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L’eleganza e la grazia della poesia: La Crus e Marlene Kuntz @ Villa Ada (RM) 09/07/08

Nel tepore di una sera fatta di aria dolce, la musica trova la sua culla in una radura abbracciata dal verde, lambita dall’acqua di un piccolo lago e sfiorata da un buio carezzevole che si fa via via sempre più pieno. Nell’attesa si consuma il tramonto e quando la luna da opale trasparente, incastonato in un azzurro venato di rosa, si tramuta in un sorriso obliquo di biancore lucente, la carne viene raggiunta dalle voci degli archi che effondono vibrazioni, quasi dita che toccano e ghermiscono. Comincia a fluire insieme al canto del legno quello dell’ottone, all’Ensemble Musicamorfosi si unisce Paolo Milanesi, vi si intreccia un battito che sgorga dalle mani di Leziero Rescigno e un sogno di suoni animato da Cesare Malfatti.

In questo mare invisibile, solo udibile, emerge d’improvviso la voce di Mauro Ermanno Giovanardi, calda ed incantevole come la luce che si fa esplosione di scintille sulla pelle delle onde… i La Crus arrivano così dritti al cuore, come uno sguardo in cui ci si perde, come una marea che avvolge. Sul palco le luci sembrano una corona di lune piene candide o blu, al centro un canto che ammalia con la sua eleganza, con la sua poesia. È un canto di labbra, di petto, di ventre, di mani, di braccia, di gesti. È il canto di un abbraccio che vuole dire addio donando un contatto, un’aderenza o una compenetrazione capace di persistere, di esistere senza tempo nella memoria della pelle. Tra le braccia della Nera Signora la musica comincia, si dona a partire da un inizio che ha il sapore dell’origine che resta aperta… a stillare senso, a fecondare o generare bellezza. Tesi dalla meraviglia e protesi verso questa, si accoglie la musica dei La Crus com-prendendo il suo restare, il suo incanto che mai potrà svanire. Oltre un percorso concluso, non cesserà di ri-suonare la poesia di note e parole capaci di iscriversi nella carne come stelle, come carezze, come fiamme vive. Trovando nelle anime un posto in cui dimorare e risplendere illimitatamente, la musica fluisce come una danza o un bacio, come un sentire che sa di non disperdersi vivendo e lasciandosi vivere. Tutto allora sembra suonare, anche i sorrisi o gli occhi. Controluce suonano anche i movimenti di Giovanardi, passi e gesti che formano una melodia silenziosa ma percepibile. È come se, insieme ai brani, fosse suonato e così donato un calore, un fremito. C’è un palpito nelle parole e nei suoni, diventa vampa nei sensi e vi giunge attraverso Soltanto amore o Mentimi, attraverso Come ogni volta o Natale a Milano, attraverso il sapore delle canzoni che stringe alla gola, che afferra il cuore, che si insinua nel profondo. Da questa marea avvolgente affiorano Ricordare e Via con me a far sentire la sensibilità dei La Crus, quella sensibilità luminosa che li ha resi capaci di animare la poesia, quella fiorita tra le mani di altri o quella sbocciata tra le loro dita, dandole l’anima. Tra le splendide malie tessute dagli archi proprio questo è ciò che risplende…l’anima che si dona, con generosità e gentilezza.
Tramonta per poco la corona di lune colorate, tramonta per lasciar galleggiare un poco i corpi nel silenzio e nell’attesa. E silenzio ed attesa si spezzano e frantumano sotto i colpi di rumori che diventano suoni, di suoni che diventano deflagrazioni, di deflagrazioni che diventano un’alba di musica… Sonica, inarrestabile e travolgente pienezza, porta i Marlene Kuntz sul palco e al centro dei sensi. Si assapora lo stupore nel sentire quanta grazia può avere un suono feroce, violento perché capace di violare le difese. “Fragori nella mente, rumori, dolori/lampi, tuoni e saette/schianti di latte/fragori e albori di guerre universali, scontri letali“, mentre inizia ed accade un incontro fatale, perturbante com’è sempre il venire a convegno con la bellezza, quando questa non mette veli né schermi tra sé e chi tocca. Alcuni problemi di natura tecnica, affrontati con ironia e stra-ordinaria eleganza, non hanno intaccato la poesia…del resto come può un imprevisto anche solo scalfire la meraviglia? Può semmai solo renderne più evidente la forza. Le stelle e il sorriso della luna hanno continuato a risplendere nella volta celeste così come nella pace di uno specchio d’acqua denso, le parole non hanno cessato di uncinare le carni né di respirare tra le fronde immobili e il profumo lieve dei fiori, la musica non ha smesso di sconvolgere e sedurre, di accendere d’amore. Ineluttabile, L’esangue Deborah, Ci siamo amati, Musa… ogni canto è stato come un bacio tra anime avvinte capace di trasformare il rumore della pioggia nella melodia di un oceano o una stanza spoglia in un roseto. Ascoltando In delirio si è potuto sentire della bellezza il suo essere non arginabile. I gesti sapienti si sono così fatti veicolo di un incanto impetuoso e inebriante, la musica che fluiva dalle dita ai sensi ha dato vita a vortici dentro cui arrischiarsi…gorghi di respiri e tremiti, di dissonanze e melodie, aperti su profondità da cui lasciarsi vincere. Riccardo Tesio e Cristiano Godano hanno disegnato sulle corde delle chitarre spirali e turbini, abissi da cui essere risucchiati, voragini in cui perdersi o lasciarsi innamorare perdutamente dalle mani, da una musica che sembra venire ad essere per un istante solo nel gesto di una mano, nella densità di una carne fatta di echi e melodie. Per questa carne di suono Davide Arneodo ha creato lame e squarci con il suo violino, fessure di luce dentro cui le parole hanno volato insieme alle voci delle materie. Nuotando nell’aria ed Uno hanno dispiegato in queste fenditure colme di bagliori un filo sottile e rosso, il filo continuo di una poesia che nel tempo ha saputo essere il sentiero e il percorso stesso, il suolo e il passo di un divenire costante dentro la bellezza, mostrandone gli spigoli ruvidi e la serica delicatezza, le soavità e le asprezze, gli infiniti e molteplici volti. L’attimo prima del silenzio trabocca cercando di contenere Mondo cattivo, ci si ritrova cinti da suoni che esplodono, che non temono di sporcarsi o di farsi graffio e lì, infine, si resta in ascolto di un lungo ed avviluppante battito…tra note sospese, come oniriche visioni spose del buio, Luca Bergia e Luca Saporiti danno vita ad una pulsazione che penetra nel sentire fino a confondersi col ritmo del sangue o del sogno. L’aria torna ad essere silente, ma resta tra l’anima e la carne la traccia di questo palpito o tocco, il segno o il senso di un incanto che vibra al di là di tutto.

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