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L’essere vivo di Boris Pasternak

Quella poesia dove ci ritroviamo, secondo Lele Battista.

Essere rinomati non è bello (Autobiografia e nuovi versi, 1958)

Essere rinomati non è bello,
non è così che ci si leva in alto.
Non c’è bisogno di tenere archivi,
di trepidare per i manoscritti.

Scopo della creazione è il restituirsi,
non il clamore, non il gran successo.
E’ vergognoso, non contando nulla,
essere favola in bocca di tutti.

Ma occorre vivere senza impostura,
viver così da cattivarsi in fine
l’amore dello spazio, da sentire
il lontano richiamo del futuro.

Ed occorre lasciare le lacune
nel destino, non già fra le carte,
annotando sul margine i capitoli
e il luoghi di tutta una vita.

Ed occorre tuffarsi nell’ignoto
e nascondere in esso i propri passi,
come si nasconde nella nebbia
un luogo, quando vi discende il buio.

Altri, seguendo le tue vive tracce,
faranno la tua strada a palmo a palmo,
ma non sei tu che devi sceverare
dalla vittoria tutte le sconfitte.

E non devi recedere d’un solo
briciolo dalla tua persona umana,
ma essere vivo, nient’altro che vivo,
vivo e nient’altro sino alla fine.

Boris Pasternak

Una poesia sulla creazione, il cui fine ultimo non è la fama che da essa si presume debba derivare, ma l’entrare un po’ più in se stessi, il restituirsi.
Un modo per tuffarsi nell’ignoto da esploratori, non da prede.
La creazione ha proprio questo valore, chi l’ha sperimentata sa di cosa Pasternak parli. Io dopo avere scritto una canzone sto bene per una settimana, mi sento in armonia con me stesso e mi rappacifico con il mondo.
La creazione è un flash che fa mi realizzare l’esistenza della possibilità di sentirmi sempre pienamente me stesso.
Nella poesia il tuffo nell’ignoto è visto non come una sofferenza, ma più come un percorso che vale la pena di affrontare intensamente, senza voltarsi indietro, per essere nient’altro che vivi.

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