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It’s time to unify and watch our flag ascend: Muse @ Futurshow Station (Bo) 21/11/09

muse_live01La data è sold out da mesi, l’attesa per questo live è molta dato che i Muse mancano dai palchi italiani dall’estate del 2007. Il compito di inaugurare la serata va ai Biffy Clyro, band scozzese giunta al quarto album. Per colpa (se così si può dire) dei Muse che stanno per arrivare, si fatica a dare alla band l’attenzione che meriterebbe. Bisogna dire però che l’impatto è buono: dal vivo il gruppo amplifica il proprio suono, potenziando le chitarre e sfoderando una potente attitudine rock. I migliori momenti si hanno però nei brani dai ritmi più cadenzati: ritornelli accattivanti, battiti di mani (The Captain) e cori inseriti al punto giusto (Mountains) certamente coinvolgono e lasciano il segno negli spettatori.
Alle 20.00 i Biffy Clyro abbandonano il palco e iniziano i preparativi per il live-set dei Muse. Nell’attesa c’è tutto il tempo di osservare le scenografie e provare a immaginare cosa accadrà: tre torri distinte spiccano verso l’alto, imponenti e decadenti allo stesso tempo, e sul palco nient’altro.

Ore 20.30, in orario perfetto, si spengono le luci e le torri si illuminano, si colorano come grattacieli e si accendono luci su finestre immaginarie. I palazzi si popolano di proiezioni luminose: lunghe file di uomini camminano salendo le scale dei grattacieli, su fino in cima, ed inaspettatamente cominciano a cadere precipitando nel vuoto… uno, due, tre, dieci… e poi il buio. Boato fragoroso, le torri si spezzano nel mezzo, dall’alto cade il velo che cela il segreto. I Muse appaiono, sulle note di Uprising ed il pubblico, fino a pochi secondi prima incantato dai giochi di luce, esplode ed inizia a saltare, gridare, cantare.
muse_live02La scaletta dedica ampio spazio all’ultima opera del trio inglese, The Resistance, eseguito quasi interamente. Solo l’opera sinfonica in tre parti (Exogenesis) non trova realizzazione nel concerto, se non nella propria prima parte, d’altra parte manca l’orchestra: sul palco sono in tre, sostenuti da basi e da un unico musicista aggiunto, dedicato alle tastiere mentre Matthew Bellamy delira alla chitarra.
Fortunatamente durante la serata c’è tempo anche per quelli che ormai sono dei classici, a beneficio soprattutto degli album più recenti: Black Holes and Revelations fa ballare il pubblico sulle note funky-rock di Supermassive Black Hole e saltare tutti sul tempo di Starlight, ma soprattutto Absolution è l’album che dal vivo ha l’impatto maggiore. Brani come Stockholm Syndrome e Hysteria si schiantano sul pubblico con forza esplosiva, nessuno riesce a star fermo. E’ impossibile, anche se si è pressati dalla calca che preme ovunque: manca il respiro, ma la musica c’è, ci sono canzoni incredibili come Time is running out, che si gonfia, cresce e poi scoppia con una forza che potrebbe abbattere le pareti del palazzetto.
Alcuni brani del nuovo disco subiscono il confronto con pezzi precedenti così importanti e riusciti, dimostrando che The Resistance ha un buon impatto scenografico, ma si conferma certamente più morbido rispetto ad altri lavori della band inglese.
Due ore precise di musica lasciano molta soddisfazione ma anche la voglia di qualche canzone in più; Showbiz sembra essere incredibilmente finito nel dimenticatoio, ed è un vero peccato: Cave da sola non basta a rendere la bellezza di quel disco d’esordio.
Per ora non resta che attenderli la prossima settimana a Torino e l’estate prossima allo stadio di San Siro, con la speranza di qualche brano ulteriore e magari con la presenza di quell’orchestra indispensabile a riportare dal vivo gli esperimenti sinfonici e di commistione musicale della band.
muse_live03Il concerto bolognese non è stato perfetto, soprattutto sotto il profilo logistico. Discutibilissime le scelte di sicurezza: il parterre è stato diviso in due, creando calca nella zona più arretrata e lasciando fin troppo spazio alle poche persone ammesse a ridosso del palco.
Nonostante le inefficienze organizzative del palazzetto, dopo ogni ragionamento e ripensamento sulla scaletta, ciò che rimane è la potenza di una band che dopo dieci anni dal vivo rimane inarrivabile nel suo genere e nella sua imponente figura. Scenografie, luci, ma soprattutto musica: questa è una delle migliori live band in cui possiate sperare di imbattervi. Precisi, spudorati, energici, kitsch, appassionati, sinceri: non sono più candidati, i Muse sono già divenuti vere e proprie icone del rock contemporaneo di questi anni Duemila. (In collaborazione con Emanuele Gessi; foto di Emanuele Gessi)

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