Home / Editoriali / Una tigre ci ha parlato dell’uomo: C’mon Tigre @ TPO (BO) 07/02/2014

Una tigre ci ha parlato dell’uomo: C’mon Tigre @ TPO (BO) 07/02/2014

livereport_cmontigre@TPO_IMG1_201502In certe serate, si sa, capita che alcuni impegni si ammucchino uno sull’altro. Il lavoro che si prolunga fino a tardi, cena, compleanni, e quei concerti che non vuoi perderti per nulla al mondo. Così alla fine ci si trova a percorrere 2 km a passo più che spedito (l’insidia neve-ghiaccio della serata bolognese ha reso tutto molto più avvincente) per poi riuscire a varcare la porta del TPO proprio mentre i C’mon Tigre stanno intonando le primissime note del loro concerto basato sull’omonimo album.
Il centro sociale di Via Casarini é strapieno, e penso che pochi dei presenti se lo sarebbero mai aspettato: sono tutti qui per ascoltare l’eleganza senza tempo e senza casa del misterioso collettivo musicale alla prima data italiana.
Ora posso vederli: questa sera sono in nove sul palco, e due di questi (voce/synth e chitarra/voce) sono il duo originario che si avvale della collaborazione di svariati musicisti a incarnare un vero e proprio collettivo, ampio, elastico, mutevole.
La musica dei C’mon Tigre sta incantando tutti. Musica che non travolge ma entra dentro, fluida. Come trovarsi nel bel mezzo di un rito tribale, una magia ancestrale, capace di scovare l’essenza dell’essere umano. Proprio così: la musica dei C’mon Tigre parla di noi in un modo tanto primordiale (vicino a noi nel profondo) quanto efficace e moderno (vicino a noi nel mondo quotidiano). L’irregolarità del jazz si sposa magnificamente con l’elettronica, una componente rock appare talvolta tra chitarra e batteria, mentre fiati e percussioni parlano una lingua universale incasellabile. La voce si muove sempre lieve, effettata, cantilenante e sfuggente, mai vera protagonista, come se fosse narratrice in un viaggio il cui ruolo principale è offerto al pubblico.
I C’mon tigre ci stanno trasportando in posti magnifici, dentro all’anima. C’è l’Africa e la potenza di quella terra che ha dato origine all’umanità, ci sono i fumosi club nordeuropei dell’avanguardia musicale, ci sono le coste del variopinto Mediterraneo, c’é la Bologna che, sopra ogni mia aspettativa, ha accolto con estremo calore questo progetto artistico.
livereport_cmontigre@TPO_IMG2_201502Il pubblico é coinvolto, applaude fragorosamente, si gode un concerto di altissima qualitá impreziosito anche dal live painting di Danijel Zezelj. Non sul palco, ma a lato della sala, in mezzo al pubblico, tre grandi pannelli formano uno spazio rettangolare sul quale l’artista croato inizia la sua opera. Tratti di rosso e di bianco con due differenti rulli, qualche ritocco e un’immagine magnifica che si svela solo quando, come per una rivelazione, vengono strappati tratti di nastro adesivo precedentemente disposti sui pannelli. Eccola, splendida ed elegante la nostra tigre. Bianca, unica.
La musica prosegue mentre più indietro, vicino al bancone del bar, vengono proiettate altre immagini: il bellissimo video di Federation Tunisienne de Football realizzato da Gianluigi Toccafondo: un’altra magia di rara bellezza.
La forza maggiore però, nasce sul palco, in quei musicisti che con trasporto ci portano nel loro viaggio. I cinque fiati riempiono e colorano l’aria, la batteria detta il tempo e talvolta lo sconvolge, la chitarra si muove con una discrezione e decisione tale da renderla perno di tutta l’esibizione, voce e synth hanno il rapporto più diretto con il pubblico, mentre percussioni, xilofono e “rumori vari” stupiscono per l’originalitá e l’esecuzione.
Un’ensemble di musicisti appassionati ha dato vita ad un concerto memorabile, di quelli per cui ti senti onorato di essere stato presente, lì ad applaudire insieme ad altre centinaia e centinaia di persone.

Fotografie di Emanuele Gessi

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