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La Compagnie des chats noirs: intervista a Solenn e Alberto (Grimoon)

Ci sono delle vite eccezionali, delle vite che scorrono in universi paralleli ai nostri. Queste vite sono tracce di surreale nel cupo incedere della corsa al nulla. Proprio ai margini delle nostre città… in quei circhi di periferia, in quelle strade dove gatti neri scavano nei rifiuti nell’attesa della rivoluzione c’è la poesia estinta di una péniche che si anima. Di questi mondi fiabeschi intinti della musicalità della lingua francese si può ascoltare nell’ultimo lavoro Les 7 vie du chat dei Grimoon. LostHighways è riuscita ad intervistare Solenn e Alberto, le due anime (Rennes/Venezia) di questo spendido ensemble che miscela il folk ed il rock nel nome della suggestione visiva. Un’intervista per approfondire il gruppo che ha collaborato per quest’ultimo lavoro con: Pall Jenkins and Scott Mercado, Thibaut Derien, Tre Allegri Ragazzi Morti, Lo.mo, Marta Collica, Mariposa, Giovanni Ferrario.

Les 7 vie du chat, il vostro ultimo lavoro, colpisce per la cura dei dettagli artistici: dalla bellissima artwork alle suggestive e surreali liriche, fino ai bellissimi arrangiamenti si respira costantemente un mondo al limite della fiaba surreale… tra Pennac e Fellini… si può dire che il vostro disco nella sua interezza è una ricerca sinestetica?
Solenn: accidenti… non è facile rispondere a questa domanda perché sembra che contenga già la risposta. Diciamo che il progetto Grimoon non vuole essere solamente un gruppo musicale ma vuole esplorare altre arti. La prima su tutte è il cinema. Infatti abbiamo sempre realizzato un cortometraggio per ogni canzone e dal vivo suoniamo mentre alle nostre spalle scorrono le immagini dei nostri video. Sia dietro questo progetto di videoproduzioni che dietro il progetto più ampio chiamato Grimoon, c’è una forte ricerca artistica, una passione per l’arte visiva e per un certo mondo fiabesco e spesso surreale. La bellezza di questo nostro originale progetto sta nella contaminazione: come ci lasciamo contaminare musicalmente stando sempre al limite del genere, ci piace anche contaminare le arti. La dominante è spesso un po’ noir, surreale. Il tutto viene ulteriormente contaminato con l’immaginario infantile che ci portiamo dentro e che custodiamo come un tesoro inesauribile.

Ma esiste ancora La Compagnie des chats noirs? Esistono ancora i gatti rivoluzionari?
Alberto: Ultimamente verso la fine dei concerti cerchiamo di arruolare più persone possibili all’interno della compagnia dei gatti neri, una sorta di piccolo esercito che scuote gli animi, che lotta per la fantasia in onore della cultura e del diritto di libera espressione. In questo periodo storico, buio e annoiato, la compagnie des chats noirs vuole essere un’anticipazione e uno sprono alla nuova rivoluzione culturale che presto avverrà. Non credo che il mondo potrà esistere così per molto e un giorno ci troveremo per le strade migliaia di compagni gatti rivoluzionari. E’ da troppo tempo che una forza rivoluzionaria manca in questo paese!
Solenn: credo che esistano, sì! Anzi, me lo auguro perché abbiamo scritto questa canzone proprio nella speranza che riprendano le loro armi per difendere di nuovo i loro ideali che vediamo troppo spesso calpestati da questa società impegnata ad occuparsi di se stessa. Credo che in questo contesto storico-politico i gatti rivoluzionari debbano riaffermare i loro ideali prima che tutto svanisca!

Come è nata la storia di Mme Bateau?
Solenn: la storia è nata mentre eravamo in tour in Francia. A Parigi abbiamo suonato su una péniche molto bella abitata da una strana signora. Questa signora era molto magra, sempre seduta ad uno dei tavolini a fumare sigarette. Era gentile con noi ma non troppo. Mi faceva pensare ai marinai, un po’ rudi nei modi di fare, ma molto disponibile. Abbiamo fatto due concerti nella sua péniche e una di quelle due sere, Erik ha detto “Mme Bateau”. Il nome mi piaceva assai: noi in realtà avevamo già scritto una canzone dal titolo Mr Carré quindi l’idea di scrivere una canzone che si chiamasse Mme Bateau mi piaceva. E’ bella l’idea di dare un’identità ad oggetti! Mme Bateau è nata così: dal titolo. La storia l’ho sviluppata dopo.

Parlateci delle splendide collaborazioni che hanno caratterizzato il disco?
Solenn: da molto tempo avevamo voglia di condividere delle canzoni con altri artisti/amici incontrati in questi anni. Abbiamo scritto un po’ di brani e li abbiamo inviati ad alcuni amici (ce ne sarebbero stati molti altri da coinvolgere ma avevamo già scelto il titolo del disco e ci imponeva il numero di canzoni). Tutti hanno accettato con piacere. Il bello di questo lavoro fatto a tante mani è che ognuno ha contribuito pensando che stava suonando nel nostro disco, caratterizzato dal nostro universo. Noi non ce l’aspettavamo. Mi vengono in mente due esempi: Marta Collica, che ha scritto il testo di Space puppy’s head immaginandosi un possibile cortometraggio da abbinarvi, sapendo che è una delle caratteristiche nostre. Così è nata quella storia di Iko, un extraterrestre che incontra una ragazzina. Invece, Enrico Gabrielli si è ispirato all’atmosfera di una delle nostre prime canzoni per fare un coro su L’amour vague.
Alberto: a solo un anno di distanza dal disco precedente, La lanterne magique, questo nuovo lavoro si identifica come un passaggio intermedio per quello che sarà il prossimo lavoro. Il fatto di avere un disco di collaborazioni ci ha dato molti stimoli e una sorta di spensieratezza nella fase di elaborazione dell’album, pensando che stavamo facendo un disco più per noi che per gli altri. Collaborare con degli amici che definiscono e trovano le chiavi finali di lettura di tutti i pezzi ti dà l’idea di essere avvantaggiato e così è stato. Poi entra il gioco anche la felicità nel sapere che Pall dei Black Heath Procession ha suonato la sega in uno dei tuoi pezzi… queste sono cose che fanno bene al cuore e ti allungano la vita!

La poeticità del cantare in francese?
Solenn: il francese è la mia lingua materna e mi piace molto. La sua musicalità, le sue sfumature, la varietà dei suoni che la compongono sono meravigliose. Ma soprattutto è la mia lingua e la conosco abbastanza per divertirmi con essa e trovare le parole che mi piacciono. Alle volte scrivo anche in italiano, spesso i miei testi partono da una parola, se quella parola mi piace di più in italiano, scrivo in italiano… altre volte i testi partono da immagini o situazioni e allora scrivo le storie pensando al loro contesto.
Alberto: io ho sempre cantato in italiano con i Libra ma cantare in francese mi piace ugualmente. E’ una lingua molto bella, dalle sonorità colorate ed inoltre molto dolce e romantica. Poi Solenn è francese e la nostra scelta linguistica è coerente e non scimmiottata come il 90% dei gruppi che cantano in inglese in Italia.

Parlateci della vostra Macaco records e della musica indipendente di qualità in Italia. Quando il governo stanzierà dei fondi per le etichette indipendenti?
Alberto: i Grimoon sono indie nel vero senso della parola. Abbiamo la gestione di tutto e questo determina che ogni cosa venga fatta da noi. Un lavoro enorme che influisce sulle nostre vite in maniera positiva, anche se non con poche difficoltà. Il fatto di vivere e lavorare con la musica in Italia non aiuta. In altri stati europei la situazione è differente. E’ diversa perché in paesi come la Francia, il Belgio, L’Olanda , l’Inghilterra la cultura viene vista come un patrimonio nazionale, come il biglietto da visita di un paese. Qui da noi l’essere artisti è sinonimo di vita dura, di hobby, di perditempo. Infatti credo che siamo presi così male in questo paese anche per colpa di mancanza di cultura collettiva nazionale. Le piccole etichette stanno facendo un grosso lavoro dal basso, stanno mantenendo a loro spese quello che c’è di più bello in Italia: l’ underground.
Solenn: abbiamo creato la Macaco Records quasi cinque anni fa ed è una bella avventura che ci ha portato (e ci porta tuttora) a conoscere molta gente, fare bei progetti. Ci permette anche di essere protagonisti attivi del lavoro di promozione del nostro gruppo e questo ci piace molto anche se, confesso, alle volte è difficile. Ma diciamo che è una splendida soddisfazione. La Macaco è anche una bella occasione di proteggere e difendere una della nostre più grandi passioni, la musica!

Quanto dovete al web (es. MySpace, peer to peer, lastfm) in termini di promozione della vostra musica?
Solenn: in realtà non molto. Dobbiamo molto di più ai tour che ci hanno permesso di viaggiare ed incontrare gente. Siamo molto legati agli incontri diretti con le persone! Invece dobbiamo moltissimo ad internet perché ci permette di stare in contatto anche per anni con persone che vediamo veramente di rado.
Alberto: usiamo il web per le mail, un po’ per MySpace che ha tolto a malincuore la priorità ai siti ufficiali delle band. Tutto diventa sempre più veloce e feroce. Su internet c’è una massificazione della musica che è spaventosa. Tutti fanno dischi e usano i computer con schede audio per realizzarne di mediocri che si ascoltano su MySpace a bassa fedeltà. Di cose belle ce ne sono ma ad un cero punto si rimane nauseati. Preferisco i concerti. Noi, come filosofia di base, siamo ancorati a certi concetti che sono il fulcro di tutto il nostro progetto: nasciamo come piccola orchestrina sgangherata quindi vogliamo portare fuori uno spettacolo che sia convincente e piacevole. Alla fine vendiamo i nostri dischi, fatti in uno studio e prodotti bene, poi ci teniamo molto ai nostri fans e abbiamo un buon furgone che ci porta in giro per il mondo. Lo spettacolo ha poche regole di qualità e professionalità: è bene rispettarle!

La Compagnie Des Chat Noirs – Preview

Video – La Compagnie des chats noirs


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