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I dettagli sono sempre importanti: intervista Jester at work

jester-at-work_inter01Per ognuno di noi nel mondo c’è un sosia o un gemello del sentire. Jester at work è il gemello di artisti come Tom Waits e Mark Lanegan, ma non dal punto di vista del puro colore della voce bensì dal punto di vista dell’attitudine alla scrittura di una canzone. Jester at work è un’interessante progetto di Antonio Vitale che sperimenta in analogico con 4-Tracks Fostex Recorder la realizzazione lo-fi del folk e del blues. C’è polvere di deserto nel suo Lo-fi, Back to tape. Tra Crash Test Dummies e Nick Drake, la musica di Jester at work ha la dignità di non emulare ma di essere vera espressione del sentire dell’America periferica. (I’m on Fire è in streaming autorizzato)

Perché Jester at work?
Nel mettermi di nuovo in discussione dopo diversi progetti del passato ho scelto un nome che mettesse in evidenza la mia volontà di lavorare sulla musica con un’ attenzione particolare verso le mie vicende interiori con il piglio di un menestrello che racconta, con amarezza e allo stesso tempo leggerezza, delle sue mancanze e delle sue conquiste.

La scelta di registrare con 4-Tracks Fostex Recorder è stata una scelta di ritorno all’analogico per non perdere le dinamiche calde della musica suonata con l’anima rispetto alla perdità di dettagli del digitale?
I dettagli sono sempre importanti e concepirli in analogico è stato molto divertente. E’ vero che molte atmosfere che si ascoltano in Lo-fi back to tape sembrano create sul momento e in parte è proprio così. Quello che volevo esprimere però è stato pensato e dettagliatamente progettato, infatti la scelta del Fostex
non è un caso. Sono partito per utilizzarlo come notebook, ma alla fine non ce l’ho fatta: era troppo gommoso e infuocato per non essere utilizzato fino in fondo.

jester-at-work_inter02Come sono nate I’m on fire e Right words?
I’m on fire l’ho scritta di getto. Volevo scrivere di una forte emozione provata in un incontro, una vibrazione calda che questa persona aveva creato in me, ma poi mi sono reso conto che questa forte energia era già in me e aspettava solo di uscire, quindi ho finito per parlare tra me e me. Right words l’ho scritta in più tempi e in diversi momenti. E’ una canzone che suona come una promessa mantenuta solo in parte. Perchè non si può essere una roccia o un fiume senza avere la capacità di trascendere le trappole che la mente crea. Le parole sono come lampi senza tuoni se non sono supportate dai fatti.

Ascoltando il tuo disco sembra di trovare il punto stilistico originale di incontro tra il Lo-fi ed il blues…
Il blues che preferisco è inevitabilmente lo-fi. Skip Jones non sarebbe stato quello che è stato con un pc
davanti. Quindi sono contento di essere riuscito a realizzare un lavoro in analogico e in questa maniera, e
trovo che la considerazione che fai sia molto vicina a quello che penso.

Quali sono i tuoi principali riferimenti musicali?
Ascolto di tutto, posso dirti quello che ascolto adesso e che mi dà delle ispirazioni particolari: Elliot Smith,
gli Wovenhand, The The, Nick Drake, i QOTSA non mancano mai e Mark Lanegan ne fa da padrone, ma anche PJ Harvey.

La tua musica evoca l’America periferica, quella ai margini del deserto. Ci sei mai stato in quei luoghi?
Sono stato nel deserto, ma quello messicano: il deserto di Wiricuta nella Sierra Madre, luogo sacro per il popolo degli Huicholes e anche per me. Il deserto è incredibile e magico perché risponde alle tue domande.

Ci sono previsioni di tue date live in Italia ed all’estero?
Ci sto lavorando e per adesso sono riuscito a trovare delle date dalle mie parti, tra l’Abruzzo e le
Marche, ma ci sono margini per andare anche altrove. Estero? Anche domani!

Cosa pensi dello stato attuale della musica indipendente in Italia?
Trovo che ci siano tantissime band, e non sto qui a citarle, che hanno talento da vendere e originalità nel sangue, ma in Italia non c’è possibilità di emergere con quello che veramente e profondamente si vuol far ascoltare. Pochi sono quelli che sono riusciti e sarà sempre più difficile in futuro. E’ difficile vendere dischi a persone che ti chiedono ancora se devono darti qualcosa, magari due spiccioli, per avere il tuo album.

jester-at-work_inter03Cosa pensi di Mark Lanegan?
Riesce a trovare sempre la giusta intensità nelle sua interpretazioni. E’ una persona certamente con un vissuto forte. Sul palco è un macigno, non lo schiodi e le sue canzoni hanno sempre una duplice verità, che poi è la stessa: la morte e la vita.

Gli ultimi cinque dischi che hai trovato interessanti?
Dig out your soul (Oasis), Black Ice (AC/DC), Together Through Life (Bob Dylan), In the future (Black Mountains), For Emma Forever Ago (Bon Iver).

I’m on Fire – Preview

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