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I tre terroni – BiscaZulù

Sono passati anni da quando, all’inizio dei ’90, andavo in giro a sentire i concerti dei gruppi antagonisti della Napoli di allora.
Ricordo che erano anni strani, al di là della mia adolescenza che si avvicinava alla cosa vagamente somigliante ad un “uomo” che sono adesso, si parlava di tante cose. C’erano tante idee, tanto fermento, tanta insoddisfazione. Movimento, Causa, Partecipazione… parole che venivano inflazionate anche dal salumiere. Erano anni di Impegni e di Fedi. Impegni e fedi traditi dallo scorrere degli anni, dalle promesse fatte, dalla nostra incompetenza (dalla mia in primis) all’approccio ad un cambiamento che doveva essere fatto non solo a parole.
Anni in cui la musica politicizzata (ma io direi “antagonista”, “barricadera”) trovò un terreno fertile in cui far sbocciare i suoi fiori, troppo a lungo rimasti in fase di stasi dalla fine dei ’70. Erano gli anni dei Bisca, dei primissimi Almamegretta, erano gli anni dei giovanissimi 24 Grana. Ma soprattutto erano gli anni dei 99 Posse, quelli che si possono reputare in assoluto, la realtà più oltranzista, incazzata, vera, sincera, dura e pura di quel periodo. Col passare delle stagioni il gruppo ha subito fusioni con i Bisca, ha allargato le sue fila a Meg, ha creato una costola ancora più radicale quale Al Mukawama e infine ha subito l’ingiuria degli anni.
Ed ora, nell’era della grande vittoria del capitalismo sul comunismo (… e qui c’era un richiamo a un loro vecchio testo), ecco ritornare Luca “Zulù” Persico con un lavoro in collaborazione con i Bisca.

I tre terroni è un disco che mescola le carte con mano un po’ stanca. E’ passato tempo ma la linea è sempre quella. Gli anni sono passati e le sonorità sono rimaste quelle. Sembra di sentire i primissimi 99Posse, solo che di acqua ne è passata sotto i ponti e si sente.
Le idee sono quelle di quindici anni fa. La società non è cambiata, c’è gente che muore, ci sono popoli che soccombono alla causa occidentale, la fame è ancora il cavaliere dell’Apocalisse più in auge… e se proprio non arrivano le soluzioni, almeno dovrebbe cambiare il modo di esporle o di contestarle. I suoni sono uguali a quelli a cui ci hanno abituati da sempre, il sassofono di Sergio Maglietta dei Bisca è sempre uno dei più incisivi della scena, le sue urla sono sempre attanaglianti ma l’aria è stantia. Le chitarre tirate sono già sperimentate.
I testi beh… qui c’è da dire un paio di cosette.
Non si ricerca poesia dai loro scritti, ma pezzi saturi di rabbia e attacchi alla mentalità balorda del nostro Sistema, eppure questi testi sono centellinati nel disco, però.
L’ironia regna sovrana, anche se non è completamente graffiante come dovrebbe essere. Diffido, il brano con cui si apre il disco è alquanto innocuo, più una presentazione (perché una dichiarazione d’intenti non può esserlo assolutamente) che altro. Il secondo pezzo, Chavez, è un inno simpatico al presidente-rosso, magari poteva ambire ad una celebrazione per uno dei personaggi più “out” del nostro secolo. NRG 4 the people poi lascerebbe il tempo che trova, uno slogan e nulla più, se non fosse per il sassofono che spacca e per richiami alla musica elettronica. La mano di Dio sembra aggiungere alla pizza, al sole e al mandolino, l’ennesimo stereotipo dei miti napoletani (Maradona) per poi guadagnare punti nell’ottimo testo rappato di Zulù.
Perché è con il rap di Zulù che il discorso si fa interessante (… e finalmente).
In 123457 anni Persico dà dimostrazione delle sue doti di vocalist. Doti che saltano subito all’orecchio con il rap incazzato di Chi è sfruttato, il brano in cui il tatuatissimo rapper stupisce con la sua verve e dimostra ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, che è lui il vero mitragliatore musicale della nostra musica antagonista. Un rapper combattente che nell’intimità di Almeno Parte ci stupisce ancora una volta con la sua umanità, la sua necessità di dire ancora “contro”, di interrogarsi, di sputare in faccia la verità senza compromessi, di mordere.
Un leone che non si sente più un cucciolo nervoso ma un re maturo.
Siamo un po’ lontani dai tempi di Corto Circuito e La vida que vendrà

Credits

Label: Arroyo records – 2007

Line-up: Serio (Voce, sax e macchine) – Elio 100 gr (chitarra e voce) – ‘O Zulù (voce).

Tracklist:

  1. Diffido
  2. Chavez
  3. Iran Iran
  4. La bomba abbrancachiavica
  5. 123457 anni
  6. Chi è sfruttato
  7. Almeno parte
  8. La sveglia del thè
  9. NRG 4 the people
  10. La mano di Dio
  11. I moderati

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