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Ingrediente fisso dietro le nuove strade del rock, del pop e del folk: la Psichedelia

In questi ultimi anni ogni volta che ho sentito parlare di un gruppo che stava sperimentando nuove strade nel rock, nel pop, nel folk mi sono imbattuto quasi sempre negli influssi della buona vecchia psichedelia. Questa è la magia che si cela dietro un’etichetta che non è un genere ma è un’attitudine nei confronti della realtà, come ha detto Marco Fasolo (Jennifer Gentle) in una nostra intervista: “La psichedelia è un interesse ad andare oltre la buccia delle cose per cercare quello che si nasconde dietro le apparenze“.  Ecco, proprio questo diverso approccio ha rivoluzionato generi come il pop, basti pensare all’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. In quegli anni la distorsione della realtà era direttamente richiesta dall’effetto degli allucinogeni.
Durante l’ultimo decennio nelle nuove strade della sperimentazione rock si avverte questa riproposta della psichedelia come mood, forma mentis. Anche in questo caso si cerca di rappresentare in scelte sonore una certa alterazione della realtà. Si ripropongo suoni esasperati dall’uso dell’elettronica, gli effetti come delay e phasing ritornano in auge e le voci si dilatano e diventano quasi sempre ipnotiche. Senza alcun dubbio i capostipiti di questa nuova era del rock sono stati gli americani Animal Collective, insieme a tutti i progetti derivati da Panda Bear a Avey Tare.  David Portner e Noah Lennox stressano l’uso dell’elettronica, la sperimentazione del suono non ha come primo obiettivo la melodia ma la rappresentazione acida e lisergica di un’altra dimensione. Album come Strawberry Jam(2007) e Merriweather Post Pavilions(2009) esprimono al massimo questo caleidoscopio di colori sonici.
Da questo versante East degli USA quasi in contemporanea, passando da Baltimora a New York, passando dalla Domino Records alla Warp Records, l’attitudine psycho si è diluita in movenze pop e folk, prediligendo armonie vocali talvolta su tele di organi e synth, dando vita ad un’altra mitica band: i Grizzly Bear. Il caso vuole che ancora una volta nel nome dell’Orso (Bear) si manifesti un’altra reincarnazione suggestiva della psichedelia. I vortici vocali di cui sono capaci Ed Droste e Daniel Rossen sono unici tanto da far innamorare i Radiohead che li scelgono come band di apertura. Veckatimest (2009) e Shields (2012)  sono veri capolavori di questo folk-pop intriso di psichedelia che riesce a creare la band di Brooklyn.
Ma il virus creativo della psichedelia ci ha messo poco a contaggiare anche il versante opposto degli USA, nella West Coast, più precisamente a Silver Lake (vicino Los Angeles).  Là sorgono delle chitarre di estrazione folk quasi di ascendenza afro-pop che si intrecciano in atmosfere pschedeliche, accanto a  similari armonie vocali dei Grizzly Bear, screziate questa volta da una ritmica di batteria iperattiva: stiamo parlando dei Local Natives. In pratica nella batteria di Matt Frazier c’è il lato ipnotico acido del folk-pop dei Local Natives che spingono meno sull’elettronica e più sullo spirito folk del progetto, prediligendo una coralità più aperta e rurale, molto vicina ai loro colleghi Fleet Foxes.  Gorilla Manor (2009) e Hummingbird (2013) sono dischi unici e rari nel loro genere, per intensità e varietà.
Mentre gli USA hanno rimembrato l’attitudine pschedelica in tre forme musicali quali l’elettronica (Animal Collective), il pop (Grizly Bear) e il folk (Local Natives), nel nuovissimo continente, legato sempre alla tradizione hard-rock classica (vedi le recenti band di successo provenienti da quell’aria come Jet, Wolfmother e The Datsuns) c’è stato un vero e proprio ritorno al rock psichedelico di primordiale floydiana memoria. Stiamo parlando dei Tame Impala che hanno sbancato nelle classifiche indie di tutto il mondo nel 2012 con Lonerism.  In questo caso siamo davanti ad un vero e proprio progetto revival della psichedelia in chiave moderna, dove di tanto in tanto affiorano tendenze space-rock e dream-pop ma tendezialmente si vuole proprio ripercorrere quella strada originaria di ultra-stratificazione di effetti e suoni dei anni sessanta.
In ogni corrente musicale della storia non è mai mancato il contributo della terra di Albione, ed ecco che anche per questo ritorno della psichedelia il Regno Unito ha detto la sua con un fantastico duo: gli  MGMT.  In questo caso abbiamo una nuova reinterpretazione della psichedelia, accanto ancora una volta ad eccezionali armonie vocali il lato acido-ipnotico è fornito dall’uso dei synth trafugati dagli anni ottanta in un’originale chiave noise.  Oracular Spectacular  (2007)  è già un classico.
Ci saranno nuove band nel globo che crederanno di aver innovato il rock, il pop ed il folk, ma se andrete a scavare sotto scoprirete sempre questo fungo allucinogeno della psichedelia. Sapete perchè abbiamo bisogno di fuggire dalla realtà e percepirla in maniera alterata per meglio comprenderla? Vedere le cose da un punto di vista diverso è sempre un bene per l’esistenza!

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