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I colori della musica dietro le lenti: intervista ad Alessandro Paderno (Le man avec les lunettes)

Il primo giorno di questo mese di ottobre è ufficialmente uscito il nuovo disco dei Le man avec les lunettes.
Nata da un semplice duo, ora la band è stabilmente composta da sei elementi che offrono disparati suoni e melodie, dipingendo pentagrammi con inchiostri dai colori sgargianti. Dal 2004, anno in cui si è unito il gruppo, la discografia della band vanta già ben dieci produzioni musicali, e circa un centinaio di concerti che hanno permesso di assoldare un piccolo esercito pronto a saltare, divertirsi ed emozionarsi, mettendosi in gioco.
Una tale energia pulita non poteva passare inosservata a Losthighways che incontra la band in strade disseminate di coriandoli e note tra il beat, la psichedelia e il più moderno pop.

Dopo una lunga serie di demo, ep e raccolte,  Plaska plaska bombelibom pare essere il primo vero e proprio album. Cosa cambia realmente tra i precedenti lavori e l’ultimo? Quest’ultimo ha per voi davvero più importanza artistica e professionale?
Non credo che questo lavoro abbia più importanza degli altri; semplicemente dopo aver lavorato con EP, cassette e vinili con poche canzoni per ciascuno, ti viene voglia di rischiare e di mettere più canzoni una di fila all’altra. In realtà Ci siamo poi accorti che più di nove pezzi non suonavano bene, e anche che stare sotto i 30 minuti lo faceva sembrare più un album punk che una produzione pop. Le cose poi in realtà tornano, perché anche la produzione è stata un poco punk (punk inteso come mettere i microfoni alla veloce e registrare quello che viene ripetendo il meno possibile); chiaramente ci sono stati degli arrangiamenti invece pesati al grammo (per esempio la partitura di Summer song potrebbe essere tipo una ricetta di cucina: prendi una batteria brillante e unisci una chitarra acustica non troppo invadente, mescola il tutto aggiungendo banjo, organo… e cosi via, capito no?). Comunque tornando alla domanda: sì, a posteriori lo consideriamo il nostro primo LP.

Nel blog della vostra pagina MySpace, con toccante sincerità, descrivete la fatica del “creare” un oggetto musicale, facendo intendere che la musica forse non ha prezzo, ma sicuramente dei costi economici, fisici e mentali… poi però la vostra scelta di distribuzione del disco è paragonabile solo a quella realizzata dai Radiohead (In Rainbows), band che però, ovviamente, gode di una posizione ben diversa…
Beh sì, registrare un disco… ecco si può registrare in diversi modi, dipende. Sicuramente i dischi folk/pre folk, oppure quelli di improvvisazione, hanno bisogno dell’immediatezza: prendere quello che c’è in quel momento. Ecco, noi non facciamo quello. Prendiamo ciò che esce dallo strumento in quel momento, a livello di esecuzione, ma poi si valutano le dinamiche e i suoni che si vogliono avere in una canzone. Quindi è raro che uno strumento inizi e finisca un pezzo, entrando ed uscendo, accompagnando la canzone nel modo che noi vogliamo, che esso sia saltando oppure a braccetto con la melodia. Dipende. Per farla breve: sì, la testa è veramente molto impegnata.
La distribuzione, invece, non la vedo una cosa legata a questo discorso. Mi viene in mente una cosa che ho sentito in un’intervista al MIAMI: 10.000 persone erano passate quel giorno a sentire i concerti, ma tu per vendere 1.000 copie del tuo disco ci metti un anno e 50 concerti. Se unisci questo al fatto che la distribuzione dei dischi in Italia è purtroppo congelata, capisci come mai abbiamo pensato di far scaricare il disco con la modalità “fai tu il prezzo”.

Un’intensissima attività live si combina con un’altrettanto estenuante produzione in studio, a conferma che per Le man avec les lunettes le due dimensioni musicali sono le differenti facce di un’unica medaglia. Cosa rimane più a lungo dentro di voi del ricordo di un concerto e di una giornata  alle prese con le registrazioni?
Non so, il live è spesso (il 90% delle volte) stancante: qualcosa si rompe, oppure l’impianto fa schifo, oppure non ti danno da bere, oppure c’è la pizza per cena (che è buona, ma tre sere consecutive no), oppure non c’è nessuno a sentire il concerto. Certo ci sono anche delle volte in cui tutto è perfetto! Diciamo, più che altro, del live ti ricordi le persone. Pubblico, organizzatori, altri musicisti. A me piace per quello.
Lo studio (il 90% delle volte) è magnifico, anche perché noi lavoriamo quasi sempre in studi nostri, in casa, quindi senza i patemi da “pagamento ad ore”. In questa situazione, però, il problema diventa capire quando un pezzo è finito, cioè… potresti non smettere mai di produrre un pezzo.

Anche in studio vi siete scelti la compagnia di altri amici che spesso hanno calcato i vostri stessi palchi. Progetti comuni, obiettivi simili ma comunque differenti sguardi sul mondo e sulla musica della penisola e d’oltralpe. Come nascono questi rapporti di collaborazione tra artisti orbitanti intorno allo stesso sole?
I rapporti, in generale nascono perché ci si piace, prima come persone e poi come musicisti. Noi siamo partiti in due, ora siamo in sei; se aggiungi anche le collaborazioni, dieci persone hanno contribuito a scrivere quest’album. 10 persone con 10 idee ciascuno sono 100 idee, che per 9 pezzi sono 900 idee: ognuno ci mette un poco di sè e di quello che piace, e se unisci  900 cose che ti piacciono ottieni qualcosa che è 900 volte più bello di quello che avresti potuto fare tu da solo! Alla fine i rapporti di collaborazione sono matematica elementare. La difficoltà sta nel modellare le idee in modo che tutto si incastri bene, che il pezzo senta queste tante tante idee come un’idea unica, quasi come se alla fine solo una persona ci avesse lavorato.

Plaska plaska bombelibom, non perdendo l’approccio dei precedenti lavori, suona più solare e meno introspettivo. C’è più canzone, c’è più pop, c’è ancora più colore. L’uomo occhialuto ha cambiato le lenti?  A cosa servono e serviranno i vostri occhiali? A vedere meglio ciò che ci scorre attorno o a difendersi dalla realtà, riflettendola via?
Gli occhiali scrivono le canzoni per noi, non siamo noi a scriverle, e per questo credo di poter affermare che le canzoni non hanno nulla a che fare con la realtà: non ci permettono di approfondirla nè di difenderci da essa. Per quanto riguarda il suono, forse è ancora più pop, ma non c’è un ragionamento particolare dietro: veniva cosi e abbiamo lasciato che uscisse cosi. Alla fine abbiamo tempo di diventare ancora più vecchi e scrivere canzoni tristi.

I vostri riferimenti musicali sono palesi ma non spudorati. La fantasia beatlesiana sembra una qualità che in voi risiede e vive con autentica genuinità: secondo voi dove albergava la magia di quei tempi andati?
Personalmente mi piace seguire quello che accade oggi in musica. Credo che la magia permanga anche oggi in tantissimi lavori. La musica del 2008 è fatta da persone che vivono il 2008 come lo sto vivendo io, quindi capisco cosa dicono, cosa scrivono, i titoli (che ne dite di Almost left my BF for his Casio?).

Il vostro suono veste come un abito stretto al nostro mercato musicale e non è un caso che vi siate spinti fuori dall’Italia. Oltre i confini nazionali avete trovato…
Trovi le stesse cose che ci sono in Italia, ma diverse. Una cultura diversa, trovi spunti e stimoli nuovi. Viaggi tanto e ti perdi, passi le giornate in furgone, mangi cose che non avevi mai mangiato, ti rendi conto che ci sono altri, tantissimi gruppi, che come te suonano e si sbattono e quindi capisci che è giusto meritare rispetto per quello che fai. Ti accorgi che poi hai anche voglia di tornare a suonare in Italia, e di tornare a casa.

Ora è uscito Plaska plaska bombelibom. Dove volete arrivare?
Non avere aspettative è il modo migliore per fare uscire un disco. Comunque in ordine casuale: fare un duetto con Beyoncè, suonare al concerto del primo dell’anno (quello trasmesso dalla RAI da Vienna, forse non ricordo), dare Apples a Steve Jobs ricevendo in cambio un assegno in bianco, apparire tutti e sei sul retro dei miei cereali preferiti vestiti da supereroi, fare un video con Luca Lumaca (ahah, quello lo facciamo, sì!), fare un’apparizione all’interno di una puntata dei Simpson!

A summer song – Preview

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