Home / Recensioni / Album / Masana Temples – Kikagaku Moyo

Masana Temples – Kikagaku Moyo

Kikagaku Moyo - Masana TemplesAl quarto album in sei anni la band di ex buskers di Tokyo mette definitivamente a fuoco le proprie ambizioni raggiungendo quell’equilibrio di linee circolari e simmetrie ben sintetizzato dalla ragione sociale, traducibile con schema geometrico, anche grazie al contributo del produttore Bruno Pernadas, voluto dalla band al punto di spingersi fino a Lisbona per le incisioni. È in Portogallo che si concretizza una geometria di fantasiosi origami, trame psichedeliche e complessità progressive che si amalgamo alla tradizione del Sol Levante con una purezza naïf rispecchiata dal fiabesca copertina dell’illustratrice Phannapast Taychamaythakool. Lo si avverte sin dal inizio, Entrance è infatti l’ingresso solenne nella luce dorata di un tempio, il Tempio Masana, avvolti dal misticismo orientale delle raffiche spiraliformi di un sitar. In continui passaggi tra Oriente e Occidente si passa da una chitarra beat generation che introduce la modularità progressive di Dripping Sun, ora aperta da solarità West Coast ora squassata da riff hard alla Grand Funk Railroad, alle geishe sinuose che ammaliano i clienti di una casa proibita, Nazo Nazo, con canti sussurrati e lente movenze, stoffe fruscianti, carezze e ombre sui paraventi. In Fluffy Kosmisch, l’eterea psichedelia degli Egg lievita sulle trame ossessive kraut, che accelerano verso le galoppate space rock degli Hawkwind, mentre le armonie vocali e le scale di basso della scuola di Canterbury rivivono nella fresca cadenza di Majupose. Il ritmo sincopato e le note stoppate di Nana ci ricordano che non siamo davvero negli anni ’60 attingendo rispettosamente al repertorio dei primi Police. Orange Peel crea uno strano cortocircuito con i Winstons, quasi fossero versioni alternative della stessa formazione provenienti da realtà parallele, come nei migliori romanzi di Philipp Dick. E in una realtà mutevole la pioggia battente costringe a evocare l’armonia circolare del sole nel commovente bozzetto acustico di Amayadori e l’incedere meccanico e la voce armoniosa di Gatherings si frantumano in schegge geometriche in forma di riff e assoli saturi e duri come i Black Sabbath. Ma è l’armonia a regnare e i distorsori lasciano il compito di chiudere l’opera al fingerpicking proveniente dal White Album beatlesiano che riecheggia nell’atmosfera bucolica di Blanket Song.

Credits

Label: Guruguru Brain- 2018

Line-up:
Tomo Katsurada (Guitar, Vocal) – Ryu Kurosawa (Sitar, Keyboards) – Daoud Popal (Guitar) – Kotsuguy (Bass) – Go Kurosawa (Drums, Vocal)

Tracklist:

  1. Entrance
  2. Dripping Sun
  3. Nazo Nazo
  4. Fluffy Kosmisch
  5. Majupose
  6. Nana
  7. Orange Peel
  8. Amayadori
  9. Gatherings
  10. Blanket Song


Link: Sito Ufficiale Facebook

Ti potrebbe interessare...

MartaDelGrandi Selva

Selva – Marta Del Grandi

Affila le sue armi Marta Del Grandi, due anni dopo l’esordio Until We Fossilize, scommettendo sulla …

Leave a Reply