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Ieri Onirica, oggi Riva: intervista ai Riva

riva_inter011014Un gruppo si lascia alle spalle il proprio nome e tutto il passato artistico quando sente forte la necessità di cambiare direzione. Gli Onirica diventano i Riva. Vanno a Milano per farsi produrre il disco da Giuliano Dottori e meditano una nuova fase che è una dichiarazione di forza e intelligenza. Vogliono farcela ad emergere. Vogliono raccontarsi e servirsi dell’ironia per dimostrare che le regole di questa società dell’apparenza le hanno capite, le vedono e sanno riconoscerle come causa di un’emerginazione che blocca e annienta una generazione intera. Quella a cui appartengono anche i Riva, quella dei trentenni di oggi. Le nostre vacanze sono finite è il primo disco del nuovo corso, uscirà a novembre, ve lo raccontiamo insieme a Nicola, Simone e Antonio. Vi invitiamo a scaricare il primo singolo in free download (esclusiva per LostHighways).

Ieri Onirica. Oggi Riva con un disco in imminente uscita, Le nostre vacanze sono finite. Cosa è successo? Come mai un cambiamento così radicale nelle intenzioni? Così radicale da dichiarare che due ep e un disco del vostro passato muoiono nel 2014?
Antonio: Più di due anni fa abbiamo iniziato a lavorare a questo nuovo disco con l’idea di provare a fare qualcosa che fosse musicalmente diverso da ciò che avevamo fatto sino a quel momento come Onirica, sempre noi tre.
Utilizzare un computer in supporto alla parte compositiva e di sviluppo dei brani ci ha consentito di percorrere strade del tutto nuove rispetto al passato; un cambiamento sostanziale del progetto passo dopo passo.
Un altro nome, Riva, ci è sembrata la scelta giusta da fare, in testimonianza del fatto che la strada intrapresa era del tutto nuova e che c’era molta distanza con ciò che avevamo prodotto in passato.

Riva chiama in causa anche una metafora calcistica. Il grande cantautorato è ricorso a questo immaginario. Che legami ha con voi, con le vostre storie personali e artistiche?
Antonio: Il passaggio da Onirica a Riva è stato un po’ come cambiare il nome proprio.
La decisione è ricaduta su una parola che potesse rimandare a più concetti per noi comunque significativi.
Nello specifico, il riferimento a Gigi Riva è stato frutto di un documentario visto assieme: a colpirci è stata la sua storia, il suo pudore e la moralità che lo hanno contraddistinto.
Crediamo che questo nome sia un ottimo punto di partenza.

Il cambiamento per i Riva vuol dire anche scegliere di andare a Milano per registrare e incontrare un produttore artistico speciale. Cosa ha significato per tre napoletani, oggi, raggiungere Milano? Scelta ragionata e calcolata… o anche Eldorado, luogo mitico dove tutto può accadere agli occhi di chi la guarda da lontano?
Antonio: Era nostra volontà lavorare con Giuliano che già conoscevamo da diverso tempo e di cui abbiamo grande stima.
La possibilità di poterci confrontare con una realtà nuova è stata per noi una componente importante di questa scelta ma non il motivo principale; diciamo che è stata più una conseguenza.
Sì, è vero, Milano è identificata da molti come centro nevralgico del mondo musicale. Forse lo è.
Più di Eldorado, parlerei di un luogo con maggiori strutture e possibilità o almeno questa è l’idea percepita nelle nostre due settimane di permanenza nel capoluogo lombardo.

Milano è la città dove avete condiviso la vostra musica con Giuliano Dottori. Lui ha curato la produzione artistica de Le nostre vacanze sono finite. È stata una collaborazione intensa, profonda. Avete passato giorni e giorni a stretto contatto. Parlatemi di quei giorni…
Simone: Abbiamo registrato, bevuto e mangiato assieme. La sera facevamo delle partitelle di calcio al parco. Ma Giuliano è avanti con l’età e non reggeva la nostra classe! Lui ci ha insegnato molte cose in studio, sicuramente, ma noi gli abbiamo spiegato il gioco del pallone!
Una sera ci siamo anche concessi un concerto al Carroponte. Abbiamo visto i I tre allegri ragazzi morti.

Cosa vi ha lasciato Milano, umanamente e artisticamente?
Simone: Non abbiamo avuto il tempo di girarla molto ma ne abbiamo compreso alcune caratteristiche. È una città che offre una possibilità a tutti, sembra una banalità, ma è così. Gli stranieri sono veramente tanti e i bambini sono abituati a socializzare con i figli degli immigrati. Per loro è normale stare in un’aula composta per il 30% da alunni di un’altra nazionalità (dico 30 ma non so di preciso). Qui a Napoli non è così. Per il resto l’abbiamo vissuta troppo poco per esprimerci a riguardo e qualsiasi giudizio sarebbe affrettato e presuntuoso.

Parliamo del disco. Potrei definirlo corale, dal momento che racconta una visione unanime. La vostra. Raccontate il mondo dei trentenni, il vostro. E della collisione tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è costretti a dover fare. Il titolo stesso è una dichiarazione esplicita, eppure ironica. Parlatemene…
Simone: Questo è un disco che parla di noi, e saranno i nostri coetanei a decidere se racconta anche di loro. Mai niente che avevamo scritto in passato aveva scavato così intimamente nelle nostre vite. I trentenni di oggi sono degli emarginati. Di questo siamo fortemente convinti. Spesso ci eravamo limitati a raccontare storie che riguardavano altri, anche fatti di cronaca.

E l’amore è l’anomalia del sistema…
Nicola: Il messaggio che volevamo emergesse alla fine del nostro lavoro è che, molto probabilmente, da tutte le anomalie di cui è infetto il sistema se ne esce solo attraverso l’amore (o per meglio dire, è l’unico modo che può dare l’illusione di essere “altro da tutto il resto”). L’amore è la chiave di quel micromondo, la vita di coppia, in cui rifugiarsi per resistere all’interno di questo Mondo duro; l’unica speranza di sopravvivenza, “il migliore dei mondi possibili” dove potere esistere. Citando un passo di uno dei brani: “Lontani dal telegiornale e da quella scalata sociale che c’hanno insegnato a sognare”.

Ironico è il primo singolo…
Nicola: Tutto il disco ha tra i motivi principali quello dell’ironia. Siamo persone che non amano piangersi addosso. Abbiamo deciso di raccontare un momento triste di questo Paese e, forse, il modo più acuto di affrontare queste tematiche è farlo provando anche a riderci su. Manifesto di questa nostra ironia è sicuramente il primo singolo che ha lo stesso titolo dell’album: una giovane coppia fa un’attenta analisi del mondo che la circonda e decide di partire per un’ isola felice che effettivamente non esiste: “La cosa più triste è che non esiste un altro mondo su cui andare a stare”.

Posso dire che la vostra ironia nasce da un’innocenza che rivendica il diritto alla sincerità, alla verità?
Simone: L’ironia (che poi in verità è ironia tragica) di questo disco nasce dall’esigenza di dimostrare intelligenza; non la nostra, ma quella di un’intera generazione. In questo disco diciamo tutti insieme in coro: “io capisco. E capisco a tal punto da poter fare dell’ironia”.
Ci abbiamo messo due anni per scrivere queste canzoni perché volevamo esprimere certe cose con semplicità. E la semplicità è complicata certe volte.

Vorrei che mi parlaste di tre brani in particolare. Io & Te è un brano cha una sua compiutezza complessiva, che al primo ascolto si presenta come un singolo sicuro. Marzullo ha un testo e un concept molto forte e attuale. Normale ha un equilibrio molto valido tra lucidità, amarezza e sognante romanticismo…
Nicola: Io&te è il brano che sta convincendo un po’ tutti, da Giuliano a noi, alle prime cavie a cui abbiamo sottoposto il disco. È una canzone che ha una melodia orecchiabile e una trama ritmica interessante. Parla ancora di una coppia. Ora questa coppia si confronta però sui motivi che generano divisione al suo interno e sulle eventuali soluzioni per stare ancora assieme; una di queste, ad esempio, la rapina al centro commerciale e in particolare ai frequentatori delle code che periodicamente si formano per l’acquisto dell’ultimo cellulare.
Marzullo è una divertente ballata con un arrangiamento molto semplice. In questo pezzo, il protagonista, rivendica la sua volontà di legittimare la sua esistenza attraverso i media. Apparire, diventare famosi, dire la propria opinione su tutto è una caratteristica di quest’epoca. Solo così si ha la percezione di esistere.
E infine Normale, che parla dei nuovi poveri. Protagonista una coppia di clochard che ricordano i fasti della loro vita passata. Ubriachi sotto le loro lenzuola di cartone, l’uomo e la donna, sognano il mare come simbolo di fuga e di evasione dalla miseria che li vede costretti a vivere alla stazione.

riva_inter021014La felicità non si può comprare chiude il disco. È il trentenne che, con la sua innocenza, afferma la sua consapevolezza come forma di ribellione…
Simone: È il trentenne con la sua innocenza, come dici tu, oppure è il trentenne con la sua non innocenza? Voglio dire, l’uomo che parla in questa canzone è un uomo che è consapevole di fare parte di un mondo strano, un mondo in cui al centro dei discorsi ci sono il lavoro e i soldi e non la felicità in senso stretto. In ogni caso la sua esistenza è già compromessa.

Mi anticipate la tracklist?
Simone: Certo! Eccola: Io&Te; Stupidi e vecchi; Il palinsesto della Rai; Marzullo; Normale; Non ho l’etá (non piú); Viola; Un posto che non esiste; La pensione; La felicitá non si puó comprare.

Date in arrivo?
Simone: Sì! 14 Novembre – Freqency – Pomigliano D’Arco (Napoli)
[Presentazione “Le nostre vacanze sono finite”], 22 Novembre – Mr. Rolly’s – Vitulazio (Caserta), 5 Dicembre – Atellana Lab – Succivo (Caserta), 12 Dicembre – Ferro 3.0 – Scafati (Salerno), 20 Dicembre – Contestaccio – Roma, 2 Gennaio – George Best – Napoli, 22 Gennaio – Ral8022 – Milano

In esclusiva per Losthighways il singolo Le nostre vacanze sono finite è scaricabile gratuitamente: CLICCA QUI

Le nostre vacanze sono finite – Video

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