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Le belle canzoni fanno vedere: intervista a Pietro De Cristofaro (Songs For Ulan)

Sorrento è famosa in tutto il mondo per la sua meravigliosa posizione geografica sulla costiera . Da otto anni a questa parte, in un ponte ideale attraverso il rock-blues con ascendenze folk e lo-fi dei Songs for Ulan, questa fantastica città sembra non essere più bagnata dalle acque del Mar Tirreno ma da quelle del delta del Mississippi. Al terzo lavoro il progetto Songs For Ulan di Pietro De Cristofaro riconferma la sua attitudine a spazi aperti in bilico tra il deserto e l’oceano, dove la notte dell’anima fa da sfondo. The globe has spun and we’re all gone è ricco di immaginazione  e dettagli sonori che lo rendono un’esperienza unica, densa ed emozionale. Dietro le quinte ancora una volta il sarto Cesare Basile e come ciliegina sulla torta Dave Muldoon. Losthighways non poteva non accogliere con grande interesse il ritorno di un grande talento e approfondire i segreti di quest’ultimo lavoro discografico.

Sono passati circa cinque anni tra You must stay out e l’attuale ultimo tuo lavoro The globe has spun and we’re all gone, e comunque si respira l’aria di sempre. C’è dietro sempre la produzione artistica di Cesare Basile che sa vestire le tue magiche intuizioni sonore ed il tuo modo viscerale di scrivere canzoni. Avverto una maggiore densità nelle atmosfere e nei colori di questo disco. Me ne parli?
Volevo un disco “di band”, volevamo, quindi. Per quanto le canzoni ci lasciassero fare, per il talento e le macchine d’epoca di Peppe De Angelis, con cui abbiamo registrato otto brani del disco e mixato tutto il lavoro, presso il Monopattino, a Sorrento.

Hai trovato ispirazione nelle poesie di Tiziana Cera Rosco per la stesura dei testi in inglese. Cosa ti ha colpito delle sua poesia?
Ci siamo incontrati nell’estate 2009, prodromi del disco. Avevamo già chiuso un paio di cose. Le ho fatto ascoltare, ho letto le sue poesie, ci ho visto le canzoni. Ho tradotto alla lettera, per ciò che posso, un taglia e cuci e… suonava benissimo.

Come sono nate Like Tv e The Bed (tra le mie preferite del disco)?
Tv era una vecchia idea.
Bed una nuova.
Vladimiro sei un genio, in un disco straestemporaneo hai colto… il primo registrato coll’affarino digitale in un albergo sul mare, il secondo concepito in una stanza d’albergo, a Roma. A maggio.

Ho sempre pensato che tu e Cesare Basile siate come Emilio Salgari. Come lui descriveva i posti remoti dell’Indonesia nei suoi libri senza mai essere stato lì, anche voi portate il deserto, il rock-blues che affonda le origini nel delta del Mississippi pur essendo figli di un altro sud, quello italiano e non americano. Forse è solo una questione di sentire il mondo in una certa maniera?
Ci siamo conosciuti alla Ricordi, a Milano.
Dall’editore, dodici anni fa.
La notte stessa eravamo sbronzi a volerci bene.
Occhio all’ Arsenale.
Parlatene.

Lo abbiamo fatto  elo faremo ancora. Parlaci del tributo a Leonard Cohen,  la suggestiva cover di If it be your will per cui hai collaborato anche con Dave Muldoon…
Pigri, ci piace sempre il pezzo in più/in meno che è la cover in un disco. Osando, come è giusto che sia. E, nel pomeriggio pigro milanese che fu, Dave non ti citofona?!

A promise la vedrai perfetta in un film di David Lynch, hai mai pensato di realizzare una colonna sonora?
È il mio sogno. Le belle canzoni fanno vedere.

Come hai scelto i disegni che caratterizzano l’art-work di The globe has spun and we’re all gone?
Sono disegni di Luigi Collina, Signore del Bar Internazionale di Positano, artista sommo di migliaia di gioielli a penna su tovaglioli di carta, fumettista. L’ha fatto per noi, il disco ancora devo darglielo.

Tre parole per descrivere il tuo disco…
Aspetto
Una
Figlia

Cos’è è per te il blues, il rock e la musica indipendente?
In me sono due attitudini, due lati di uno stesso carattere, due tinte dello stesso colore.
Si fondono nella musica che più amo, quella che va dagli occhi ai genitali e ti esplode nello stomaco. Quella con cui vivi come in fuga dall’ultimo guaio che hai combinato.
Sai cucinare? Sono i migliori ingredienti che hai, due grandi fondi  per cucinartici la vita.
Non so se oggi si possa ancora parlare di musica indipendente.
Vent’anni fa e più ascoltavamo gli Husker du, i Replacements ed i Fugazi. E tanti altri.
E gli credevamo.
Noi giovani e spesso benestanti, curiosi e innamorati.
Autoproduzioni e concerti a cui vendere i dischi. E ancora suonare. E quando possibile rinunciare al cachet.
Le bands americane, talvolta nordeuropee, come treni in corsa che sfondavano il culo all’Europa, Italia in particolare coi suoi sanremi.
Oggi mi sta bene quando si premia la qualità e non la quantità. C’è troppa roba inutile e poco credibile in giro.
E non ci credi più.

Hai avuto modo di ascoltare l’ultimo lavoro di Cesare Basile?
Certo, è un disco che marcia, ne puoi sentire il fragore dei passi.

Qual’ è l’ultimo disco che ti ha colpito?
Let it be dei Replacements.

The globe has spun and we’re all gone – Preview

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