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Seventh Tree – Goldfrapp

Il bisogno degli sguardi dentro i contorni dell’ispirazione, libera, leggera, audace. Così audace da bagnare le intuizioni dei puri cristalli fino a renderli malia d’elettronica affamata di successo commerciale senza peccato. Perché il peccato è nell’intenzione e non nella sperimentazione che, sfacciata e provocante, tende a depredare il banco del mercato trasversale. Felt Mountain (2001) era il gioco alchemico delle combinazioni che invertono l’ordine e lo riconquistano col fascino languido delle seduzioni tirate col nastro del distacco di certe anomalie trip hop dominanti, Black Cherry (2003), col piglio a tratti techno, e Supernature (2005), col volo basso dei falsi sorrisi elettropop, erano le sospensioni e gli attimi di chi si concede anche le cadute relative. Tuttavia sulle montagne russe del vojerismo auditivo c’era sempre lei: Alison Goldfrapp, camaleontica creatura in bilico tra i chiaroscuri dei mondi paralleli e le ambivalenze sexy delle sferzate femmine che reinventano il corpo e ne fanno cassa armonica assoluta delle curve vocali.
Seventh Tree lascia il raso delle provocazioni dance. E torna alle origini del tulle e ne fa l’abito da Pierrot triste che riscrive le sue ballate nostalgiche per la luna e le sue fughe. E torna ai boschi. Sui rami spogli di un inverno sistema dieci amuleti di raro cesello, miniature d’orchestra dove il vento scivola sulle corde di violino, viola, violoncello. Sui prati del pomeriggio adagia il colore grigio che ambisce ai rosa delicati delle chitarre che giocano al folk degli accenti (Clowns, Little Bird dove la dissonanza della chiosa inventa l’equilibrio degli opposti, la splendida Eat Yourself) e all’eleganza pop (Happiness, Some People, A & E, Caravan Girl) dei fraseggi, con la scia della tradizione dei ’60. Sospesa in un delicato vortice d’eteree armonie Road To Somewhere; tra le suggestioni degli enigmi dei Portishead e le aperture di un cantato sublime e angelico la perfetta e ammaliante Cologne Cerrone Houdine.
Seventh Tree è la favola ambigua di un duo inglese d’innata attitudine. Scrittura notturna, onirica, malinconica e decadente che scroscia sui vetri sonori del lusso degli azzardi. “On the road the somewhere / Little clouds like wounds that blow away”.

Credits

Label: Mute Records – 2008

Line-up: Alison Goldfrapp and Will Gregory; All tracks written by Goldfrapp/Gregory

Tracklist:

  1. Clowns
  2. Little Bird
  3. Happiness
  4. Road To Somewhere
  5. Eat Yourself
  6. Some People
  7. A&E
  8. Cologne Cerrone Houdini
  9. Caravan Girl
  10. Monster Love

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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Un solo commento

  1. …Adoro questo ciddì!
    😉

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