Home / Editoriali / Il songwriter post-progressive: intervista a Bruce Soord

Il songwriter post-progressive: intervista a Bruce Soord

Bruce-Soord_solo

Le moderne strade del cantautorato portano a nuovi approcci artistici, dove il folk non è la sola forma di espressione. Abbiamo amato l’album solista di debutto del leader della band post-prog The Pineapple Thief che propone questa direzione alternativa di un songwriting immerso in atmosfere prog non necessariamente folk. Bruce Soord sembra seguire le orme della carriera di Steven Wilson. E noi abbiamo voluto spiarle.

Cosa ti ha spinto a realizzare questo disco solista? Sbaglio se dico che già dagli ultimi dischi dei The Pineapple Thief (penso a Magnolia) e dal side-project Winsdom of Crowds stavi cercando un’altra dimensione artistica più indirizzata ad un moderno cantautorato…
Hai proprio fatto centro. La mia anima di songwirter mi stava spingendo in direzioni diverse da quelle tracciate in molti album dei The Pineapple Theif, perché a me piacciono molti generi diversi rispetto al prog moderno e al rock. Ho sempre avuto l’idea di realizzare un disco con atmosfere più delicate, acustiche e oniriche focalizzado molto sulla mia voce. Quando la Kscope mi ha offerto la possibilità di realizzare quest’album solista mi sono subito tuffato nel progetto.

Questo disco evidenzia la possibilità di poter realizzare un disco cantautorale con un suono non strettamente folk ma pieno di dettagli tipici di un album prog-rock…
Se ci senti questo, allorasono riuscito nell’impresa! Io personalmente trovo il folk un genere troppo restrittivo dal punto di vista compositivo. Non è necessariamente una brutta cosa ma certamente va contro le mia radici prog. Mi piace pensare che la gente che ascolta un mio disco scopra le diverse stratificazioni sonore riverlarsi lentamente, come nei migliori dischi prog. Nello stesso tempo voglio incantare le persone con delle grandi canzoni (qualche volta un aspetto trascurato nei dischi prog!).

Il principale mood di questo album è la malinconia per il tempo che è passato. In questo flusso di contemplazione sembra emergere l’amore per la vita e non c’è alcuna traccia di tristezza o depressione…
Assolutamente. Sono stato ispirato nella scrittura dal lato malinconico della vita ma volevo anche evidenziare il mio amore totale per la vita. Questo disco è la celebrazione del passato, una celebrazione tanto di quei momenti difficili quanto di quelli belli. Tratta di tutto quello che ci fa essere come siamo. Il brano finale è invece la celebrazione del futuro.

Trovo The Odds uno dei brani più interessanti del disco, perché è un po’ funky ma allo stesso tempo immerso in un’atmosfera progressive. Come è nato?
The Odds è stata sin dall’inizio un’unica canzone, figlia di una saggia ispirazione. Quando ho iniziato a scrivere questo disco solista sapevo di avere una scadenza serrata e tutti miei amici mi dicevano di essere pazzo nel volerci provare ancora. Le cose non stavano andando bene durante i primi giorni di registrazione e ricordo che mi sedevo nello studio avendo delle crisi di fiducia. Poi mi sono schiaffeggiato, ho imbracciato la mia chitarra ed ho scritto The Odds. “Don’t let them tell you that the odds are stacked against you”. Nonostante sia una canzone legata ad un particolare evento della mia vita, riflette quello che mi sarebbe piaciuto dire a me stesso quando ero più giovane. Forgia il tuo percorso, non temere di commettere errori ma assorbili in quello che sei.

La tua carriera sembra ricalcare gli stessi passi di quella di Steven Wilson. Cosa ne pensi?
Steven ha certamente avuto un grande influenza nella mia carriera, quello che pensi non mi sorprende. Dal 2006 lui è stato il mentore nei momenti cruciali. Mi ha introdotto alla Kscope, mi ha incoraggiato nell’attività di missaggio 5.1 e mi ha fornito preziosi consigli ogni volta in cui ce n’era bisogno.

Quale film potrebbe desrivere il tuo disco?
Questa è una bella domanda ma anche difficile. Ok, vada per Casablanca.

Tre parole per definire il suono del tuo disco?
Tempo, stoicismo, amore.

Cinque canzoni che hanno ispirato questo tuo disco solista?
Paper Tiger – Beck
Day after Day (the show must go on) – Alan Parsons Project
God if I Saw Her Now – Anthony Philips
The Girl Who Fell to Earth – Gaz Coombes
Bats in the Attic – King Creosote & Jon Hopkins

Familiar Patterns – Streaming

Ti potrebbe interessare...

Benvegnù intervista

In fuga dalla carovana dei cortigiani, intervista a Paolo Benvegnù

Le conversazioni, quelle belle. Le occasioni commoventi di incontrare, tangendole, le curve perfette della personalità …

Leave a Reply