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Fango e bugie – Fonokit

recensione_Fonokit-FangoEBugie_IMG_201405Avevo già parlato del loro precedente lavoro, Amore o Purgatorio, definendolo (senza eccessi e riconfermandolo) un capolavoro. A distanza di un bel po’ di tempo, i Fonokit tornano con Fango e bugie, un concept album di otto tracce, dove il tema predominante è, appunto, la bugia.
La bugia in tutte le sue sfaccettature, quella enorme di chi ci maschera la verità per ottenere dei vantaggi, quella più subdola della quotidianità, che a volte noi stessi cerchiamo, per autoilluderci, per giustificarci. L’amore, il sesso, la droga, la politica, la rabbia. Tutti quei concetti che racchiudono mondi troppo vasti da raccontare, e che in questa mezzora o poco più di ascolto ti precipitano addosso come una colpa, come una condanna.
È un album che colpisce violentemente, che quasi non controlla la forza. Le parole sono scelte in maniera accurata, niente è lasciato al caso. Se è vero che musicalmente i Fonokit ricordano il miglior grunge anni ’90, l’indie rock più potente, il punk più puro, è altrettanto vero che ciò che li diversifica da molti (vorrei dire tutti, ma lascio un margine di possibilità) è decisamente la qualità dei testi.
Il primo brano è quello che dà il nome all’album e che ha ispirato il bellissimo e inquietante videoclip di Gianni De Blasi, che potrete vedere alla fine dell’articolo. Un brano crudo, di denuncia, mai banale, cinico, violento. La voce di Marco Ancona, graffiata, sabbiata, rende ancora più intenso il messaggio, ancora più spietato.
Vorrei citare tutte le frasi che più mi colpiscono, ma rischierei di fare la trascrizione esatta, punto per punto, di tutti i testi. In Sopravviveremo o no? è impossibile non ritrovare qualcosa di noi, della nostra esperienza, di questa corsa all’amore che ci fa accontentare anche degli scarti, pur di provare qualcosa, pur di sentire piacere. E’ un brano che mi ricorda i Beatles e Bukowski, in una lotta per dire, chi con la musica e chi con la scrittura, il proprio concetto d’amore.
E’ una sfida è una sfida davvero, un mix di generi, dove il rock più greve si fa curare i tagli dal pop di Caparezza, che come sempre sa muoversi su ogni base, valorizzando e dando altro e alto significato.
Da un inverno lontano… Che dire. La mia preferita. Quindi non so dire niente. So dire che la sintesi di dolcezza e forza è talmente perfetta che mi spiazza, che mi commuove. “Guardarsi indietro lascia credere di non vedere mai la fine, ma ogni attimo che ho di te ha un segreto che sopravvive.” La voce scorre sulla musica con una cura e una morbidezza quasi fisica. Un brano che ti prende i ricordi con la forza, che te li sbatte davanti agli occhi, e più li chiudi per non vederli e più li vedi.
Camden Town ormai ci illude è il racconto di una difficoltà di vivere, in una qualsiasi città del mondo, che sia piena di strade nelle quali perdersi, che fa “piovere giù anestetico” per abituarci alla vita. C’è riferimento alla tossicodipendenza, all’amore, all’abbandono, alla resa, alla sconfitta.
In tutti i brani dei Fonokit c’è questo male che denuncia l’assenza del bene, un album che è un arma, un coltello, che squarcia il nero per farci vedere la luce dietro, nascosta.
Sotto la luna, “nella notte scura brillano le cicatrici che ho addosso”, la batteria inchioda, le immagini si susseguono nitide, “sputacarne avida”, un neologismo che sembra lì da sempre, a sintetizzare perfettamente anni e anni di tentativi.
Fuori dall’ombra, “dove sono e dove sei, a lucidare maschere, ma la mia inquietudine prova a dipingerle.” Uno dei brani più ribelli. Ci vuole coraggio a dire quello che molti vestono di retorica perché non riescono a ritrovarsi, a ricordarsi. Ci vuole coraggio per distaccarsi dalla ruggine, per ritrovare la lucidità del ferro.
E poi l’ultimo brano, che già dalle prime note mi distorce come si distorce la voce, e gli accordi: Lo specchio è un uomo solo. Già basta il titolo, a raccontare una storia.
Finisce presto, questo album, ma quando finisce sei sfinito. Ti costringe a viaggiarti dentro, con la foga e la fermezza di un missile in partenza, con quel rischio di precipitare giù, schiantandoti, o di andare su, ancora su, fino a chissà dove, e chissà come lo chiamerai, quel posto, che non hai mai chiamato ancora.

Credits

Label: La Rivolta Records – 2014

Line-up: Marco Ancona (voce e chitarre), Paolo Provenzano (batteria) e Ruggero Gallo (basso)

Tracklist:

  1. Fango e Bugie
  2. Sopravviveremo o no?
  3. E’ una sfida (feat. Caparezza)
  4. Da un inverno lontano
  5. Camden Town ormai ci illude
  6. Sotto la luna
  7. Fuori dall’ombra
  8. Lo specchio è un uomo solo

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Fango e bugie – video

Fango e bugie – streaming

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