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La luna e le progressioni: Atellana Rock Festival 07/09/07

Atellana1Ecco aprirsi, in una serata settembrina che non tarderà a raffreddarsi, la sesta edizione dell’ Atellana Rock Festival.
Arriviamo, dopo una lunga scarpinata, alla location: il castello coloniale di Teverolaccio dove ci accolgono i nostri nuovi compagni di viaggio. Quattro chiacchiere, una birra e poi via! Pronti a gustarci questo gradito ritorno. Il ritorno di una manifestazione che si fa di anno in anno sempre più interessante.

Quest’anno infatti l’Atellana Rock Festival sarà trasmesso in streaming da Radio Kemonia, web radio che ha il disegno di diffondere in rete la musica più “nascosta”. Seppur nelle prime edizioni il target dei gruppi in scaletta non superava i confini della Campania, si è giunti a un grado di ricerca che quest’anno porterà sul parco realtà del calibro di Le Loup Garou, Pennelli di Vermeer, Marta sui tubi e una selezione di giovani band.
La scaletta prevede l’esibizione di gruppi locali e non, che si “sfideranno” in una gara dove sarà in premio la presenza al MEI di Faenza, l’ambito Meeting delle Etichette Indipendenti.
Lo spettacolo inizia e, a parere di chi scrive, si distinguono subito gli Scarlatti Garage, ensamble napoletana di quattro elementi che propone un rock carico di bassi e chitarre, e il reggae dei pugliesi Dew Drop Raggae, band di più elementi che fa tornare per un momento l’estate che sembra passata.
Le esibizioni sono funestate da piccoli inconvenienti audio, ormai quasi una costante nel panorama dei live campani dal Neapolis a questa parte, e sono vinte dal gruppo di Bari che si disputeranno il premio finale nell’ultima serata di domenica.
Il palco viene allestito per il gran finale.
La luna calante illumina le mura del vecchio castello ed ecco salire sul palco i Pennelli di Vermeer che si sono dimostrati una delle realtà più importanti del nostro panorama musicale. La loro musica, in un’epoca in cui si è subissati di bassi e chitarre danzerecce, affonda a piene mani, nonostante ciò che dicano i componenti stessi della band napoletana, nel rock progressivo degli anni settanta, tant’è che il tastierista prova il suo strumento accennando i primi accordi di Firth of fifth dei Genesis. Sento un ragazzo accanto a me paragonarli addirittura a Le Orme. E il paragone non è così sbagliato se si pensa che il quintetto apre subito con un pezzo in cui le atmosfere prog sono decisamente marcate. Si dice che il prog sia “musica per chi fa musica”, fredda, senza anima. Niente di più falso a giudicare dai nostri, che coinvolgono ed emozionano con i loro testi a metà tra il surreale e l’intimista.
Il loro cantante entra in scena con una maschera sul volto, quella del Dottore della Peste caratterizzata dal lunghissimo naso, e il suo modo di cantare (a metà fra musica e recitazione) è coinvolgente e trascinante.
Il basso si prodiga in scale spettacolari e affianca la batteria in continui cambi di tempo prontamente seguite dalla tastiera e dalla chitarra che dipingono le note sulla tela di un palcoscenico. I registri cambiano, i tempi e gli effetti si alternano.
C’è chi ha definito i Pennelli di Vermeer una band di “Rock pittorico”, per quel che vuol dire, ma ciò non toglie che i settanta si sentono tutti. E’ il ritorno del caro vecchio progressive, di cui la città di Napoli è stata una della protagoniste ai bei tempi che furono.
La scaletta vede l’esecuzione dei loro brani e il tributo a De Andrè presente nel loro EP. Un atto coraggioso nel cimentarsi con un classico: sconvolgono l’atmosfera di un pezzo, Princesa, decisamente impegnativo. Stupendo poi il loro L’Urlo dedicato a Munch e Sulla mia scrivania, inno a chi si è sentito dare dell’ossessivo compulsivo.
In breve un bellissimo concerto di una bravissima band in una serata degna di nota.
L’Atellana Rock Festival si dimostra ancora una volta un happening di giovani talenti e un evento da seguire nelle sue continue trasformazioni, ma forse sarebbe meglio dire nella sua maturazione.

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