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Valetudo – Marco Iacampo

Un omino stilizzato con chitarra in mano emerge, niveo, da un buio pesto e scarabocchiato, forse vuoto, forse pieno, in un canto dispiegato. Trattasi della copertina del nuovo album di Marco Iacampo, Valetudo, uscito il 16 novembre scorso, per Urtovox e The Prisoner Records. Un punto d’arrivo raffinatissimo: sì, perché l’artista in questione ha un eclettico passato musicale, che lo vede prima frontman degli Elle dal 1996 al 2001, poi in un progetto solista sotto lo pseudonimo di GoodMorningBoy, con due dischi talentuosi (GoodMorningBoy, 2002, e Hamlet Machine, 2004), testimonianza diretta di una complessa, nonché lacerante, evoluzione in atto. Ma anche il suo alter ego anglofono si accorgerà presto di avere le ore contate, perché l’impellenza di mettersi a nudo, per quel che si è, diventa ancora più assordante. Arriva così nel 2010 un diretto Marco Iacampo, album che contiene anche Che bella carovana, canzone apparsa nella raccolta fortemente voluta dagli Afterhours Il paese è reale (2009). E, sotto l’egida di un folk rock sempre più intimo e confidenziale, sorprende l’ammaliante genuinità delle undici tracce di Valetudo, occhi negli occhi con l’ascoltatore, in un confronto sincero e forse indicibile. Melodie lievi, sospese, e una voce candida e allo stesso tempo autorevole tentano un ponte tra passato e futuro, puntando a recuperare gli intenti della musica popolare, un aggancio indissolubile con le radici che scandiscono il respiro. La chitarra arpeggia, sussurra, racconta, accostandosi spesso ad un violoncello immaginifico e a ritmi che portano altrove, magari nelle segrete dell’animo umano, tra accenni bossa, riferimenti british e pennellate pastello da chansonnier. Quasi che il paesaggio autunnale e velato che il cielo sputa fuori e nelle note costringa a chiudere il cerchio di un viaggio interiore, alla ricerca di rivelazioni lasciate in bilico da tempo. Prima di tutto ci si ferma: in Mondonuovo – brano dal sapore programmatico – il cantautore parte dalla consapevolezza che il mondo odierno “ha voce enorme” in “un’epoca che confonde”, tanto poi da dichiarare, quasi in forma aforistica: “Cerco un canto che ha un suono bellissimo / resta appeso ad un cielo antichissimo / canto quel che sono / e di un mondo nuovo”. È un risveglio lento quello di Amore in ogni dove, imbuto di note private, in cui, pur camminando “fuori da ogni senso”, riaffiora “una rosa che vuole tutto, sì”, a memoria forse di un Piccolo Principe che apprende il senso della cura. All’atmosfera visionaria (“nei sogni so cambiare mille rotte / poi aspetto che ci capiti di più”) e alla velocità folle dei minuti subentra la necessità consistente del silenzio, per ritrovarsi: “Se l’universo giace / sul tempo che va / il mio universo tace / fino all’ora che sa”. Nessun eccesso è ammesso, sulla soglia di questo album, che come una casa contempla la dimestichezza della misura. Un’alba promessa s’intravede in Soltanto io, solamente noi, dove la solitudine sembra condizione prima per partorire una bellezza condivisibile: ”Solamente noi / siamo il deserto / e siamo gli anni bui / e il mare aperto”. Iacampo coglie la lezione montaliana che rende l’imprevisto unica speranza: “le dirò che tutto gira all’incontrario / di quello che è il progetto originario / e che va bene così”. È la volta di Trecento, dove ancora più forte è la sensazione – diffusa lungo tutto il disco – di avere a che fare con favole antiche, filastrocche piene di mistero e dunque di vita. In Tanti no e un solo sì, al di là di una sottile e ingannevole rassegnazione, traspare invece una visione ottimista verso l’avvenire, dove a contare è la qualità, seppur rara, a dispetto degli ostacoli da affrontare: “Non m’importa se anche oggi pioverà / fa niente, è la stagione, si sa già / mi basta tengan su i miei argini / di tanti no un solo sì”. Ad un paesino molisano è ispirata San Martino in Pensilis, pezzo strumentale dalla chitarra avvolgente e lenitiva, che promette di non ferire. Anche nell’amara Non è la California, le illusioni non sono più ammesse, in una cruda fotografia del presente in cui si è persa “tutta quanta la morale”; l’incertezza è feroce (“E non c’è mica una sola risposta / ma sono legate assieme come in una frusta / me la do sul cuore anche se Dio non vuole”), eppure dal coma ci si può risvegliare, perché “comunque vada qui ogni strada porta al mare, /  compare” e “il meglio deve ancora arrivare!”. La delicata poesia de Gli inverni non mi cambieranno più (ricordando la malinconia dichiarata del cantautorato genovese e anche del livornese Bobo Rondelli) è il diario di una scelta, di una presenza che resta e che non è più suscettibile ai giochi molesti del gelo e delle paure che porta con sé. “L’esploratore nobile / dei tempi bui” è l’eroe moderno di Un’elica, che riconosce nel movimento una possibile riabilitazione della propria identità, scia inclusa. Con le lusinghe di una chitarra che si muta in arpa, si finisce nella rete di Amore addormentato, dove si fanno i conti con un ritorno difficile da accettare, “in controluce”, tra tanti “se” che graffiano la parete scalcinata del presente; eppure è una dolce resistenza che ancora spera: “E resto ad aspettare / il canto non si è arreso / c’è una foresta a sud / e un fuoco ancora acceso”. L’album prende congedo con un ultimo brano strumentale, la titletrack, che sembra voler svegliare, con quel flauto incantato, l’amore poco prima addormentato e allontanare ogni dubbio.
Valetudo ha doppia valenza: è un tipo di combattimento a mani nude e a contatto pieno, d’origine brasiliana, dove “tutto vale”, ma, in latino, è anche lo stato di salute. Così, dopo una contemplazione necessaria, l’esortazione è a riprendere il viaggio, più consapevoli e liberi, mentre in Iacampo sembrano unirsi entrambe le dimensioni rivelate da Narciso a Boccadoro, nel celebre romanzo di Hesse: “Tu sei un artista, io un pensatore. Tu dormi sul petto della madre, io veglio nel deserto”.

Credits

Label: Urtovox / The Prisoner – 2012

Line-up: Marco Iacampo (voce, chitarre, basso, flauto, percussioni, piano) – Nicola Mestriner (piano elettrico, sintetizzatore, percussioni) – Enrico Milani (violoncello) – Tommaso Palma ( percussioni) – Elio Schemmari (percussioni) – Stefano Gilli (batteria)

Tracklist:

  1. Mondonuovo
  2. Amore in ogni dove
  3. Soltanto io, solamente noi
  4. Trecento
  5. Tanti no e un solo sì
  6. San Martino in Pensilis
  7. Non è la California
  8. Gli inverni non mi cambieranno più
  9. Un’elica
  10. Amore addormentato
  11. Valetudo

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