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Quel rumore che fanno le stelle schiantandosi: Mogwai @ Estragon (BO) 30/03/14

C’è tensione nell’aria. Si percepisce dagli occhi delle persone che hanno atteso da tempo questo concerto. I Mogwai mancavano in Italia dal 2012 ed il pubblico italiano, fedelissimo, non ha deluso la band scozzese facendo registrare il sold out per la data di Bologna.
Le luci dell’Estragon si abbassano quando ormai tutti sono stretti, vicino al palco. La band saluta ed inizia con le prime note di Heard about you last night offrendo le atmosfere presenti nell’ultimo disco Rave Tapes. Per quanto il brano suoni affascinante ed avvolgente su disco, iniziare il concerto così forse non è una scelta azzeccatissima: lento, eccessivamente pulito, suona come una sigla di apertura che apre il sipario quando però lo spettacolo dovrebbe essere già iniziato. In realtà lo spettacolo inizia veramente solo con il crescendo delle ruvidissime note di Rano Pano tratto dal precedente Hardcore will never die, but you will del 2011.
Il suono saturo dei Mogwai colpisce le superfici, attraversa i vestiti, giunge sulla pelle di ognuno, scavando oltre. Ritmi lenti, volumi alti, ampie digressioni che planano su tutti i presenti stendendo le ali di maestose ed intoccabili aquile. Due grandi esagoni luminescenti, sospesi sopra la band, scrutano il pubblico, osservandolo come un Grande Fratello orwelliano.
I brani si susseguono uno dopo l’altro in un’altalena emotiva fatta di elevazioni e rapide discese. I Mogwai innalzano l’ascoltatore sulle onde increspate create ad hoc da densissime tastiere e chitarre, per poi abbatterlo e schiacciarlo a terra con i suoni distorti del basso e l’incedere potente della batteria.
Immobili sul palco, perfetti esecutori di una musica che vuole essere lei unica protagonista di questo live, i Mogwai non si abbandonano a tante chiacchiere se non ad un meccanico (ma per questo non meno sincero) “grazie mille, thank you very much, cheers” ripetuto alla fine di ogni brano in risposta agli applausi fragorosi.
Il culmine di tensione emotiva si raggiunge durante Mogwai fear Satan. La band rallenta, i suoni diminuiscono di intensità, le note sono sussurrate, il pubblico è fermo e silente. Momenti, istanti, che sembrano lunghissimi, interminabili sospesi tra la terra e il cielo in un non-luogo tanto confortevole quanto precario e fragile. E così ti trovi in questa situazione paradossale, tra duemila persone sudate ed in silenzio che attendono ciò che all’improvviso li abbatterà, come un destino già scritto. Le luci esplodono alla pari del suono in un deflagrare distorto e totale. Uno schianto stellare al quale si può solo assistere inermi e minuscoli. Le onde sonore che escono dall’impianto sono potentissime come mai prima durante tutta l’esibizione, e ci vuole del tempo per togliersi dalle orecchie quell’unico pastoso suono abrasivo e caustico.
Le vibrazioni sintetiche di Remurdered, con la loro freddezza, offrono sollievo ai dolori inferti dal precedente brano, per poi svelarsi anch’esse cariche di un sentimento claustrofobico che ci contagia cadendo come pioggia acida.
L’onda elettronica viene nuovamente cavalcata con la splendida Mexican Grand Prix (con la partecipazione della voce e del violino elettrico di Luke Sutherland) scuotendo e coinvolgendo tutto il pubblico in tanti personali sabba interiori.
Pausa per prendere fiato e poi tornare con White Noise, la gloriosa Auto Rock e la furiosa Batcat.
Il concerto finisce lasciando il pubblico esausto ma non sazio di questi suoni estremi ed eccessivi: i Mogwai creano la fame.
Colpisce aver sentito un solo brano da Mr.Beast, album che nel 2006 consacrò la band scozzese; sorprende aver potuto godere ancora di brani risalenti al lontano 1997 come Ithica 27 ϕ 9.
Per i Mogwai questo live è stata l’ennesima dimostrazione della loro grandezza capace di mutare negli anni pur rimanendo coerente al progetto originario. Esplorazione del suono e dell’anima.
Stuart Braithwaite (chitarra, voce), John Cummings (chitarra, voce), Barry Burns (chitarra, piano, sintetizzatore, voce), Dominic Aitchison (basso), e Jonny Scott (batteria, a sostituire l’infortunato Martin Bulloch costretto a restare fuori dai giochi per un paio di mesi) andrebbero ringraziati uno ad uno per questo live di altissimo livello.
Chi si è perso questa data bolognese e pure quella di Milano potrà rifarsi tra qualche mese. I Mogwai torneranno, e nella calura estiva l’esperienza sarà ancora più estrema.
(Gallery fotografica di Emanuele Gessi; si ringrazia VivoConcerti per la collaborazione)

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