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The crying light – Antony and the Johnsons

antony-200x200Molte volte la bellezza di un’anima è così evidente da superare le barriere della matericità, da spezzare le catene dell’apparenza superficiale ed è tale che un omone alto e grosso appare come l’essere più aggraziato che esista al mondo. Antony Hegarty è come una scultura michelangiolesca, un’interiorità così forte e profonda che riesce a far sembrare il marmo una superficie viva e vibrante, che emoziona e scuote fin dal primo sguardo. The crying light è il terzo album di Antony e dei suoi Johnsons e con un compito ingrato, quello di venir dopo I’m bird now, capolavoro indiscusso dell’artista. Sicuramente è un disco diverso, all’apparenza meno emotivamente d’impatto, meno straziante e straziato ma si tratta solo dell’altra faccia della medaglia. In The crying light la commozione e l’intensità si prendono qualche minuto in più per arrivare al cuore, vogliono un ascolto prolungato, forse più di testa che di pancia. La confessione ha cambiato aspetto, non è più rivelazione del dolore ma ricerca e rivelazione della soluzione. Quando agli occhi degli uomini sei inspiegabile c’è qualcuno di più grande pronto ad accoglierti: la natura, la Vita. E non è un caso che una delle parole che più ricorre nei testi di questo nuovo lavoro sia born.
Il disco si apre con Her eyes are underneath the round, pianoforte predominante ad accompagnare il canto angelico di Antony. La melodia è profonda, drammatica, avvolgente: “In the garden, with my mother, I stole a flower. With my mother, in her power I chose a flower”. Una madre universale, evidente. Epilepsy is dancing è la canzone più immediatamente legata a Kazuo Ohno, danzatore giapponese, ispiratore di questo disco. La danza è epilessia perché, come sosteneva Ohno, il miglior modo per trasmettere al pubblico delle emozioni non è imitare, riprodurre con il proprio corpo l’essenza corporea di un oggetto ma piuttosto trasmettere l’emozione che quell’oggetto sa dare. Annullare il proprio corpo per diventare qualcos’altro. E la melodia di questo pezzo è infatti estremamente ritmica, cadenzata, volteggia come un corpo danzante. Dolente e delicato è One dove, con le sue parti strumentali così perfette. Ed è uno dei due pezzi in  cui la ricerca di un rapporto con la natura appare più evidente insieme con Kiss my name. Quest’ultimo ha una struttura musicale totalmente diversa dal resto del disco, è forse l’unico brano in cui la batteria compare in maniera cosi determinante e si impone una splendida varietà nei suoni. Anche in questo caso la natura è la Madre e Antony è il figlio che cerca l’appartenenza prima di chiedere un altro mondo, (Another world) dove ci sia la pace, dove per tutti possa sorgere la luce del giorno. Ha la potenza di un canto religioso corale e antico, Daylight and sun: “Daylight kissing everything. She can see”. La ricerca della natura sembra compiersi in Dust and water, dove la voce di Antony diventa quella di uno sciamano africano. La musica è sottilissima, quasi inesistente, mentre Antony canta, pronunciando parole, sillabe, vocalizzi, fino alla sfumare quasi senza una conclusione.
Ancora una volta Antony è riuscito a regalarci un capolavoro, ancora una volta è riuscito ad emozionare come pochi.

Credits

Label: Rough Trade – 2009

Line-up: Antony and the Johnsons

Tracklist:

  1. Her eyes are underneath the ground
  2. Epilepsy is dancing
  3. One dove
  4. Kiss my name
  5. The crying light
  6. Another world
  7. Daylight and sun
  8. Aeon
  9. Dust and water
  10. Everglade

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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Un solo commento

  1. Quet’ultimo disco di Antony mi ha veramente spiazzato; il lirismo e le melodie classicheggianti lo fanno suonare quasi più allegro, gli danno un sapore tutto particolare.
    Gran bella recensione Alessandra, hai saputo farci entrare ancora nel suo mondo, hai scovato la bellezza pur nell’altra faccia della medaglia.

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