Ci ha subito colpito questo disco di debutto Diversions dei Farewell to Hearth and Home, band di Legri (vicino Firenze), per la capacità di proporre un sound ricco di influenze folk e pop con impeti ai limiti del post-punk. Una vera novità nel panorama della scena indipendente italiana. Cantando in inglese, sono pronti per esportare il loro verbo all’estero. Non potevamo evitare di approfondire questo progetto.
“Dieci passatempi. Dieci deviazioni segrete per un mondo diverso. Dieci contromosse per resistere in questo.” Cosa rappresentano queste dieci canzoni per i Farewell to Hearth and Home e più in generale cosa rappresenta la musica?
Con mossa truffaldina sarei tentato di riciclare il cappello introduttivo per rispondere alla domanda, perchè in effetti di questo si tratta. Diversions è un compendio di possibili reazioni musicali al mondo. Alcune canzoni suggeriscono una resistenza passiva, altre muovono al contrattacco, altre ancora si arrischiano a sperimentare l’opzione meno verosimile. Con questo album abbiamo verificato che cosa eravamo capaci di fare con la musica lavorando in perfetta e consapevole solitudine, senza intermediari né manovratori occulti. Da qui possiamo partire verso terre ignote, sapendo di avere le gambe robuste per affrontare il viaggio.
Come nasce una vostra canzone? Si percepisce una grande cura dell’arrangiamento teso ad esaltare sempre una melodia nascosta pronta a divampare…
Mi fa davvero piacere che tu abbia notato la filigrana delle “melodie nascoste”. Spesso cerchiamo di far cantare gli strumenti insieme alla voce, ma facendogli imboccare strade diverse. Questo stratagemma è forse portato a massima espressione in Poacher, dove il ritornello si trasforma in una battaglia melodica tra voce, chitarra elettrica, basso e violino. Nessuno si accontenta di essere puntello ritmico: ognuno ha la sua frase da difendere e la ripete strenuamente.
Che ruolo gioca il violino nel vostro sound?
E’ un colore importante nella tavolozza dei Farewell to Hearth and Home: ci rende riconoscibili e permette ricami e sottolineature intriganti. Inoltre, insieme all’ukulele, è probabilmente il maggior responsabile dell’etichetta “folkish” che spesso ci viene spillata addosso.
Ho apprezzato moltissimo Autumnal Us. Possiamo approfondire la parte testuale…
Si tratta del tentativo di piagnucolare su una storia d’amore finita male aggirando il consueto vocabolario del romanticismo accademico, qui rimpiazzato da una sorta di lunario à la Sesto Caio Baccelli. La domanda fondamentale (e delirante) che la muove è: “Che senso ha essere stati insieme d’estate se non stiamo insieme anche d’autunno?”. Comunque l’aspetto più bizzarro di questo genere di testi, che ovviamente affondano le radici in trascorsi biografici pieni di pathos, è il fatto che dopo qualche tempo smarriscono il loro portato passionale e recidono il legame con la vita vissuta. Le si cantano come brani di altri, o storie di personaggi fittizi, o gorgheggi nonsense come quelli di Treasure dei Cocteau Twins.
Le stagioni ricorrono spesso nei testi… e forse legato alla vostra nativa terra di Legri?
Le alterazioni meteopatiche sono una delle debolezze più infide a cui sono soggetti gli uomini. Il fatto che il gradiente di ottimismo, di felicità e di entusiasmo che qualifica una giornata possa dipendere dal sole splendente, dal nuvolame nero, dalla pioggia, dal vento o dalla temperatura è una cosa francamente antipatica. E lo sarebbe anche se vivessimo a Bahia… (Oddio, magari un po’ meno).
Dico tre riferimenti: Arcade Fire, Mumford & Sons, Belle & Sebastian. A quale di essi vi sentite più vicini a livello artistico e perché?
Direi gli Arcade Fire: ne conosciamo dettagliatamente l’intera discografia (al contrario di quella degli altri due gruppi) ed il carattere spigoloso e muscolare di Diversions ricorda da lontano l’esordio di Funeral, che suona un po’ sporco e selvatico. Comunque sono sicuro che Francesco, il nostro batterista, sarà molto lusingato dal paragone con i Belle & Sebastian.
Cantate in inglese, avete intenzione di realizzare un tour all’estero?
Sarebbe una delle cose meravigliose che potrebbero accadere la prossima estate.
Cinque brani per creare la vostra playlist da inviare nello spazio?
Mai playlist fu più sbilenca: Warsaw di David Bowie, Out on the weekend di Neil Young, Video killed the radio stars di The Buggles, Needle in the camel eye di Brian Eno, O Superman di Laurie Anderson. Mi domando che idea si farebbe della musica sulla Terra lo sventurato che la raccogliesse.