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Il coraggio di essere quello che si è: intervista a Max Zanotti (Deasonika)

deasonika_inter0001Lo avevamo lasciato qualche mese fa tra anticipazioni misurate e un grande desiderio di tornare a suonare  sul palco con i suoi Deasonika. Oggi che TrediciPose, quarto album della band comasca, è una realtà pregnante della scena musicale indipendente italiana, LostHighways torna a intervistare Max Zanotti. I tempi sono finalmente maturi per un dialogo meno sibillino e più concreto su quello che è il nuovo lavoro dei Deasonika. Un viaggio metaforico nell’intreccio di arti che TrediciPose rappresenta, attraverso il dialogo generoso con la voce di un gruppo capace di reinventarsi senza scombussolamenti eccessivi, in nome di quella stessa Dea che li ispira dal 2001. Un’ispirazione intensa di forme belle per contenuti da stringere e custodire.

Un lungo silenzio, che come avevi detto nella tua intervista precedente, nascondeva molte cose. Oggi, a qualche mese dall’uscita di TrediciPose, se ne può parlare con meno indugi. Cos’hanno da dire questi nuovi Deasonika?
Hanno da dire che non vedevano l’ora di suonarlo dal vivo e che più lo ascoltano più gli piace. Ho letto ovviamente varie recensioni e la cosa che ci fa piacere è che l’unica sensazione che non è presente è quella dell’indifferenza. Il disco o piace o no. Volevamo ampliare la varietà sonora e dare ancora meno punti di riferimento. Molti sono rimasti affascinati da questa scelta e altri reputano il disco non omogeneo, ma dopo quattro album chi ci conosce sa qual è il denominatore comune del sound della band e dal vivo questo si evidenzia.

Nuovi non è un aggettivo scelto a caso. Nonostante la registrazione del disco abbia visto come mani e menti genitrici quelle della formazione originale, ormai è fatto noto l’uscita dal gruppo di Marco Trentacoste e la temporanea sostituzione di Stefano Facchi alla batteria. Al loro posto rispettivamente Gionata Bettini ed Eugenio Ventimiglia. Come sono cambiate, se sono cambiate, le dinamiche all’interno dei Deasonika?
Gionata è un musicista intelligente e affine alla band. È stato subito naturale suonare con lui. All’inizio abbiamo dovuto riordinare un po’ le idee ma è stato un lavoro anche divertente, se vuoi. Marco è stato importante per noi e l’entrata di Gionata non è stata concepita come una sostituzione: è una band nuova, questo soprattutto per far onore a Marco e a Gionata. Nessuno ha sostituito nessuno. Eugenio invece ci ha aiutato in questo periodo di assenza di Stefano. È un professionista e amico della band, dobbiamo ringraziarlo, anche per eventuali date future insieme.

Mi addentro nel disco. Nel mio ascolto di TrediciPose la nostalgia è stata la chiave di lettura predominante. Un occhio fisso su un passato spesso da dimenticare e l’altro occhio vigile su un futuro da costruire. È un punto di vista molto differente rispetto ai dischi precedenti.
A volte ricordare il passato con nostalgia è bello. La nostalgia è come una torcia che cerca qualcosa di buono. Se non ci fosse questa torcia, non si commetterebbero più gli errori che ci hanno reso felici. Il limite da rispettare è forse non cadere di nuovo, ma tutti vorrebbero ricadere… sbaglio?

Non sbagli, anzi. Trovo che la caduta sia ciò che rende la nostra esperienza reale. La ricaduta è ciò che la rende terrena, consistente. Nonostante questo, TrediciPose però è molto più accattivante dal punto di vista musicale. Come si lega questo binomio?
Abbiamo solo cercato di liberare la nostra mente e suonare. A volte il freno è proprio l’ostentazione di cercare qualcosa che non ti appartiene.

TrediciPose, già nel titolo, richiama il mondo della fotografia. Alice Pedroletti, fotografa con cui collaborate da diverso tempo, ha fatto un lavoro magistrale nella realizzazione del libretto contenuto all’interno del cd. Come nasce questa idea? La musica ha rincorso immagini o le immagini hanno chiesto musica?
Se ti rispondo che si sono trovate allo stesso banchetto? Alice ha passato molto tempo con noi, sia in studio che dal vivo durante le prove del live. È un’artista eccezionale con cui lavoreremo ad un progetto che lega ancora di più questi due aspetti.

deasonika_inter0002Non solo la fotografia, ma anche il cinema è coinvolto in TrediciPose. Siete stati fortemente voluti da Mauro Mattei (2ROADS), produttore del corto Dovunque, adesso (regia di Simone Covini) per realizzarne la colonna sonora. Mi racconti questa esperienza?
Mauro ci ha proposto insieme a Simone di curare la colonna sonora di questo minifilm. Durante le prime riprese abbiamo deciso di accettare soprattutto perché era clamoroso l’amore e la passione che queste persone e gli attori stessi convogliavano nel progetto. Questo aspetto si è poi rivelato vincente, anche con le persone di 2ROADS con cui stiamo lavorando: parlo di Valentina Aponte e Benedetta Bellotti. Sono due persone a cui stiamo affidando i Deasonika perché sono come noi e hanno quel senso romantico del lavoro che fanno: oggi non è più così automatico trovarlo. Tutti parlano, tanti ci credono, pochi lo trasmettono.

Come sempre i testi restano il valore aggiunto della vostra musica. Cifra del tuo linguaggio in TrediciPose è la domanda. La maggior parte dei brani prevede un interrogativo che non trova soluzione tra le parole. Qual è il significato dietro a quest’uso?
Credo che la domanda sia alla base di ogni relazione, si danno sempre tante cose per scontato quando di scontato non c’è mai niente. Forse gli equivoci nascono proprio da questo.

Tra questi, una su tutte è Song X, brano che ho amato particolarmente. Me lo racconti?
Song X è una canzone che parla della volontà di dare tutto in cambio di una sola cosa che non si ha ancora. Se vuoi è un gesto d’amore estremo o il capriccio di un viziato. Da qui la poca attenzione verso le cose importanti che si perdono, la gloria, la storia, la memoria, la fedeltà. Distratto dall’unica  cosa che manca.

Hai sempre scritto tu i testi per i vostri brani. Qui invece è stata necessaria la collaborazione con Nina Ricci e Gianluca Morelli (Emoglobe) per i testi in lingua inglese, altra novità nel vostro repertorio. Conosco il rapporto di fiducia che vi lega, quindi non chiederò nulla sulla genesi di questo lavoro. Mi incuriosisce però sapere l’effetto generato dal riproporre pezzi propri che al tempo stesso contengono l’ombra di un altro artista.
Abbiamo chiesto di collaborare a persone che hanno la stessa nostra visione delle cose. Averli di fianco e condividere con loro una cosa che appartiene anche a te è molto bello.

Gli ultimi due pezzi che vanno a chiudere TrediciPose sono per me due perle fuori dal tempo e dallo spazio. Immacolate nella loro bellezza eterea.  Gregorian è una danza morbida e suadente. Me ne parli?
È l’enfasi della libertà artistica che abbiamo sempre cercato. Ci siamo lasciati trasportare dai suoni. Da un testo scritto insieme a Vincenzo Monastra ho sentito l’esigenza di rompere gli schemi della canzone e cercare un mondo lontano, in cui se chiudi gli occhi e hai coraggio vedi cose che non avresti mai trovato. Ora … o è marjuana o è la voglia di osare. Il mondo che ci siamo ritrovati è Gregorian.

Le Rebelle, poesia di Baudelaire, tratta da I fiori del male. Tu l’hai definita una cover. Definizione decisamente interessante, se pensiamo al contesto solito in cui inseriamo questo termine. Così facendo tu hai esteso il suo significato al grande mondo dell’arte, in tutte le sue sfaccettature.  Che ruolo hai avuto nell’incontro tra un testo tanto prezioso e la tua chitarra?
Credo che le parole siano tutte musicabili. Se poi a scrivere queste parole è un grande artista cerchi di avvicinarti con maggiore rispetto. Avevo questo giro di accordi e volevo che a sottolineare queste note fosse una poesia. Ho letto Le Rebelle mille volte e pian piano mi accorgevo che sia metricamente che musicalmente entrava ogni parola. Sono rimasto colpito da questa coincidenza, anche se non credo molto alle coincidenze. E così è stata registrata. L’aggiunta della chitarra molto eterea di Tummy (Francesco Tumminelli) è stata la ciliegina che ha esaltato questo incontro.

deasonika_inter0003Avete deciso di applicare una tecnica di diffusione del disco piuttosto originale. Insieme all’acquisto del biglietto per assistere alle prime date live di presentazione di TrediciPose, ne è stata data una copia omaggio. Unica differenza il packaging e l’assenza del dvd del corto Dovunque, adesso. Originale, ma anche discograficamente parlando rischiosa. Sicuramente però un buon modo per farsi conoscere. A posteriori come valutate questa decisione?
Vorremmo continuare con questa iniziativa e a breve lo faremo sempre di più. La musica indipendente ha una sola possibilità di vivere: il live. La diffusione dei dischi e della musica nei media non è democratica e allora si deve dire in qualche modo che esistono realtà diverse. Il mio disco non lo trovi? Benissimo, te lo do io. Perché dici che è discograficamente rischioso? È rischioso a volte affidare i propri sforzi, le proprie energie e la propria arte a chi del tuo lavoro non interessa più di tanto. Questo è rischioso. La morte artistica di molte realtà musicali interessanti è spesso dovuta al fatto che pochi sanno dell’esistenza di queste realtà. Non è una guerra contro nessuno, è proteggere la propria musica.  La musica italiana ha scelto di vivere sull’orlo di una crisi di nervi. Credo che questo abbia  fatto sì che ci sia una disgregazione di intenti nella musica indipendente che, non essendo unita, muore. Pensa se cinquanta realtà della musica indipendente decidessero di regalare i dischi ai concerti?

Sarebbe una svolta interessante. Decisamente rivoluzionaria. Un’ultima domanda. TrediciPose è stato presentato come un rullino atipico nel numero di pose. Per te e per i Deasonika qual è quella tredicesima posa che fa la differenza?
Il coraggio di essere quello che si è.

La stanza brucia – Preview

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