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Skin to skin: intervista ai Rio Mezzanino

I Rio Mezzanino sognano, reiterando sequenze verbali e di note. Mirano al mantra ipnotico per liberare le sensazioni dal corpo. Accarezzano l’immaginazione che brama sogni oltre le lame della normalità. Usano la notte, le stelle, i colori calati nel tratto deformante e morbido di IGORT. Rendono il peso del desiderare come un bagaglio che spinge la massa dei bisogni verso terra, eppure spuntano ali. Ali per la natura testarda, goffa, vincolata degli uomini/asini. Economy With Upgrade (Danza Cosmica, 2008) osa un concept complesso. Il nodo delle opposizioni e la consapevolezza del poterlo vivere. Calano le parole in strutture sonore circolari che lambiscono squarci rock, tenerezze folk, malinconia blues, lievi divagazioni jazz e interferenze d’elettronica. LostHighways entra nel mondo dei Rio Mezzanino.

Perchè questo nome per una band?
Antonio: Sono due parole cariche di significato.Rio è il fiume, in Italia spesso usato per denominare dei piccoli corsi d’acqua, Mezzanino è il piano ammezzato, filtro tra il piano terreno e i piani “nobili”, in passato era un mezzo per pareggiare i prospetti, una sorta di piano fantasma.

Unite insieme le due parole creano un’immagine poetica, onirica, un fiume carsico che esiste ma non sempre è visibile, che appare e scompare attraversando aree urbane ed extraurbane, un’allegoria della vita umana insomma. Oppure semplicemente due parole che hanno un bel suono, liquido e solido insieme.

Il vostro percorso è segnato dalla scelta della contaminazione che coinvolge rock, folk, blues, etnica, classica, jazz, elettronica. Il risultato è Economy With Upgrade (Danza Cosmica, 2008), il vostro primo album…
Beppe: Ci abbiamo creduto e l’abbiamo voluto fortemente. Per un gruppo autoprodotto è già un grande risultato che ci infonde una forte dose di coraggio per andare avanti. Ognuno di noi viene da esperienze musicali diverse che alla fine hanno trovato il comune denominatore nell’intreccio e nella fusione di vari stili. Ma sopra ogni cosa c’è la passione che ci ha fatto superare momenti di stallo molto pericolosi e permesso di trovare energie assolutamente inaspettate.
Oretta: Questo primo disco è per noi traguardo e punto di inizio. Traguardo perché è il frutto di un lavoro appassionato e costante che ci ha permesso di mantenere vivo il progetto attraverso gli anni e le relative vicissitudini (es. i cambi di organico); punto di inizio perché, al di là di numerosi demo e promo, nessuno di noi aveva mai pubblicato un disco prima perciò siamo sicuramente carichi di energie ed entusiasmo rinnovato. Questa prima tappa del percorso, segnata da Economy With Upgrade, si porta ovviamente dietro le tracce, musicali e non solo, che abbiamo sperimentato insieme… insomma se guardi bene il ciuchino oltre al paio d’ali ha una bella bisaccia carica di…

I due nuclei concettuali dell’album oscillano tra le dinamiche di associazione/opposizione: l’acqua e il deserto, la presenza e l’assenza. Sottile giocare in questo modo! Le parti in causa non si negano, anzi si richiamano per una necessità inevitabile…
Antonio: Così è.Gli opposti che si attraggono e si desiderano fino a completarsi, a volte fino a distruggersi. Senza questa dinamica nulla si muoverebbe, eppure rimane un motto eterno senza soluzione. Parlare di deserto significa celebrare l’acqua, ma non si potrebbe celebrare quest’ultima senza averne conosciuto a fondo la sua mancanza.

A proposito dell’assenza che sa essere presenza e della presenza che pretende nell’assenza… la mia attenzione è stata catturata dall’incipit di Arianna (dunque dell’intero album). Squilli, una segreteria telefonica, un segnale acustico… l’atto del cercare chi non c’è, ma c’è…
Antonio:Torna il fiume carsico, credo che sia sempre più raro e difficile, quasi presuntuoso centrare un obiettivo al primo colpo, siamo umani e dobbiamo accettare di avere cicli umani: si semina. A volte si raccoglie.Beppe: L’idea della segreteria telefonica è probabilmente nata prima del disco. Arianna esiste veramente e quella è proprio la sua voce. Era l’inizio ideale per usare una segreteria così impersonale ma allo stesso tempo amica (la voce a noi familiare) trasformata in una sorta di megafono verso il mondo.

Testi minimali e ancorati al sogno, reiterazioni sonore puntando alla solidità della melodia. La canzone muta in mantra, in invocazione che accarezza il gioco dell’ipnosi dei sensi… Un modo per dare forma al desiderio, all’inarginabile bisogno di superare la natura goffa e ottusa dell’essere uomini… e poi volare, anche solo immaginando?
Beppe: Ovvio che il sogno è alla base di un viaggio che non è però obbligatoriamente fisico ma anche spirituale o mentale. Usiamo gli strumenti per trasformare un’immagine in musica, per stimolare uno stato d’animo, per acutizzare dei sensi colpiti o magari solo nascosti per pudore o semplicemente per giocare con il lato irrazionale e spesso timoroso della mente umana.
Antonio: Personalmente considero la musica una possibilità di espressione salvifica, mistica, anche quando si manifesta nelle sue forme più sguaiate e rumorose. E’ sempre l’intensità quella che fa la differenza perché permette alla musica di essere recepita. Il mantra è per me una necessità, un rito, devo creare un cerchio e rintanarmici dentro, per proteggermi e ritrovarmi, per stare da solo o portare con me le persone care. Parole, note musicali o ritmiche circolari servono a questo scopo. Grazie al trip-hop ora è diventato un modo moderno di esprimersi ma in realtà lo è da sempre, dall’alba dei tempi, è la cultura tribale.
Leo: Amo spaziare, amo volare e suonare, e per quanto mi riguarda, la musica è sicuramente uno dei tramiti più diretti per evadere e alleggerire i problemi (molto probabilmente senza di essa sarei già morto). Basta decidere la destinazione, cosa cercare, e la musica ti può mettere un fottuto missile ai piedi per allontanarti il più lontano possibile in qualsiasi momento. Oppure un paio di ali, magari il viaggio risulterebbe meno traumatico e più romantico…

Questa condizione ha avuto una traduzione grafica grazie al tratto del fumettista IGORT. L’asino con le ali… mi ricorda anche l’Eroe con l’ala di P. Klee. Due diversi modi per alludere alla consapevolezza del peso del voler desiderare. L’attitudine al volo e l’inadeguatezza che i Rio Mezzanino scaraventano nella dimensione del possibile: il sogno vince il disagio. Lo stesso messaggio positivo nella costruzione della canzone e nell’artwork. Perché ricorrere al fumetto?
Beppe: Antonio è sicuramente il primo artefice di questo legame. Già prima di conoscere Igort l’idea del fumetto era già presente ed attiva. Poi tutto si è materializzato come meglio non potevamo sperare. Igort è un grandissimo artista e per noi è un vero onore aver collaborato con lui. E siamo pienamente soddisfatti del risultato.
Oretta: L’incontro assolutamente fortuito e fortunato con Igort è stato una specie di dono. La sua fiducia e la sua disponibilità ci hanno dato prima di tutto un supporto morale importantissimo nel momento in cui si trattava di “fare il grande salto”; il suo contributo artistico poi, davvero impagabile, ha aggiunto molto più che una semplice veste grafica: credo che realmente il suo tratto abbia dato un “volto” a questo disco e, cosa ancor più preziosa, una vera e propria “chiave di ascolto”. Il fumetto, che Igort sarendere magnificamente sognante, ti mette in una condizione di leggerezza e di trasposizione fantastica che rende lievi le atmosfere musicali più scure o dure.
Antonio: Sì, il peso del voler desiderare, a volte è davvero insostenibile, portarlo alla dimensione onirica aiuta a sopravvivere. Nel sogno però non c’è l’unicorno bianco immacolato, ma l’asino, goffo, umile e testardo. Lui non ha paura di affrontare la notte per andare a brucare l’erba nei campi. Anzi si fa spuntare due piccole ali come una mutazione genetica, una violenza necessaria per uscire dal recinto. Là fuori tra i fichi d’india e le stelle si può incontrare la libertà come la pazzia, la lussuria come il rifiuto, la profonda tristezza come la sottile ironia (vedi l’enigmatico volto della gitana). Beh, credo che quel genio multiforme che è Igort abbia rappresentato esattamente questo, e io non avrei potuto desiderare di meglio. Musica unita al fumetto è un sogno che coltivo da sempre, Igort si è manifestato nella nostra vita come una creatura magica, ha aperto la porta e ci ha ospitati nella sua ”casa”, ci ha regalato il suo tempo, la sua arte, i suoi consigli, ma cosa ancora più magica ha colto perfettamente il nostro spirito. L’incontro col poeta visivo e magnate Igort ci ha sicuramente dato una mano enorme, sia materialmente sia moralmente. Non mi importa di essere ridondante, credo che ci siano oggi talmente poche persone pronte ad aiutare disinteressatamente gli esordienti che, quando ci sono, vadano davvero portati ad esempio.

Quali sono i desideri dei Rio Mezzanino?
Beppe: Trovare quelle “cazzo di ali” e volare più alto possibile.
Leo: Mi auguro che in Italia rinasca una cultura musicale che in questi anni è andata a farsi fottere. Nei locali, ma purtroppo anche ai concerti, c’è un clima di totale indifferenza verso la musica: la gente vuole il sottofondo, vuole qualcosa che possa coprire quella voce di merda che si ritrovano. E trovo addirittura peggiore, che in certi contesti (jazz, classica, ma anche nello steso panorama indipendente), la musica serva a dimostrare mendacemente uno status intellettuale/alternativo.
Oretta: I Rio sono 5 teste, 5 cuori, altrettante mani…è già un’impresa riuscire a riunirle! Come vedi le opinioni sono molto varie, per quanto mi riguarda il desiderio è riuscire a mantenere l’equilibrio fra l’aspetto concreto, assolutamente razionale del “fare”, che rischia di risucchiarti, e quello emotivo del “sentire”, che mi tiene viva nel far musica ed è la vera spinta per me da quando ho iniziato diversi anni fa.
Federica: Essere sempre di più in grado di esprimere quello che siamo con la musica e avere gli spazi per poterla raccontare a tutti.
Antonio: Poter avere i mezzi e il tempo per esprimermi nel modo più consono alle mie necessità. E’ questione di sopravvivenza. Sono d’accordo con Leo, senza la musica sarei morto e sepolto da anni.

Come il concept dell’album ha generato la scelta del titolo Economy With Upgrade?
Leo: il titolo nasce dall’affiancamento di due parole quasi contrapposte. Economy (asino) e upgrade (ali), che è una parola del gergo delle compagnie aeree, e qui torna in parte anche il tema del viaggio. Essendo degli asini testardi abbiamo sgobbato tanto per questo disco: però chissà che con le ali non potremmo toglierci qualche soddisfazione. Alla fine è un augurio che ci facciamo.

Economy With Upgrade è un disco assolutamente on the road, suggestivo e visionario. Il cinema quanto c’entra tra le fonti d’ispirazione?
Leo: La scrittura musicale per immagini è sicuramente un metodo che ci capita di utilizzare. Antonio, che è autore della musica e dei testi, ci indica spesso una visione, un paesaggio, un colore e noi, nel limite delle nostre possibilità, tentiamo di andare incontro al contesto proposto. Qualche volta ci riusciamo, qualche volta no. Quindi, per tornare alla domanda, ci sentiamo in stretto contatto con il cinema.
Un nostro sogno sarebbe quello di poter scrivere un’eventuale colonna sonora per un film, sarebbe molto interessante.
Antonio: Non riesco a concepire la musica senza le immagini, da bambino ho sempre ”visto” la musica oltre che ascoltato. Le influenze cinematografiche sono quindi molteplici come quelle musicali. Dalla A (Angel Heart) alla Z (Zabriskie Point) sarebbe una lista interminabile.

Si tratta di un album di seducenti atmosfere, ovviamente gli arrangiamenti le suggeriscono con elegante e discreta struttura…
Leo: Nel registrare, dato che abbiamo avuto la possibilità di utilizzare più strumenti, ci siamo sbizzarriti nel trovare soluzione alternative e integrative agli arrangiamenti che avevamo preparato prima di entrare in studio. In concerto i pezzi vengono suonati con una spinta più “rock”, ma nel disco volevamo creare qualcosa di più atmosferico possibile. E’ veramente interessante disporre di strumenti così diversi: si aprono nuove vie e il suono, in certi casi, la può far da padrone sulle note stesse. Mi vengono in mente anche i suoni di ambiente che ogni tanto ci siamo permessi di utilizzare.
Oretta: Abbiamo dedicato molta cura all’arrangiamento dei pezzi, al di là del gusto musicale di ognuno di noi (le solite 5 teste/cuori… anzi 6 compresa quella di Donato Masci!), dovevamo fare i conti coi tanti strumenti che avevamo deciso di inserire, come se un pittore avesse a disposizione tanti colori e per non essere ridondante fosse costretto a giocare con la misura, con la sottrazione. Questo lavoro di scarnificazione in realtà è stato molto interessante, come una sorta di autoanalisi che ci ha portati “all’osso (bianco!)”, anche se i pezzi all’ascolto sono tutt’altro che scarni credo.
Federica: proviamo a ricercare la “nota giusta”. Ognuno di noi è solista. Non ci sono strumenti di “accompagnamento”, quindi tutto deve avere un incastro perfetto, quella giustapposizione che lascia sentire ogni strumento e ogni sfumatura.

Danza Cosmica dal 2007 è un’etichetta discografica specializzata in indie folk rock ed indietronica e guidata da Donato Masci. Una realtà in crescita, considerati gli accordi di distribuzione con Audioglobe (fisica), Tune Fit (digitale) e con l’ufficio stampa e promozione della Urtovox. Com’è avvenuto il vostro incrocio con Danza Cosmica e come proseguirà?
Beppe: I rapporti con Donato Masci sono di lunga data e non solo legati alla registrazione del disco. Diciamo che il progetto finale ha avuto una direzione comune perché ci siamo trovati entrambi alla ricerca di qualcosa di più di un semplice demo da registrare.
Oretta: La cosa più significativa direi è che nella collaborazione, che è via via cresciuta, abbiamo trovato reciprocamente una maggior convinzione e determinazione nell’intraprendere la strada, noi come gruppo che realizzava il primo disco, Donato come etichetta. Insomma in tempi difficili, mi riferisco ad esempio alla scena live più indipendente Italiana che sembra essere profondamente in crisi anche solo rispetto ad una decina di anni fa, vale e premia il vecchio principio dell’unione fa la forza” e del “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare!”. Il futuro è tutto da sperimentare, proprio perché nuovo per tutti noi: l’unico principio che cercheremo di far sempre valere è quello delle cose fatte con passione e qualità, e ovviamente piacere.

Il vostro rapporto con la rete che ha lanciato dei validi strumenti di promozione alternativa…
Beppe: Controverso; è molto più pesante che fare le prove o un concerto. Diciamo che ognuno ha preso una parte del lavoro “back-office” cercando di non lasciare niente indietro come l’aggiornamento del sito o della pagina MySpace che, pur essendo una bella vetrina, ha tutta una parte di P.R. che richiede un bello sforzo di gestione. Ad onor del vero va anche detto che la rete è un ottimo strumento promozionale riuscendo a portare la tua musica ovunque.

Grazie mille.
Antonio: Grazie mille a te per la serietà e la profondità con cui hai ascoltato la nostra musica e i nostri testi.

Arianna – Preview

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