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Essere Iperconnessi rende infelici: intervista ai The Pineapple Thief

bruce-soord-featuredIl progetto The Pineapple Thief non ha bisogno di presentazioni. Da anni la band di Bruce Soord batte le strade innovative del progressive post-moderno, dove si sgretolano i muri di genere in nome della melodia e dell’obiettivo principale di inviare dei messaggi importanti non incentrati sul puro intrattenimento. Nell’ultimo disco Dissolution il tema è quello dei pericoli che si celano nel lato oscuro dei social network e più in generale dell’iperconnessione. Un disco intenso e di qualità sia dal punto di vista dei testi che della composizione, e che ha visto come collaborazione proattiva Gavin Harrison, l’ex-batterista dei Porcupine Tree. Abbiamo incontrato Bruce, che presto sarà in Italia per tre date: 21-22-23 febbraio, rispettivamente a Firenze, Roma e Milano.

Con Dissolution possiamo dire che il sound dei Pineapple Thief è ancora cambiato?
Non volevamo una semplice avventura “metal”. Sono tante le band progressive metal là fuori, e ad ottimi livelli. Come chitarrista, volevo trovare energia dai toni classici, in primis della chitarra acustica, molto presente nel disco. Ma per quanto riguarda il nostro suono, certamente non era un cambiamento calcolato.

Qual è il ruolo di Gavin Harrison? Ora non è solamente una straordinaria firma che suona nel disco ma è anche coautore…
Gavin è ora un membro a pieno titolo dei TPT, che è una cosa fantastica. Certo, è famoso per il suo virtuosismo nel suonare la batteria, ma per me è stato il suo contributo creativo ad essere più rigenerante nell’ambito del progetto. Siamo andati molto d’accordo durante Your Wilderness, il precedente disco, in cui era essenzialmente un session (anche se alla fine ha contribuito molto più di quanto questo ruolo preveda). Quindi, quando abbiamo iniziato Dissolution, sapevamo che avremmo potuto lavorare insieme in modo creativo. Mi mandava idee, io gli mandavo le mie e sviluppavamo insieme le canzoni. La nostra è una grande collaborazione di scrittura.

L’album è una meditazione sul lato oscuro dei social media e della tecnologia, perché hai scelto questo tema?
E’ qualcosa a cui io (come molte persone) vengo esposto ogni giorno. Ha avuto un enorme impatto negativo su così tanti livelli. Per Dissolution, mi sono concentrato sul livello “micro”. Le persone intorno a me, la mia famiglia, i miei amici. Prendendo il tema e applicandolo a qualcosa di universale. La maggior parte delle persone con cui parlo ora ammette che essere “iperconnessi” li ha resi infelici. E temo che i miei figli debbano crescere con questo tipo di connessioni. C’è troppo spazio per fare danni.

Quale canzone dell’album rappresenta principalmente questo concetto?
Tutti i brani, per essere onesti! Not Naming Any Names è il brano che mi piace cantare di più. Riguardo al danno, questi codardi senza volto possono raccogliere tutto sulle persone come te e me. Se li lasciamo fare, naturalmente.

Possiamo considerare troppo stretta l’etichetta “progressive” per descrivere il vostro suono?
“Progressive” è uno dei pochi generi che posso pensare che soddisfi quasi ogni stile musicale! Quindi, isolatamente, può essere un termine molto difficile per descrivere ciò che facciamo. Penso che la nostra etichetta, la Kscope, abbia ragione quando descrive con il termine “postmoderno” il sound delle band del suo roaster. Mi piacerebbe solo descrivere i Pineapple Thief come “musica”. Per me, è sempre stato al centro delle canzoni e della melodia ciò che viene trasmesso a livello emozionale. Ma non fraintendermi, sono cresciuto amando il rock progressive degli anni ’70!

In passato hai collaborato in particolari progetti collaterali come Wisdom of Crowds, hai mai considerato un nuovo progetto con Steven Wilson? Credo che tu abbia molti punti di contatto …
Sì, forse un giorno.

A Febbraio ci saranno tre concerti in Italia. Potresti descrivere l’atmosfera dei vostri live?
Ci siamo divertiti molto sul palco e ho visto la folla reagire a questa energia. Energia e divertimento per tutti!

L’ultimo album che hai ascoltato e che ti ha davvero impressionato nel 2018?
The Euphoric dei The Fierce and the Dead. Ho adorato il suono del disco (e sicuramente non è metal!). È stato un disco unico nel 2018. Pieno di grandi riff e idee.

Threatening War – Video

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