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Hermann – Paolo Benvegnù

Hermann si racconta da solo. Basta aprire bene la cassa toracica e prestarsi alla destinazione. I timpani sono un mezzo, le vene la via, il petto la meta, ogni vertebra un taccuino cui appuntare cartoline di sete, profezia, i giorni qualunque e l’epoca che sono. Hermann ha il sacro diritto ad essere ascoltato senza pudore, prima di qualsiasi preconcetto, con le mani aperte, lo sguardo fermo, attento, uno sguardo che non ceda al buio, che non arretri di fronte a troppa luce. Non interrompetelo. Lasciate che parli. Lasciate che suoni. Lasciate che vi stani dal silenzio senza costringervi a rompere il silenzio. Fissatelo, tacete, ascoltate. Dovesse spogliarsi lasciatelo fare. Dovesse darvi le spalle non andate via. Dovesse urlare non portate le mani a coprirvi il volto. Guardate. Continuate a tacere. Ascoltate. La sua gola gonfia è trasparente, una corteccia secolare su cui scorrono immagini: bianco e nero di trincee, seppia di fuggitivi e carnefici, grigio di profeti e invasori, blu cobalto di conquistatori, ladri, amanti, rosso di tranelli, sciami, eroi. La voce le innalza e le colloca, le restaura del colore che si era arreso alla polvere, le spinge via dal limbo e le costringe a darsi. Prendete. Prendetevi la delicatezza e l’incanto, la violenza e l’ipnosi: prendetevele. Sono solo canzoni: non temetele, non arretrate, non possono farvi male. Se vi spogliano lasciatele fare. Non c’è vergogna in questa umana nudità. Certa nudità insegna. Insegna che è nel volume il segreto, non nella forma; che una forma perfetta non è le simmetrie, ma le contiene; che la vera bellezza è un marchio indelebile, non un gioco, non un facile inganno. Hermann è un disco uomo, umano, adulto e sconsacrato, femmina e bambino, tridimensionale, colto; un disco che froda le aspettative e si espone, umanesimo rock da cui lasciarsi consumare, trarre in avviso, sbalordire. Sono canzoni sapienti quelle firmate da(i) Paolo Benvegnù dopo il porpora di Dissolution, catalogo fotografico sui generis di una carriera solista permeata di genio intimista. Hermann è un poema (pop-)epico, di semplice complessità rock, sceneggiato con battute acustiche sostenute da una scorticante dialettica elettrica, arrangiato con mostruoso talento, con sobrietà, quella che ubriaca, timbrica, armoniosa, seducente, la sobrietà delle cose necessarie. Hermann non ha più paura: tutto qui. Potremmo dirlo di noi?

Credits

Label: La Pioggia Dischi / Venus – 2011

Line-up: Paolo Benvegnù (voci) – Andrea Franchi (batteria, percussioni, organi, sintetizzatori, pianoforte, chitarre, voci) – Guglielmo Ridolfo Gagliano (chitarre, sintetizzatori, pianoforte, violoncello, voci) – Luca Baldini ( basso) – Michele Pazzaglia ( suoni, crackle-box) – Simon Chiappelli (trombone, tromba) – Filippo Brilli (saxofoni, clarinetto basso) – Emanuela Agatoni (violino) – Giulio Angori (contrabbasso). Brani di P. Benvegnù, eccetto 01 di G. R. Gagliano, 07 di P. Benvegnù e G. R. Gagliano, 09 e 13 di A. Franchi, 10 e 11 di A. Franchi e P. Benvegnù

Tracklist:

  1. Il pianeta perfetto
  2. Moses
  3. Love is talking
  4. Avanzate, ascoltate
  5. Io ho visto
  6. Andromeda Maria
  7. Achab in New York
  8. Sartre Monstre
  9. Good morning, mr. Monroe!
  10. Date fuoco
  11. Johnnie and Jane
  12. Il mare è bellissimo
  13. L’invasore

Links:Sito Ufficale,MySpace

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