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“Amore che vieni, Amore che vai”: Cristina Donà canta De Andrè – Reggio Emilia, 01/08/2016

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Prendi una serata di inizio agosto, in una città il cui centro storico è spesso animato da eventi culturali capaci di riempire le piazze, soprattutto in estate. Prendi una di quelle piazze, la più bella e affascinante dell’intera città, e mettici un palco, con il Duomo, il Municipio e la statua del Crostolo a fare da testimoni. In fine, prendi una cantautrice rock-pop, una delle voci più raffinate che ci siano in Italia, e falla salire su quel palco, accompagnata da una mini-orchestra jazz d’eccezione. Tutto ciò basterebbe già per rendere una serata unica, ma se aggiungi le parole di un poeta come Fabrizio De Andrè allora compirai una magia.
Amore che vieni, Amore che vai – Fabrizio De Andrè, le donne e le altre storie è il titolo dello spettacolo che Cristina Donà sta portando in giro per l’Italia. Accompagnata da Rita Marcotulli al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Fabrizio Bosso alla tromba, Javer Girotto al sax, Saverio Lanza alla chitarra elettrica e Cristiano Calcagnile alla batteria e percussioni, il primo agosto ha fatto tappa a Reggio Emilia e noi di Losthighways.it eravamo lì per raccontarvelo.
Il mio incontro con la musica di De Andrè è arrivato grazie ad alcuni artisti che seguo e ad una serie di cover che mi hanno spinta ad approfondire un discorso sempre lasciato in sospeso con Faber. Ascoltandone i dischi, è impossibile non rimanere colpiti dalla sua poetica, dal suo modo di dar voce a personaggi paradossali, romantici, ironici, carichi talvolta di un’allegria che si trasforma in lieve cinismo, dalla sua visione dell’amore, della sua passione ma anche della sua incertezza e mutevolezza. Fabrizio De Andrè raccontava storie, al centro delle quali spesso c’erano donne. Con la sua poetica colta, curiosa della vita, attenta al mondo e alle sue ingiustizie, ha dato vita a storie struggenti, che fanno riflettere, al centro delle quali ci sono personaggi femminili davvero unici. Da qui parte il nuovo progetto di Cristina Donà, un omaggio a Faber non esclusivamente dedicato alle donne ma che dà ad esse lo spazio che a loro dava l’artista genovese.
Due ore di musica, due ore durante le quali sul palco si alternano Maria e lo strazio per la perdita di un figlio (Ave Maria e Tre Madri), Marinella “volata in cielo su una stella”, la Princesa Fernanda e la sua storia di abusi e voglia di riscatto. Entra in scena anche la donna crudele, pronta a tutto pur di soddisfare la propria vanità (La ballata dell’amore cieco), ma anche Bocca di Rosa, che “metteva l’amore sopra ogni cosa”.
Uno spettacolo che commuove, che coinvolge. Non è facile interpretare le parole di De Andrè, ma la Donà riesce a farle sue incantando. In una piazza gremita di gente, le note e le parole di Faber prendono forma e trovano una nuova dimensione, quella del jazz. Il piano di Rita Marcotulli, il sax di Javer Girotto e la tromba di Fabrizio Bosso riescono ad ipnotizzare la platea che applaude e risponde con entusiasmo.
Uno spettacolo che crea magia, quella che non ti fa alzare dalla sedia perché ne vorresti sempre di più. Dopo quasi due ore di musica, la piazza non accenna a svuotarsi e così gli artisti tornano sul palco per salutare con le stesse note con cui avevano iniziato la serata, quelle di Amore che vieni, Amore che vai.
Il palco si svuota, la piazza si svuota e sulle facce di chi si allontana si può leggere la consapevolezza di aver assistito ad un evento unico, di quelli imperdibili, che lasciano un segno.

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