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Un cantore al di là del tempo: intervista a Barzin

Sono passati tre anni dal suo ultimo album. Barzin è ritornato con un disco che si presenta come un capolavoro di songwriting allo stesso livello di O di Damien Rice e Pink Moon di Nick Drake. Il titolo è già un programma di alto sentire: To Live Alone In That Long Summer. Abbiamo incontrato Barzin perchè siamo affascinati da quella musica che non finge, e sgorga dal profondo.

Come mai tre anni per realizzare questo quarto album? Eravamo in attesa, sai?
Sono stati molti i motivi. Mi ci è voluto molto tempo per scrivere la musica ed ho voluto assicurarmi di essere totalmente soddisfatto delle canzoni che compongono il disco. E poi volevo ricercare le parole giuste per ogni testo. Ho proprio lottato con alcuni dei testi , come nel caso di Stealing Beauty. Dopo circa 5 mesi di lavoro sui testi non mi piacevano ancora del tutto. Così ho scartato quello che avevo e ho iniziato di nuovo. Anche la registrazione ha preso molto tempo. Ho dovuto lavorare tantissimo sulle parti strumentali fino a quando ho sentito tutti gli strumenti funzionare. Ciò che più rallenta il mio lavoro è la fase di revisione, davvero ho bisogno di capire se ogni dettaglio di musica e parole sia al punto giusto in un insieme armonioso . Alcuni persone riescono subito a stabilire se funziona o meno un brano. Io non sono così veloce! Ho bisogno di tempo per raggiungere la chiarezza.

Perchè hai scelto To Live Alone In That Long Summer come titolo dell’album?
Uno dei temi principali di questo album è la solitudine. Così, quando mi sono imbattuto in questo verso mi è sembrato adatto come titolo. Sai, deriva da una poesia intitolata Do Not Accept, dell’israeliano Yehuda Amichai.

Quali sono le principali differenze tra i lavori precedenti e To Live Alone In That Long Summer?
Nel mio precedente album le parti strumentali e l’atmosfera delle canzoni sembravano avvicinarsi al mondo del folk e all’alt-country. Ho voluto un po’ allontanarmi da questa scia. Ho voluto anche allontanarmi dal suono lo-fi del mio secondo album My Life In Rooms. L’esigenza principale è stata quella di raggiungere sonorità diverse per questa nuova fase. Ritengo inoltre che la chiave di volta del nuovo disco siano stati i musicisti che ci hanno suonato perché hanno contribuito in maniera originale alla stesura dei pezzi, lasciando un segno fondamentale. Questo è elemento di grande differenza rispetto alla lavorazione dei dischi precedenti.

Un mood nostalgico affiorà all’ascolto di To Live Alone In That Long Summer. Sembra ci sia anche la ricerca di una nuova libertà rispetto al rumore della vita moderna, forse raggiungibile in un vero amore. Cosa pensi di queste impressioni?
Penso che hai colto in pieno quello che volevo trasmettere con questo disco. In particolare ero interessato al tema dell’alienazione che un individuo può provare nel vivere nelle grandi metropoli, e le azioni che provengono da questo tipo di alienazione… ad esempio la necessità di sentirsi connesso a qualcosa o qualcuno.

Ci puoi spiegare come è nata  All The While? Trovo sia una canzone perfetta…
Grazie. Sono contento che la pensi così. Credo sia affascinante seguire l’evoluzione di una canzone, dall’accompagnamento di una chitarra acustica o di un pianoforte fino alla versione finale su un album. Originariamente ho voluto mantenere questa canzone come una canzone da solista. Se si ascolta la prima versione (è possibile scaricare la prima versione qui, ndr) si resta spiazzati. Via via ha iniziato ad assumere una nuova identità. Fondamentale è stato Les Cooper, che mi ha aiutato a definire la parte di chitarra, la vera ancora del pezzo.

Sandro Perri, Tony Dekker (Great Lake Swimmers), Daniela Gesundhet (Snowblink), Tamara Lindeman (Wheather Station). Come sono nate le collaborazioni di questo disco?
Sandro Perri e Tony Dekker sono miei vecchi amici e hanno suonato le mie canzoni per tanto tempo. Questo disco mi è sembrato un ottimo motivo per lavorare con loro. Rispetto immensamente Daniela e Tamara come cantautrici, e mi piace il loro stile di songwriting. Inoltre mi piace la loro voce. C’è una tale autenticità e onestà quando cantano. Questo è quello che cerco quando ascolto un cantante, per questo le ho volute con me.

La tua musica è principalmente un’esperienza intima. Come percepisci questo aspetto durante un concerto?
Mi affido molto ai dettagli. Cerco di trasmettere l’umore e sil entimento, sono di solito molto difficili da catturare in un ambiente dal vivo. A meno che la location abbia un ottimo impianto, adatto al tipo di musica che faccio, cosa che spesos non accade! Quindi eseguire la mia musica dal vivo è una sfida, soprattutto quando il concerto si deve svolgere in un bar dove il rumore della folla è molto più forte.

Immagina di descrivere la tua musica attraverso dei dipinti. Quali pittori potrebbero descrivere la tua musica?
Questa è una domanda interessante. Non ho mai pensato a questo prima. Il primo artista che mi viene in mente è Francis Bacon. Accidenti, però lui sarebbe piuttosto scuro… Vorrei poter dire che la mia musica è come l’opera di Paul Klee, o Rothko, ma penso che la mia musica non abbia la leggerezza che si può trovare in questi artisti.

Cinque canzoni per creare la tua playlist per un viaggio interiore?
Bob Dylan – Visions of Johanna, Miles Davis – So What, Beatles – Long Long Long, Leonard Cohen – Take This Waltz, Kurt Veill – Speak low

All The While – Video

To live alone in that long summer – streaming Spotify

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