementare a gruppi guida come Marlene Kuntz e Afterhours. LostHighways ha colto l’occasione di una chiacchierata con Franz (voce e chitarra), Dan (basso), Ale (tastiere) nel segno di un incrocio che possa costituire un’occasione di approfondimento e riflessione su uno degli album più pro-fondi del 2007, uscito sotto l’egida della nuova Officina creativa che è Casasonica.

La prima cosa che colpisce dei vostri brani è una costante propensione a portare l’ascoltatore in una dimensione riflessiva su se stesso rispetto alla società, mi riferisco in particolare a Il Nostro Battito Del Cuore, L’ultima notizia è la stessa di sempre e Nel Buio. Questo approccio è figlio di un concept che c’è dietro tutto l’album o è solo un vostro stile di scrittura?


Franz: I testi del disco nascono da esperienze vissute e i concetti di conseguenza si esprimono attraverso un punto di vista soggettivo. Nascono dall’esigenza di regalare all’ascoltatore stati d’animo e riflessioni sul mondo che ci circonda senza la velleità di dire alcuna verità assoluta. Ciò che maggiormente ci interessa infatti non è tanto l’esternazione quanto la condivisione. C’è un filo sottile che lega tutti i brani e i contenuti del disco, a partire dal titolo fino ad arrivare alla copertina, ma è il risultato della ricerca di compiutezza più che di un concept studiato a tavolino.
Dan:
Questo disco non è un concept-album. Le canzoni che hai citato si raccontano da sole. L’attenzione che tu vi ritrovi è “palpabile”, ma non è unilaterale nell’interpretazione. Persino Il nostro battito del cuore propone diversi angoli interpretativi, ed è necessario uno sforzo per così dire “culturale” per comprenderne appieno il significato. È necessaria una esperienza diretta…

È azzardato dire che i vostri brani fotografano lo stato inerte della condizione umana odierna? Quanto conta inviare messaggi di riflessione nella musica?
Dan: Non c’è nessun azzardo nel tentativo di fotografare un istante… è un tentativo, appunto…a volte a fuoco, a volte no… la riflessione deve, secondo me, nascere e svilupparsi intorno all’ossessione nel voler dare a tutti i costi dei messaggi.
Franz:
No anzi, credo sia esatta l’interpretazione dei nostri brani come delle fotografie, è quello che cerchiamo di fare. Purtroppo l’inerzia e l’assopimento delle coscienze sono un dato di fatto, viviamo in un mondo dove non solo è sempre più difficile vivere al di fuori degli schemi ma ben pochi lo desiderano.
La fantasia non è andata al potere e il potere non ha alcuna fantasia, sempre che possa averla.
La musica è la nostra vita e allo stesso modo in cui tentiamo nel nostro quotidiano di essere sempre attenti e critici cerchiamo di avere lo stesso atteggiamento nel momento in cui suoniamo. Le nostre parole non sono delle denunce, ma vogliono, partendo dalla constatazione, proporre e ricordare che esiste anche il sogno, l’individuo, la lotta, il rifiuto, la voglia e la capacità dentro a ognuno di noi di cambiare le cose. Che esistono altri mondi, a partire da quello interiore, che fino all’attimo in cui non si ridimensiona la propria presenza nel mondo, liberandosi da falsi bisogni e necessità indotte, saremo sempre schiavi dei soldi, dei falsi modelli, dell’apparenza e di noi stessi.
Per concludere poi ti dirò che non riesco a immaginare la musica, tanto meno quella italiana, denudata dal messaggio e dalla parola. La lingua italiana è difficile, soprattutto quando applicata al rock, ma stupenda e magica. La cosa che amo di più è vedere la gente che ai nostri concerti canta insieme a noi. Questa è la conferma che il senso delle parole è qualcosa di importante, deve essere recepito e lo si può condividere.
Non c’e’ nulla di più gratificante del riuscire a mettere insieme parola, significato, ritmo e melodia. È complicato ed è una ricerca continua e appassionante.

E’ stata una scelta o un caso avere una tastiera che suona come una chitarra? Sembra un valore distintivo ed originale del vostro sound…
Ale: L’idea era di avere uno strumento in più che rinforzasse alcuni riff o che facesse da contrappunto alle linee melodiche mantenendo comunque vivo l’aspetto viscerale e rock delle canzoni. Ho sempre creduto che le tastiere “nude e crude”, hammond, piani elettrici o synth suonati utilizzando accordi molto ricchi – pianistici per intenderci – si amalgamino a fatica con le chitarre distorte. Ma allo stesso tempo non volevo nemmeno che la presenza di un synth nei Petrol avesse un’impostazione di tipo elettronico con Sequencer, Campionatori o basi pre-registrate. La cosa più semplice da fare era quindi usare i tasti arrangiando le parti con attitudine chitarristica e facendo finire il tutto dentro alcuni distorsori e un ampli. Trovo molto interessante unire elementi all’apparenza contrastanti. Perché quello che ne esce è quasi sempre qualcosa di inaspettato.
Franz:
È stata una scelta, un modo per arricchire il nostro suono facendo qualcosa di diverso mantenendo però la stessa attitudine di una classica formazione rock. Per me, che suono la chitarra, si tratta di un esperimento riuscito e la tastiera, usata come se fosse una chitarra, sottolinea in modo perfetto frasi e armonizzazioni che in altro modo potrebbero perdersi.
Le linee di basso forniscono profondità ai brani e questo ben si accorda all’atmosfera riflessiva di tutto l’album.
Dan: grazie del complimento. Con il basso cerco il più possibile di sintonizzarmi con il mio mondo interiore e di conseguenza di descriverlo con il suono e con le note che ritengo più aderenti a quello che trovo… Questa è la base del percorso creativo che intraprendo ogniqualvolta imbraccio lo strumento per scrivere un po’ di musica, sia per conto mio sia quando, con il resto del gruppo, ci chiudiamo in una stanza per fare musica d’insieme. Per quanto mi riguarda, fare musica insieme è il naturale complemento alla ricerca interiore. È il momento della condivisione, del confronto, della scoperta, della crisi… Senza questa fondamentale parte verrebbe a mancare la crescita, correndo il rischio di impantanarsi nella autocelebrazione delle proprie emozioni. Si perderebbe il contatto con il mondo intorno, in cui siamo quotidianamente, completamente e necessariamente immersi, fino in fondo. La riflessione ha a che fare con la consapevolezza. La nostra è una musica che nasce d’istinto, ma che nelle fasi di “studio” subisce un processo di analisi drammatico, meditato e cruciale. Quindi, siamo consapevoli del fatto che anche chi ci ascolterà coglierà inevitabilmente questo aspetto, così importante per noi.

Com’è nata la splendida canzone Devo andare via domani?
Franz: Devo andare via domani è una canzone d’amore, forse la mia prima canzone d’amore e sicuramente quella che per ora ritengo più riuscita. Era da tempo che cercavo di scrivere qualcosa del genere con l’idea di parlare d’amore senza nominarlo, di parlarne in modo normale, naturale, cercando di evitare in tutti i modi figure troppo banali o retoriche. È una canzone che parla anche di solitudine, di ricordi coccolati con tenerezza. All’interno ci sono molte persone oltre me, non posso dire di averla dedicata a una in particolare. È pensata come a una salita verso lo smarrimento e la psicosi per poi ridiscendere verso la normalità con la richiesta di restare, in qualsiasi modo possa restare una persona, un ricordo, un amore finito. Credo sia un brano in cui sia facile immedesimarsi perché in fondo parla in modo normale e con parole semplici di qualcosa che chiunque ha vissuto. La musica poi accompagna le parole in modo perfetto, nata da un riff di Dan e poi sviluppata insieme, arrangiata con Ale e Valerio. È stata una nascita improvvisa e naturale, molti dei nostri brani nascono così.

Ci raccontate della produzione artistica del vostro lavoro all’interno della Casasonica?
Franz: Ognuno di noi aveva esperienze di produzione, molto diverse tra loro, legate però dal fatto di essere sempre state delle produzioni assolutamente rock, supportate e derivate anche dall’incontro in passato con produttori stranieri di fama, dai quali sicuramente ognuno di noi ha imparato qualcosa. Ogni disco poi è un capitolo a sé. Ognuno ha cercato di occuparsi nel modo migliore del proprio strumento seguendo però una linea comune, e cioè quella di imprimere un suono diverso, originale, che mantenesse le caratteristiche rock del nostro suono, e cioè la sua anima, ma andando anche oltre acquisendo più colori e maggior carattere.
Abbiamo dato molta importanza alla dinamica cercando di creare spazi vuoti e spazi pieni che percorressero tutto il disco in modo costante. Abbiamo cercato di dare importanza alla voce in modo tale che le parole e il loro suono fossero in primo piano senza sembrare però staccato dal resto. Abbiamo cercato in definitiva di mettere insieme modalità prettamente italiane a gusti decisamente stranieri. Il mixaggio e l’apporto produttivo di Max Casacci è stato accolto e vissuto come un valore aggiunto e assolutamente necessario per raggiungere il nostro scopo. Ero sicuro, e così è stato, che sarebbe riuscito a darci un suono più interessante e più vicino al pop senza però intaccare assolutamente il suono rock che ci contraddistingue ed è indissolubilmente parte di noi.
Dan
: eh si, effettivamente abbiamo fatto un disco pop… Ci siamo presi la responsabilità di produrci il disco, perché eravamo desiderosi di dimostrare a noi stessi che ce la potevamo fare. E così è stato. Ma nel momento in cui, con il materiale registrato in mano, si è trattato di metterlo insieme, quindi di mixarlo, è stato naturale affidarlo alle mani e alle orecchie di Max Casacci. Max è riuscito, per così dire, a stirare il vestito Petrol con la giusta piega, cogliendo e valorizzando ogni singolo momento senza perdere il senso d’insieme dell’intero progetto.

Perché la qualità musicale come la vostra ha difficoltà ad emergere nel panorama intasato della musica di oggi?
Franz: Beh, noi non crediamo che non possa emergere e stiamo facendo di tutto perché crediamo al contrario che ci sia ancora molto spazio per il rock italiano. Crediamo che ci siano ancora molte cose da dire e anche che la gente in generale sia un po’ stufa di ascoltare le solite cose. Ora non saprei dire se noi siamo o meno la “solita cosa”, non vorrei autocelebrarci dicendo che facciamo “musica di qualità”, non mi interessa, mi interessa solo poterla fare e confrontarla con la convinzione che se quello che abbiamo fatto ha un senso in un qualche modo questo senso verrà riconosciuto. In generale la cosa peggiore che un artista possa fare è quella di fare musica adagiandosi al gusto del mercato di quel determinato momento, oppure smettere di sperimentare nuovi linguaggi, mettendosi in gioco. Ecco, noi ci siamo messi completamente in gioco facendo questo disco, abbiamo cercato di non pensare al nostro passato, che non significa assolutamente rinnegarlo. Abbiamo cercato di essere coraggiosi dando ascolto solo alla nostra emotività, senza paura di essere giudicati troppo morbidi, o troppo duri, o troppo pessimisti, o troppo poco indie, o troppo qualsiasi cosa,.. Abbiamo seguito il nostro cuore e il nostro carburante è stato qualcosa che arriva davvero dal profondo, che fuoriesce alla fine con tutta la sua energia, la sua sporcizia e la sua pericolosità. Esattamente come il petrolio.

In cosa possono essere utili strumenti quali il peer to peer, MySpace, il podcasting per la diffusione della musica indipendente?
Franz: Crediamo che sia il futuro che stiamo già vivendo e che a non essersi accorti che tutto è cambiato siano solo più le grandi etichette e le lobby discografiche.
La nostra prima uscita fu un EP, contenente 4 brani di cui 3 rivisti e reinseriti nel disco, che decidemmo di pubblicare in rete rendendolo gratuitamente scaricabile attraverso il nostro sito. Dal sito era permesso agli utenti di lasciare liberi commenti senza doversi necessariamente registrare. Contemporaneamente all’attività dal vivo fu seguita in modo particolare l’attività di promozione via web, attraverso segnalazioni su vari forum, blog, e tutto quanto fosse possibile. Grazie anche all’aiuto dell’etichetta e alla grande passione che le singole persone hanno messo nel progetto, nel giro di 2 mesi raggiungemmo più di 10.000 visite e 5.000 download. La cosa più interessante fu ricevere i messaggi da parte dei nostri visitatori. La maggior parte erano messaggi di approvazione, per la nostra musica ma anche per il modo in cui la stavamo distribuendo. Questo permise in primo luogo di capire se la strada che stavamo percorrendo avesse un senso, anche per chi ci ascoltava per la prima volta, se le nostre parole arrivavano, se il tutto venisse o meno percepito come noi intendevamo. Allo stesso modo ha confermato l’importanza e ormai direi la necessità, di perseguire strade nuove per la veicolazione della propria musica.
Nel momento in cui poi è uscito il disco abbiamo chiuso il vecchio sito e aperto quello nuovo contemporaneamente all’apertura del MySpace. Da poco abbiamo anche aperto un account su flickr e un gruppo a questo collegato attraverso cui gli utenti possono postare e gestire in modo autonomo le fotografie scattate durante i concerti dei Petrol. Ancora più recente è poi l’apertura di un account Petrol su virb.com, nuova piattaforma simile a MySpace ma con alcune potenzialità interessanti, quali per esempio la possibilità di distribuire in streaming fino a 30 song sul proprio profilo.
La nostra attività in termini di interazione attraverso il sito, il myspace, virb e flickr è continua e incessante. Crediamo moltissimo in questi mezzi, ed è il senso proprio dell’era del web 2.0, che fonda le sue basi sui concetti della condivisione, della community, dell’autogestione e distribuzione dei contenuti.
Il web è finalmente diventato un luogo di informazione viva in perfetta antitesi con quello che i media ufficiali tentano di propinarci continuamente. Non è più assolutamente uno spazio virtuale e immaginario, e non esistono “second life” che tengano alla forza dirompente della distribuzione dei contenuti e della cultura condivisa. Tutto ciò fa bene alla cultura in generale e alla musica in modo particolare. La stessa nostra etichetta è molto sensibile a questi temi e una delle iniziative più importanti e significative è stata proprio la creazione della videonewsletter di Casasonica. Si è creata all’interno degli studi di Casasonica una vera e propria web tv che distribuisce mensilmente, come una normale newsletter, a tutti gli iscritti contenuti video relativi agli artisti dell’etichetta, agli eventi più importanti che la coinvolgono ma anche all’esterno coinvolgendo artisti, scrittori (vedi Wu Ming) o stranieri ( vedi Einturzende Neubaten ).
In questo modo si superano i vincoli della distribuzione dei canali ufficiali, è innegabile e sotto gli occhi di tutti il fatto che ormai i canali di informazione ufficiale, e in particolar modo quelli musicali, siano saturi e “blindati” da interessi troppo alti senza riuscire a dare spazio alle piccole produzioni e al mondo indipendente.
Allo stesso tempo però esperienze come youtube la dicono lunga su come invece le persone, e parliamo di milioni di utenti, cifre da capogiro che canali televisivi non riescono neanche a raggiungere in un anno intero di programmazione, preferiscano poter scegliere ed essere protagonisti.
Il nostro ultimo video su youtube è stato visto da migliaia di persone nel giro di pochissimo tempo. Ai nostri concerti la maggior parte del pubblico è formata da utenti di MySpace che ci hanno conosciuto attraverso la rete. Questo popolo, mi viene da dire “liberato”, è una delle cose più preziose che abbiamo. Questo è poi il pubblico che acquista i nostri dischi confutando completamente l’assioma per cui la musica in rete faccia male al mercato del disco. È ridicolo, preoccupante e incredibile alle volte assistere a interventi di artisti che si scagliano contro la rete e le nuove forme di distribuzione, in nome di una qualche inutile difesa di diritti d’autore e privilegi di cui gli ultimi a goderne sono proprio gli artisti stessi.
Il problema è la mancanza totale in Italia di una politica di investimento e incentivazione della musica e aiuti a chi produce, distribuisce, vende, suona e cerca faticosamente di vivere di musica.
Le nuove forme di distribuzione della cultura sono l’unica salvezza per noi e per la cultura in generale.
Ricordiamoci inoltre che mai come ora viviamo un periodo di assoluto degrado culturale televisivo dove è la stessa intelligenza spesso a essere censurata.

Se osservo dal di fuori la televisione e i media ufficiali italiani, le sedute del parlamento, la classe politica e industriale, dovrei pensare che l’Italia sia un paese fatto solo da piccoli imprenditori cocainomani, furbetti del quartierino, precari silenziosi, ricattatori miliardari e famosi, tette finte e culi di vip mollicci sulla spiaggia.
Se guardo invece da un’altra parte e apro delle nuove finestre senza farmi scoraggiare vedo una moltitudine infinita di persone diverse, vive, che rifiutano e impegnano la propria vita nel fare qualcosa di utile non solo a se stessi, che dicono le cose come stanno, che sanno riconoscere le ingiustizie, che rifiutano gli abusi di potere, che disobbediscono, scendono in piazza, si incontrano, creano nuovi canali di discussione, sostengono l’attività degli artisti, di quelli che hanno il dovere di essere critici e offrire nuovi punti di vista e diversi approcci a una realtà troppo spesso aderente a format e modelli precostituiti.

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9 commenti

  1. Grazie per questa splendida intervista. Ci sono parole da tenere bene a mente, da serbare nell’anima…è grazie a realtà come quelle dei Petrol che la coscienza si nutre della consapevolezza che l’arte può e sa essere un veicolo di senso e un’occasione di pensiero.
    La musica sa dar da sentire, anche grazie a chi come te sa mettersi in ascolto avendo cura di ciò che ha accolto con volontà di con-viverlo

  2. …questi PETROL (!) spaccano! Bisogna tenerli d’occhio!

  3. Avevo già ascoltato i Petrol e ne ero rimasta affascinata. Con questa intervista ho avuto la conferma che dalla bellezza nasce la bellezza.
    Complimenti Vladimiro.
    Lucy

  4. il mio amico vlady ed io abbiamo avuto l’onore di una lunga chiacchierata con Franz Goria in quel d’Apice Vecchia:), oltre al piacere di assistere ad un concerto magnifico… questa splendida intervista conferma quello che pensavo di loro, cioè che sono semplicemente straordinari… grande Vlady!

  5. A me ancora non convincono…li trovo molto “poco personali”…ma li riascolterò sicuramente altre volte..gli do il beneficio del dubbio…(anche se ad esempio gli After mi hanno preso il cuore da quando il mio amiko Big mi fece ascoltare il loro cd in un pomeriggio d’estate)…
    tornando ai Petrol…io,personalmente per il momento salvo due,tre canzoni…ma
    siamo umani e posso ricredermi…le emozioni musicali variano…è ciò che fa crescere la musica!!!
    comunque in bocca al lupo per questo inizio ai Petrol e anche a voi della redazione…

  6. I Petrol sono un gruppo con una fortissima perssonalità.
    La loro musica è arrabbiata, ha contenuti e profondità. I testi sono densi di spunti e di sguardi lucidi sulla mediocrità che ci circonda.
    E’ una delle interviste più belle su cui mi sia capitato di posare gli occhi, del resto le parole che Franz ci ha regalato per la sezione artwork erano “un avviso”.
    Complimenti a Vlady per aver portato alle mie orecchie la loro musica e complimenti ai Petrol che hanno tutte le carte in regole per percorrere una strada che li porterà esattamente dove vogliono.
    Da leggere con attenzione l’ultima risposta: contro-cultura. W chi sa essere avanti.

  7. …li sto ascoltando da una settimana e vi dirò, forse sono stato un po troppo entusista.
    Ci sono dei pezzi interessanti e alcune sonorità mi riportano alla memoria la new wave italiana dei primissimi Diaframma e dei primi litfiba e MoDà ma…
    …non so. C’è qualcosa che non va.
    Come una faimma che stenta a diventare un incendio. Devo ascoltarli meglio…

  8. I Petrol vanno ascoltati live…vi consiglio questo link:

    Petrol Live at Stone Free Festival

    Poi questa è un’intervista vanno valutati e metabolizzati i contenuti. Per critiche musicali c’è il forum, please ;->

  9. non mi piacciono…no no,poco originali….ne sono ancora più convinta e non sarà un’intrevista seppur fatta alla grande a convincermi del contrario…sono degli emuli!

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