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Oltre la distanza: intervista a Dario Sansone (Foja) e Francesco Di Bella (24 Grana)

dibella_sansoneIl lockdown causato dall’emergenza Covid-19 ha spinto due musicisti partenopei ad incontrasi a distanza per una collaborazione inedita. Ne è risultato il brano Uno vicino a n’ato, accompagnato da un video speciale. Il mare ha un significato vitale per la città di Napoli e nei mesi scorsi è mancato come l’aria agli abitanti. Tutti siamo corsi a ritrovarlo appena è stato possibile, con la dignità e la malinconia di uno slancio comune. Abbiamo raggiunto s modo nostro Dario e Francesco per farci raccontare il mare e… tanto altro.

Uno vicino a n’ato è il brano che vi vede coinvolti in un’inedita collaborazione. Vorrei cominciare dall’antefatto. Raccontatemi il modo speciale che avete avuto di esorcizzare la quarantena, estendendo il laboratorio di songwriting Canzoni alla mano alle possibilità offerte dalla rete. Quindi, cosa vi ha spinto alle lezioni gratuite via Skype?
FRancesco: Il laboratorio esiste già da un po’ di anni, inizialmente eravamo un po’ scettici sugli incontri on line ma poi ci siamo trovati bene perché abbiamo raccolto studenti da diverse città: Napoli, Salerno, Bologna. È stato un bel modo per tenersi tutti impegnati e praticare il songwriting dandosi man forte.

Che tipologia di allievi frequenta il vostro laboratorio? Come è stata accolta l’idea di continuarlo a distanza?
Dario: La tipologia è molto eterogenea, parliamo di cantautori alla ricerca di trucchi, di esercizi per tenersi in allenamento con la scrittura ed evitare i momenti di “blocco creativo”. L’idea è stata accolta di buon grado, ci siamo tenuti compagnia ed abbiamo lavorato sodo con le canzoni.

Entriamo nel dettaglio dell’esercizio di composizione a quattro mani. Voi e gli allievi siete stati soddisfatti dei risultati?
Francesco: Sì, siamo molto soddisfatti di come stanno andando le cose, vedere nascere le canzoni, anche quelle degli altri è sempre molto emozionante. Poi all’interno del laboratorio c’è un confronto continuo tra tutti quanti e la crescita individuale risulta evidente.

Anche voi due avete deciso di fare l’esercizio. Raccontatemi come avete scelto la suddivisione dei compiti e come è stato procedere a distanza.
Dario: io mi sono occupato dell’aspetto musicale e dell’arrangiamento della canzone.
Francesco: io, invece, del testo, ovviamente in un continuo scambio di pareri e ricerca di soluzioni.

Il brano venuto fuori è indubbiamente un piccolo gioiello, ma in primis voglio chiedervi cosa vi ha restituito in termini umani in questo inaspettato momento che accomuna il mondo intero?
Francesco: È stato bello comporre una “istant song” sulle emozioni che abbiamo provato in quel momento, in quei giorni così strani, chiusi in casa quando fuori sembrava un’apocalisse. La scrittura è un flusso di coscienza e ti aiuta anche a capire ed elaborare meglio i momenti, è stato come fare una fotografia di quello che stava succedendo.

Il video mi ha molto commosso. La scelta di girare in un preciso momento della giornata è simbolico, giusto? Quel tipo di luce racconta uno stato d’animo condiviso.
Dario: Abbiamo cominciato con l’alba, l’alba è associabile alla rinascita quando la cittá è ancora dormiente, si comincia in solitudine e ci si ritrova tutti nella stessa condizione, a combattere le stesse battaglie.

Inoltre, ci leggo soprattutto una malinconica sete di mare, che non è il solito luogo comune su Napoli, bensì l’urgenza poetica di un popolo che si sa aprire e si sente libero. Ditemi del mare nel video, e di quella passeggiata…
Francesco: anche il video in effetti riflette quello stato d’animo, io e Dario ci siamo rivisti dopo il lockdown e in qualche modo abbiamo raccontato un’emozione assolutamente condivisibile. L’idea è stata sua e dobbiamo dire che Michel è stato veramente molto bravo a realizzarla. C’era un grande bisogno di sentirsi liberi ma anche di fare tesoro di tutte le riflessioni che abbiamo dovuto fare, nostro malgrado, e che ci hanno confermato le fragilità del nostro pianeta e del nostro modo di vivere.

Lo scorcio sui quartieri restituisce l’immagine di una Napoli viva, nonostante tutto, e rispettosa delle regole, contrariamente a quanto tutti si aspettavano… forse anche noi napoletani…
Dario: Siamo un popolo sorprendente, nella nostra migliore accezione sappiamo cos’è il dolore e la solidarietà, la nostra storia parla chiaro: nei momenti di difficoltà siamo pronti a grandi sacrifici.

Anche il montaggio ha un fascino tutto suo. Siete stati parte attiva delle scelte estetiche nella realizzazione del video?
Francesco: Dario aveva quest’idea della passeggiata sul lungomare, quando abbiamo contattato Michel per costruire il progetto è venuto tutto molto spontaneo e naturale. Ci sono state proposte delle idee che abbiamo trovato subito molto interessanti.

La ripresa è ormai in atto, seppur con tanti timori per l’imminente futuro. Dario, come e quando è arrivata la proposta di inaugurare il Napoli Teatro Festival 2020?
Con il NTFI avevamo già in programma questo spettacolo in un’altra location prima del lockdown, ma quando siamo stati ricontattati non ci sembrava vero che avremmo potuto tornare a suonare tutti assieme.

Puoi anticiparmi qualcosa dell’inaugurazione con il concerto/spettacolo Miracoli e Rivoluzioni, che vedrà protagonisti i Foja nel cortile della Reggia di Capodimonte il 1 luglio e di cui curi anche la regia?
È un concerto con due anime che anticipa il concept del nostro prossimo album: I “Miracoli” sono le questioni incontrollabili che hanno a che fare con il divino come l’amore e dunque le canzoni d’amore, le “Rivoluzioni” sono tutto ciò che richiede la nostra partecipazione e impegno, tutte quelle canzoni che si interrogano sul sociale e sull’umano. Lo show sarà impreziosito da contenuti video extra, momenti di danza aerea, a cura di Funa, e illuminazione architetturale.

Cosa significa per te riprendere a calarti nella dimensione live dopo una sospensione ben diversa da quella a cui un musicista è abituato?
E’ un momento surreale, per noi è come un nuovo esordio.

Cosa c’è nel futuro dei Foja?
A marzo saremmo dovuti entrare in studio per il nostro quarto album di inediti, quanto prima torneremo a registrare.

Francesco, i 24 Grana stavano per condividere con il pubblico un ritorno importante. Una band ritrovata dopo 10 anni, nuovo materiale da proporre con un tour… invece il lockdown ha strozzato la rinascita. Come avete vissuto questo arresto forzato? Quanto pesa un evento così inusuale sull’urgenza e sull’entusiasmo?
Eravamo molto gasati dall’idea di ritrovare il nostro pubblico e naturalmente anche per noi è stata una bella botta ma non ci siamo avviliti per niente e stiamo riprogrammando il tour.

Cosa puoi raccontarmi del disco e degli appuntamenti live?
Speriamo di poter suonare alla fine dell’anno. Il disco è pronto ed è una raccolta in vinile di brani che hanno segnato la nostra carriera. In più c’è la title track realizzata con Clementino negli Abbey Road Studios di Londra. Siamo molto contenti di come suona il disco e di poter ascoltare finalmente su vinile alcuni pezzi, per noi, molto importanti.

In termini di riscontro economico c’è molta preoccupazione nell’aria. Esplorando vari progetti che stanno facendo il massimo per restare a galla, noto che il denominatore comune coincide con la paura che le difficoltà subite dai locali possano ledere ulteriormente quella parte di scena già messa in ginocchio dal sistema musica in Italia. Se per il distanziamento il pubblico sarà in numero inferiore, cosa accadrà ai cachet della nicchia? Quale potrebbe essere una soluzione concreta per una ripresa che salvaguardi tutti?
Dario: è una situazione molto complessa, figlia di un’emergenza culturale già in atto prima del Covid, negli ultimi 20 anni il nostro paese ha investito poco e male nell’ambito culturale, e il pubblico è disabituato ad essere curioso rispetto a progetti non mainstream, al momento non riesco ad immaginare soluzioni che non comprendano aiuti governativi concreti.

Artisti del calibro di Steven Wilson, Pearl Jam (per fare qualche esempio) con un piano promozionale in atto di grosse cifre hanno potuto permettersi di rimandare a lungo termine. Per chi fa numeri piccoli, invece si naviga a vista. Ovviamente, il discorso coinvolge tutti i lavoratori dello spettacolo. Soltanto il successo su larga scala consente una tutela autonoma dunque? Cosa pensate della condizione di chi sceglie l’Arte come lavoro? Quanta indignazione frustra la creatività?
Sicuramente gli spettacoli dal vivo costituiscono il guadagno importante per poterci mantenere in attività. Questa situazione ha messo a nudo le problematiche connesse all’attività artistica e non è facile trovare soluzioni condivise ma speriamo che tutto questo serva a far capire quanto è necessario tutelare l’arte e tutto il suo indotto nel nostro Paese.

Alcuni artisti, durante la quarantena, hanno scelto il silenzio condannando, secondo me, il flusso delle dirette streaming di tanti. Penso a Nick Cave che ha invitato alla riflessione sul ruolo dell’artista e sulla necessità di farsi da parte. Fare una scelta per se stessi è un conto, giudicare gli altri è un altro, soprattutto da una posizione privilegiata. Secondo voi, cosa ha significato per il pubblico poter godere di quelle dirette? Godano ne ha fatte varie, intense e interessanti, rivendicando il ruolo consolatorio della musica, purchè poi il pubblico non dimentichi cosa significhi sostenere il lavoro di un artista. Vorrei conoscere il vostro punto di vista sulla faccenda…
Francesco: in quel momento sono state importanti per tutti, sono state un modo per combattere l’isolamento, è chiaro che i mezzi tecnici per realizzarle erano molto casalinghi per cui la qualità delle performance è risultata piuttosto bassa e inadeguata per esprimersi al meglio.

Abbiamo davvero imparato a starci vicini oppure è stata l’emergenza a spingerci a cercare conforto nell’altro, ma poi torneremo a sbranarci?
Francesco: chissà…
Dario: chissà…

DI BELLA/SANSONE – Uno vicino a n’ato

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